Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 12 Aprile, 2021
Nome: 
Umberto Buratti

Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor sottosegretario, con questa mozione, come gruppo del Partito Democratico, a prima firma del collega Boccia, chiediamo un ulteriore impegno del Governo per continuare ad affrontare la crisi economica che il nostro Paese sta vivendo, innescata dall'emergenza sanitaria da COVID-19. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, la contrazione dell'economia globale nel 2020 e pari al 3,3 per cento, mentre nella zona euro il calo del PIL è pari al 6,6 per cento, e per l'Italia l'8,9. Già da questi numeri si comprende la difficile situazione che famiglie ed imprese stanno vivendo.

È da evidenziare come le politiche pubbliche intraprese nell'ultimo anno sono riuscite, in qualche modo, a moderare gli effetti negativi della crisi, evitando il fallimento di intere filiere produttive, e a salvaguardare in parte i posti di lavoro; penso agli interventi a sostegno della liquidità di famiglie e imprese, con oltre 750 miliardi di euro, ma anche alle garanzie straordinarie e transitorie sui finanziamenti bancari delle imprese, penso a SACE e al Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese. Tuttavia, il prolungarsi della crisi sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19 incide negativamente sulle prospettive di ripresa. Tutto ciò impone un contestuale prolungamento delle misure di sostegno finanziario dell'economia, perché si prospetta il rischio tangibile che molte imprese non saranno nelle condizioni di ripagare nel breve termine il debito contratto.

Allora, con questa mozione, noi proponiamo di dover agire al fine di evitare che gli effetti negativi sull'economia reale si trasferiscano nel settore del credito; nel contesto, quindi, di politiche di bilancio anticicliche, pertanto, i deficit nazionali potrebbero essere più sostenibili rispetto ad elevati livelli di indebitamento privato. Questo è un punto importante, signor sottosegretario, perché sicuramente rispetto al privato il pubblico ha le spalle più grosse, può sostenere maggiormente, e pensare a un'azione di questo tipo la riteniamo essere, in questo momento particolare, una delle azioni più importanti. È da sottolineare come anche le istituzioni europee hanno affrontato con coraggio questa terribile situazione, consentendo agli Stati membri di adottare misure per reagire alla crisi in modo adeguato, discostandosi dagli obblighi di bilancio che normalmente si applicherebbero, in forza del quadro europeo.

In questo contesto è impensabile mantenere le nuove norme tecniche di regolamentazione sull'applicazione della definizione di “default” definite dall'Autorità bancaria europea, entrata in vigore il 1° gennaio, come ricordava prima il collega Bitonci. Secondo le nuove regole, in particolare, l'inadempienza di un'impresa si verifica quando la stessa è in arretrato del pagamento per oltre 90 giorni su importi di ammontare superiore a 500 euro, che rappresentino più dell'1 per cento del totale delle esposizioni di un'impresa. Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese esposte nei confronti di una banca per finanziamenti inferiori a un milione di euro, l'importo del pagamento scaduto che fa scattare la classificazione di “default” è di 100 euro. Questa necessità era già stata rappresentata al Parlamento, in una serie di audizioni, sia da Banca d'Italia che dall'Associazione bancaria italiana, considerazioni tra l'altro riconfermate in questi giorni in Commissione finanze, laddove ABI ci rappresentava come questa regolamentazione in materia di crediti deteriorati, così come modificata negli ultimi anni, modificata in un contesto completamente diverso da quello attuale, rischia, infatti, di avere gravi conseguenze sul tessuto economico del nostro Paese, da un lato, limitando fortemente la possibilità per le banche di offrire all'economia l'indispensabile sostegno per uscire dalla crisi e, dall'altro, compromettendo irrimediabilmente la situazione finanziaria di clienti che si trovano a versare in difficoltà, anche solo temporanea.

L'entrata in vigore della nuova disciplina è coincisa con il periodo di crisi economica legata a questa pandemia e proprio in considerazione del periodo di difficoltà economica si rileva una serie di criticità che va affrontata con urgenza, per evitare una restrizione dell'offerta di credito assolutamente deleteria nel contesto attuale ed impatti sociali su famiglie e imprese. È necessario, quindi, che il Governo si adoperi al più presto con le autorità competenti, al fine di introdurre una temporanea flessibilità delle norme EBA sui crediti deteriorati. È necessaria una nuova definizione di “default”, perché così non può andare.

Come Partito democratico, riteniamo pertanto di chiedere un ulteriore impegno al Governo, rispetto al grande lavoro fatto anche in questi mesi, per promuovere, appunto, l'attuazione a livello comunitario di politiche e di strumenti comuni sostenuti dall'emissione di titoli europei, volti a concorrere all'assorbimento delle perdite e al consolidamento dei debiti del settore privato determinati dalla pandemia, nei bilanci pubblici e, al contempo, a sostenere la capitalizzazione delle imprese. Riteniamo necessaria la modifica del Temporary framework sugli aiuti di Stato, al fine di estendere la durata del limite temporale per gli aiuti sotto forma di garanzia sui prestiti a 15 anni, rispetto agli attuali 6, la proroga della moratoria a favore delle micro, piccole e medie imprese relativamente all'apertura di credito e alla concessione di prestiti e l'operatività dell'intervento straordinario in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia delle piccole e medie imprese a supporto della loro liquidità.

Onorevoli colleghe e colleghi, vorrei far riflettere tutti noi su una cosa: quando usiamo termini come “tessuto produttivo”, come “imprese”, non ci dimentichiamo che parliamo di persone, di volti, di donne e di uomini che ci parlano della loro vita, di una vita fatta di impegni e, specie nella piccola e media impresa, sono storie di famiglie, di generazioni - dal commercio all'artigianato, dal metalmeccanico all'agricoltura, dal Nord al Sud del Paese - tutte improvvisamente travolte da questa pandemia. Quanti sono quelli che in questi mesi abbiamo ascoltato, abbiamo incontrato? Abbiamo visto la disperazione nei loro occhi, sia per le attività, ma anche e soprattutto per come sia difficile dire ai propri figli che certe cose non si possono fare, perché non ci sono soldi abbastanza per tutta la famiglia. Abbiamo incontrato i commercianti del settore dell'abbigliamento che lo scorso anno hanno trovato le loro merci invendute, però, hanno dovuto far fronte agli impegni assunti con i fornitori e le banche; pensiamo alla crisi delle attività del turismo nelle città d'arte, pensiamo a quelle della montagna. Cosa ci dicono tutti questi? Metteteci in condizione di lavorare, dobbiamo avere il tempo per pagare i nostri fornitori e adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti delle banche. È necessario dare loro il tempo necessario per rimborsare i prestiti, perché loro vogliono pagare, ma diamogliene il tempo. È importante favorire, allora, l'erogazione dei prestiti alle imprese piccole e alle micro imprese che tendono generalmente a incontrare maggiori difficoltà nell'accesso al credito. Da qui, l'importanza anche delle banche di comunità; sottosegretario, io credo che anche questo tema non sia più rinviabile. Noi dobbiamo fare un tagliando alla riforma delle banche di credito cooperativo del 2016, ce lo indica anche il Copasir, è fondamentale sostenere queste banche di comunità per far fronte alla crisi che stiamo vivendo.

Vado a concludere, signor Presidente. Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo fare presto. Vi ricordate nel 1980 dopo il terremoto in Irpinia e Basilicata, Il Mattino di Napoli scrisse: “Fate presto”. Nel 2011, Il Sole 24 Ore titolò ugualmente: “Fate presto”, perché il Paese era messo alle corde dal virus, in quel caso, dello spread e la comunità economica vedeva nello stallo della crisi politica di quelle settimane una minaccia reale alla sua stabilità. Fate presto; a noi il dovere di fare presto, perché, anche oggi, mentre noi siamo qua a discutere in quest'Aula, tanti imprenditori questa mattina hanno avuto magari qualche telefonata da parte delle banche, dove gli ricordavano le loro scadenze. Dobbiamo fare presto per non tradire quei principi fondamentali della nostra Costituzione, siamo una Repubblica fondata sul lavoro; dobbiamo fare presto per adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, perché la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto.

In questo contesto noi dobbiamo apprezzare l'impegno e il lavoro portato avanti dal Commissario per gli affari economici e finanziari Paolo Gentiloni. Ha lavorato molto, si è impegnato tanto, e in questi giorni ha annunciato l'imminente decisione della Commissione UE di esternalizzare le regole del Patto di stabilità per un altro anno. Queste sono notizie positive e un grazie davvero a Paolo Gentiloni. Ha aggiunto che bisogna lavorare per una gradualità di uscita dalle misure di sostegno. Meglio toglierle troppo tardi che troppo presto, per non mettere in difficoltà i tanti imprenditori. Si gioca la partita del futuro per l'Italia e per l'Europa, specie con il grande piano che ci aspetta per il rilancio e la resilienza.

Signor Presidente, vado a terminare con un ricordo, quello di Edmondo Berselli, editorialista di la Repubblica e dell'Espresso che proprio ieri, l'11 aprile 2010, ci ha lasciati. Nel suo ultimo lavoro, un saggio dedicato alla ricerca di nuove vie verso l'economia giusta (L'economia giusta, questo era il titolo del suo scritto, del suo libro), in tempi di crisi globale - erano gli anni della crisi finanziaria del 2007-2008, segnata da una crisi di liquidità e di solvibilità sia delle banche che degli Stati - per uscire dalla crisi avvertiva e indicava la necessità di ritrovare dei principi etici su cui ricostruire tutto. Berselli terminava il suo libro con questa riflessione: “Dovremmo adattarci ad avere meno risorse, meno soldi in tasca, forse dovremmo farci l'abitudine. Se il mondo occidentale rallenterà, andrà più piano, anche noi dovremo rallentare” e terminava con queste belle parole: “Proviamoci, con un po' di storia alle spalle, con un po' di intelligenza e di umanità davanti”