Data: 
Giovedì, 19 Maggio, 2022
Nome: 
Debora Serracchiani

Grazie Presidente. Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, dal 24 febbraio sono trascorsi - lo abbiamo ricordato - 85 giorni, da quell'alba tragica in cui, con un discorso che è un capolavoro di menzogne e un formidabile esercizio di realtà capovolta, il capo di una superpotenza nucleare ordina ai suoi carri armati di invadere un Paese sovrano. Il popolo ucraino resiste e combatte per difendere la propria libertà e la nostra libertà: difendere la forza del diritto contro il diritto della forza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), contro chi vuole riaprire le porte del peggiore Novecento, quello dei massacri sul suolo europeo. I quotidiani del 25 febbraio, il giorno dopo, avevano in prima pagina una foto scioccante: è il volto bendato insanguinato di Olena Kourilo, un'insegnante di 52 anni; i missili russi le hanno appena distrutto la casa in un villaggio non lontano da Kiev. La disperata incredulità del suo sguardo racconta tutto. Nello spazio di poche ore la sua vita è stata stravolta, così come è stata stravolta la storia. Quella foto sarebbe stata, ahimè, solo la prima di una serie infinita di scatti e immagini, che ci hanno mostrato la tragedia scatenata da Putin e l'indicibile sofferenza imposta a milioni di donne, bambini, anziani e giovani. Voglio rivolgere un sincero ringraziamento ai giornalisti, agli inviati che stanno documentando (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), a rischio di perdere la vita - come purtroppo è accaduto - , quanto avviene in quelle città e aree martoriate. Grazie dal profondo del cuore. Il loro lavoro coraggioso e infaticabile è prezioso, unico e ci aiuta nella comprensione della verità. Da italiana, colgo l'occasione - l'ha fatto anche lei, Presidente, e mi permetta di farlo anche a nome del Partito Democratico - per ringraziare un nostro straordinario concittadino, l'ambasciatore Pier Francesco Zazo, ultimo diplomatico a chiudere la sede di Kiev e tra i primi a riaprirla. Si è speso per la sicurezza dei nostri connazionali e per aiutare quanti, anche non italiani, si sono rivolti all'ambasciata. A lui e a tutto il personale dell'ambasciata va la nostra gratitudine.

Signor Presidente, il 1° marzo, in quest'Aula, lei disse che l'Italia non si sarebbe voltata dall'altra parte, ricevendo dal Parlamento, pressoché unanime, questo preciso indirizzo. Ora mi sento di dire che il Governo sta adempiendo a questo mandato. La nostra vicinanza all'Ucraina, negli aiuti umanitari, nell'accoglienza degli oltre 100.000 profughi giunti fin qui e nell'aiuto alla resistenza attraverso l'invio di equipaggiamenti militari e armi, ha contribuito, nel quadro delle decisioni assunte dall'Unione europea e dai partner occidentali, a vanificare il disegno imperialista di Putin. Voleva cancellare l'Ucraina dalle cartine geografiche, con farneticanti motivazioni del tipo “invadiamo per difenderci” e affermare che nelle relazioni internazionali non contano regole, trattati e leggi, ma i carri armati, meno che mai le istituzioni multilaterali, come mostra plasticamente la cinica decisione di umiliare l'ONU bombardando Kiev, proprio nelle ore in cui il Segretario generale Guterres incontrava il Presidente Zelensky (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sulla resistenza ucraina si sta infrangendo il sogno neozarista del Capo del Cremlino, ma vorrei ricordare anche ai colleghi che la guerra non è finita, che in Ucraina si continua a morire e che, come detto, a causa del blocco russo dei porti ucraini, che impedisce l'esportazione del grano, la fame potrebbe mietere a breve centinaia di migliaia di vittime nei Paesi africani, asiatici e nel Medioriente. La sua relazione, signor Presidente, è da noi pienamente condivisa. Voglio ribadire che non c'è stata nessuna ebrezza bellicista, non ci sono guerrafondai in quest'Aula: la guerra è una malattia mortale dell'umanità. Sin dall'inizio, sin dal 25 febbraio, abbiamo motivato le nostre decisioni con l'obiettivo di porre fine alla voce delle armi. Costruire la pace è nostro dovere politico e morale, ma questo non poteva significare e non ha significato equidistanza. Ci sono un aggredito e un aggressore, e chi ama la pace non poteva lasciare inascoltato l'appello degli ucraini alla difesa dall'aggressione russa. Combattono per la loro libertà e occorre aiutarli anche militarmente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

La pace, infatti, non è la capitolazione di fronte all'aggressore. Tutti insieme abbiamo sostenuto questa decisione il 1° marzo ed è importante che, responsabilmente, questa unità di intenti continui. In gioco c'è la credibilità e la sicurezza del nostro Paese. Noi democratici crediamo che si debba essere orgogliosi della risposta italiana all'aggressione di Putin. Tutto ciò che stiamo facendo accanto al popolo ucraino, a quel popolo che si è dovuto fare esercito per difendersi dall'aggressione russa, ha questa finalità: giungere alla pace. L'Italia ha dato prova di essere un grande Paese europeista, che ha fatto la propria parte con coraggio e con determinazione, guadagnandosi anche in questo caso il rispetto della comunità internazionale e dell'Unione europea e difendendo, anche in questo modo, l'interesse nazionale.

Come dicevo, però, la guerra non è ancora finita. Una grande preoccupazione che dobbiamo avere in questo momento è che ci si abitui alla guerra; non dobbiamo abituarci al fatto che con la violenza e con la sopraffazione si regolino i confini internazionali. Pace vuol dire essere in grado oggi di spingere, perché si arrivi nelle condizioni in cui questo sia realizzabile. Sarà l'Ucraina, come ha detto anche lei e non altri, a decidere quella pace possibile. Noi pensiamo, a differenza di altri, che, se oggi ci sono le condizioni per avviare un percorso di pace, è grazie alle scelte che abbiamo fatto negli ultimi tre mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), scelte difficili, forti, anche sofferte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), scelte che hanno consentito anche a lei, Presidente, negli ultimi incontri internazionali, non ultimo quello con il Presidente Biden, di mettere l'accento sul fatto che, proprio in nome della solidità dell'alleanza euro-atlantica, è giusto favorire un maggiore protagonismo dell'Europa, una grande determinazione ad evitare incontrollabili escalation del conflitto, un convinto sforzo di far partire finalmente il tavolo del negoziato. Credo che debba fare da bussola a tutti i protagonisti il monito di Robert Schuman, ricordato dal Presidente Mattarella nel recente intervento all'assemblea del Consiglio d'Europa: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Nello stesso discorso il nostro Presidente Mattarella dà una chiara indicazione della rotta - lo abbiamo ricordato anche oggi - di costruzione della pace: “Infine, Helsinki, non Yalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali”. Credo anche che, in questa fase tanto delicata e drammatica, ma anche importante per quello che sarà domani, per ciò che sarà dopo la guerra il nostro continente - e non solo - , occorra una chiara leadership europea.

Veniamo, quindi, all'Europa, Presidente. Dallo scoppio della guerra l'Unione ha saputo rispondere con unità, con determinazione e con rapidità. L'Europa di oggi non è più quella dell'austerity e delle regole di bilancio prima di tutto. Con l'invio delle armi, l'accoglienza, le intese per ridurre la dipendenza energetica, le sanzioni, la risposta è arrivata immediata. Di queste ore è il piano REPowerEU, il programma con il quale la Commissione indica la strada per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027, con una mobilitazione di 300 miliardi, e poi i passi verso una politica di difesa e sicurezza comune. Un altro fallimento del calcolo di Putin: contava di dividere l'Unione e ha ottenuto l'opposto e anche la disintegrazione del gruppo di Visegrád, il più sensibile fino a ieri alle sirene nazionaliste che arrivavano dal vento dell'Est. Come pure, grazie alla guerra scatenata con lo scopo di tenere lontana la NATO dai suoi confini, è riuscito a creare le condizioni perché Finlandia e Svezia superassero la storica neutralità, chiedendo di aderire all'Alleanza atlantica. E noi diamo loro il caldo benvenuto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma proprio le difficoltà di questi giorni sul sesto pacchetto di sanzioni, con la contrarietà dell'Ungheria di Orban all'introduzione dell'embargo sul petrolio russo, sta mostrando i limiti dell'architettura europea e la sua fragilità. Noi democratici pensiamo che questo sia il momento per far fare all'Europa un salto di qualità: la modifica dei Trattati non può più essere un tabù. Ammoniva Jean Monnet: “l'Europa si costruisce con le sue crisi”. L'Europa va cambiata e resa all'altezza della sua missione. Soprattutto, va liberata dal cappio del diritto di veto che ne impedisce l'evoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Va in questa direzione anche la proposta lanciata dal nostro segretario, di una confederazione che unisca i 27 Paesi membri con gli Stati candidati all'ingresso, corrispondendo così in maniera più rapida al desiderio dell'Ucraina di aderire alla famiglia europea. Questo è il momento di recuperare lo spirito pionieristico dei padri fondatori, avendo ben presente che in 65 anni il mondo è profondamente mutato. In questo progetto di sviluppo dello spirito di Ventotene, dobbiamo mettere cuore e ambizione, come ha fatto e come ci spingeva a fare David Sassoli, che - ne sono certa - dovremo annoverare fra i padri fondatori della nuova Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Signor Presidente, le conseguenze della guerra hanno ingigantito la difficoltà per l'economia internazionale e anche per l'Italia e gli italiani, il caro bollette, l'aumento del prezzo delle materie prime, l'inflazione. Con il decreto del 2 maggio si è andati nella direzione giusta per aiutare lavoratori, pensionati e aziende per affrontare questa crisi. Occorre prestare la massima attenzione per evitare che sul Paese si abbatta una nuova recessione, annullando i positivi effetti dell'anno scorso. Tassando gli extraprofitti di pochi si è intervenuti su 31 milioni di persone; oltre metà degli italiani così potrà ricevere 200 euro nella busta paga e nel cedolino della pensione.

Un intervento di redistribuzione che avevamo immediatamente sollecitato. Redistribuzione, aiuto alle fasce più deboli, intervento sugli affitti e il trasporto pubblico: è la strada giusta, signor Presidente. Siamo certi che il Governo continuerà a muoversi per difendere il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, le attività dei lavoratori autonomi e delle imprese. Vada avanti, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni)!