Grazie, Presidente. Signora Ministra, signor Ministro, capisco che la tecnica del Governo e della maggioranza è quella di dire solo i dati che fanno comodo ma, proprio in questi giorni - è stato citato - insieme ai dati Istat sono usciti anche i dati INPS che ci hanno fornito un quadro preciso di una realtà molto diversa da quella che avete descritto, e ci fanno comprendere bene quanto il nostro Paese sia ancora lontano dal sostenere le pari opportunità per le donne, nel lavoro e nella società. L'occupazione femminile resta il nostro punto debole, dice l'ufficio studi di Confcommercio. Sull'occupazione femminile siamo sempre gli ultimi in Europa, dichiarano dal sindacato; e potrei continuare.
Peraltro, il 90 per cento delle cose che avete citato derivano o dal PNRR - che molti di voi non hanno votato - oppure anche da emendamenti portati dall'opposizione nelle manovre di bilancio. Mi riferisco, in particolare, al reddito di libertà - che è stato citato - dopo un anno di immobilismo; un anno di immobilismo in cui avete lasciato 3.000 persone vittime di violenza senza alcun reddito vi siete decisi, finalmente, a dare corso a quell'emendamento, proposto dalle opposizioni, che chiedeva di mettere i 40 milioni a disposizione per incrementare il reddito di libertà.
Come dicevo, i dati sono diversi: rimaniamo l'anello debole, in Europa, per occupazione femminile. Intanto perché rimane sempre un divario incredibile: oltre 18 punti di divario, appunto, con un distacco dalle medie europee. Ma, con trasparenza, bisogna guardare cosa c'è dentro quei dati di incremento per scoprire subito un tema completamente irrisolto che è quello della qualità dell'occupazione femminile, con lavori poco pagati, precari e poco qualificati. Pensiamo al part time involontario che colpisce soprattutto le donne, quasi il 16 per cento delle donne occupate, a fronte del 5 per cento dei maschi.
Se fosse cresciuta una buona occupazione, non avremmo la situazione attuale del gender gap retributivo, dove i dati sono ancora peggiori: le donne percepiscono stipendi inferiori agli uomini con un differenziale dal 20 al 32 per cento. Le donne, però, continuano a farsi carico della maggior parte del lavoro di cura: di fronte a 2 milioni di giornate di lavoro di cura degli uomini, quelle delle donne sono state oltre 14 milioni e mezzo.
La situazione migliora quando andiamo in pensione? Tutt'altro, peggiora decisamente. Il divario retributivo delle pensioni è tra il 25 e il 21 per cento; nel caso delle pensioni di vecchiaia raggiunge il 44 per cento. Se poi andiamo a vedere l'indice del Gender gap report, l'Italia, negli ultimi due anni - negli ultimi due anni -, perde 24 posizioni. È all'ottantasettesimo posto. Quindi, cosa ci dicono questi dati? Sicuramente non rappresentano la rosea realtà che avete illustrato prima, perché affrontare il problema della discriminazione di genere vuol dire agire in modo multidimensionale nella società, e in questi due anni non lo avete fatto.
In taluni casi, siete andati in direzione contraria. In questi due anni, il Governo non ha agito in modo sistemico sul mercato del lavoro, sui modelli organizzativi, sul sistema dei servizi, sulla dimensione della famiglia e su quella culturale; anzi, il tema culturale l'avete pure negato quando il Ministro dell'Istruzione ha affermato che la cultura patriarcale è finita nel 1975.
Questi dati ci dicono anche che la prima Presidente donna del nostro Paese non ha messo in atto politiche organiche per rimuovere quegli ostacoli che impediscono la piena partecipazione delle donne al lavoro; per rimuoverli di fatto, come, in modo lungimirante, le nostre madri costituenti pretesero di inserire nell'articolo 3 della Costituzione.
Questi dati ci dicono che la prima Presidente del Consiglio donna del nostro Paese, forse perché così impegnata a compiacere un esempio fulgido di politiche di pari opportunità e di inclusione come il nuovo Presidente degli Stati Uniti, ha dimenticato le donne.
Certo, il lavoro in questi anni è cambiato, è cambiata la struttura produttiva del Paese, ma per le donne non è cambiata in meglio la sostanza dei problemi. Conciliare il lavoro con l'arrivo di un bimbo è un'acrobazia insostenibile in tante parti del nostro Paese e la maternità è ancora un blocco per le donne, perché pur invocando a ogni piè sospinto il tema della natalità, voi continuate a non dimostrare di concepire un ruolo paritario dei genitori in famiglia; altrimenti, avreste dato seguito alla nostra proposta dei congedi paritari retribuiti.
Le dimissioni volontarie - altro dato - dei genitori con figli da 0 a 3 anni, in un anno, sono oltre 61.000 e sette su dieci sono madri. Nel 2023, di fronte a 2.000 giornate di congedo utilizzate dagli uomini, le donne ne hanno utilizzate 14.400 e questi sono dati che smontano le vostre narrazioni trionfalistiche. Questi dati ci parlano di una insostenibile disparità nelle pensioni, a cui avete contribuito con il restringimento di Opzione Donna, di fatto negando tale possibilità per decine di migliaia di donne che, dopo una vita di lavoro e di lavoro di cura, fino al 2022 ne avevano i requisiti: siamo passati da oltre 12.000 a poco più di 3.000.
Questa vostra scelta incide sulla carne viva delle donne, come quella di Rosalba, licenziata nel 2014, in mobilità fino al 2018: poteva andare in pensione con 35 anni di contributi il 29 dicembre del 2022, ma dal 30 no, perché le avete cambiato le carte in tavola. Questa è la realtà.
Insomma, credo che il Governo debba uscire dalle parole trionfalistiche, stare nella realtà vera. Se non approvate il salario minimo e invece liberalizzate i contratti a termine, date un segnale preciso, che incide sulla vita delle donne, che sono quelle con contratti più deboli e precari.
Se tagliate 150.000 posti di asili nido e non riconoscete i congedi paritari pienamente retribuiti, significa che volete tenere le donne a casa. Se affossate anche nel percorso pensionistico la possibilità concreta per le donne di recuperare il tempo dedicato alla cura, significa che a voi sta bene che le donne siano più povere anche da pensionate. Contrastare il declino demografico ed economico di questo Paese e, soprattutto, sostenere davvero le donne, significa sostenere misure di equità salariale, di equità fiscale, di accesso ai servizi per le donne.
Ma questo Governo - e chiudo Presidente -, con la prima Presidente del Consiglio donna della storia, ha preso tutt'altra strada.