Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 8 Febbraio, 2016
Nome: 
Daniele Marantelli

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Signor Presidente, signor Viceministro Casero, con questa mozione il PD ribadisce ancora una volta di volere difendere e tutelare il valore del lavoro e la dignità dei lavoratori. In questo caso, quella degli italiani che ogni giorno varcano il confine per andare a prestare la loro opera nel territorio elvetico. Operai, tecnici, medici che contribuiscono in maniera rilevante a creare ricchezza e benessere nei cantoni svizzeri più vicini all'Italia, che sono quelli dei Grigioni, del Vallese e del Ticino. L'Italia e la Svizzera hanno uno scambio commerciale superiore a quello che il nostro Paese ha, per esempio, con un gigante dell'economia mondiale come l'India. Per questa ragione, siamo interessati a rafforzare i legami economici e sociali con la Svizzera e quindi a migliorare sempre più le relazioni politiche, culturali e ambientali. Il negoziato tra l'Italia e la Confederazione Elvetica disciplina essenzialmente i rapporti fiscali e noi siamo consapevoli di quanto sia stata impegnativa la discussione nella classe dirigente svizzera per ridefinire una consolidata e importante vocazione. 
Per anni le banche svizzere sono state il forziere rifugio di capitali internazionali legali, qualche volta illegali, e purtroppo qualche volta anche criminali. 
Una funzione che ha consentito alla Svizzera di esercitare storicamente un ruolo di neutralità che la ha tenuta al riparo perfino dalle follie naziste. Hitler ha lasciato una scia di morti e macerie in tutta Europa, ma non in Svizzera. Questo ci aiuta a capire quanto siano profondi i cambiamenti in corso e quanto sia coraggiosa, ma realistica, la decisione di rivedere gli accordi del 1974. Realistica per togliere finalmente la Svizzera dalla black list, come è già stato detto. Ora, il nuovo accordo non è ancora stato firmato dai due Governi, né men che meno approvato dei rispettivi Parlamenti; conosciamo tuttavia, in base a quanto reso pubblico da un comunicato congiunto del Ministero dell'economia della Repubblica italiana e della Segreteria di Stato per le questioni internazionali della Confederazione Elvetica, i punti principali. Non è segreto, vorrei dire al collega Molteni, si fonda sul principio di reciprocità, fornisce una definizione di aree di frontiera, che per la Svizzera sono i cantoni Grigioni, Ticino e Vallese e per l'Italia la regione Lombardia, il Piemonte, la Val d'Aosta e la provincia autonoma di Bolzano. 
Terzo, fornisce una definizione di lavoratori frontalieri al fine dell'applicazione dell'accordo e include i lavoratori frontalieri che vivono nei comuni che ricadono, per intero o parzialmente, in una fascia di 20 chilometri dal confine, che in via di principio ritornano quotidianamente nel proprio Stato di residenza. 
Quarto, per quanto riguarda l'imposizione, lo Stato in cui viene svolta l'attività lavorativa imporrà sul reddito da lavoratore dipendente al massimo il 70 per cento dell'imposta risultante dalle imposte ordinarie sui redditi delle persone fisiche, ed eliminerà la doppia imposizione. 
Quinto, viene effettuato uno scambio di informazioni in formato elettronico relativo ai redditi da lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri. 
L'accordo sarà sottoposto a riesame ogni cinque anni. Il testo fa comprendere evidentemente come il tema dei frontalieri assuma grande rilevanza. Tema non nuovo e che soprattutto e per decisioni in Canton Ticino ha conosciuto nel passato momenti difficili e persino tempestosi. I frontalieri italiani hanno dovuto fare i conti con pressioni indebite, discriminazioni, campagne razziste e xenofobe. Non abbiamo dimenticato l'ignobile campagna organizzata dall'UDC ticinese, nota come «Bala i ratt», con la quale i lavoratori italiani erano descritti come topi. Colgo l'occasione in questo caso per ringraziare gli amici e compagni del Partito Socialista Ticinese, che furono accanto a noi nel respingere quell'odiosa campagna, anche assumendo iniziative legislative a tutela della libertà e della dignità delle persone. A questo proposito c’è da chiedersi se non sia auspicabile innovare l'attuale debole esperienza del Partito Socialista Europeo di fronte a cambiamenti che il mondo non conosceva dei tempi delle scoperte geografiche. A volte la parola stessa «PSE» viene ripetuta, ma rischia di assumere un significato stanco e privo di incidenza, come stanca e ripetitiva nel calcio è la riproposizione della moviola in campo. Forse, anche da vicende come questa dovremmo spingere coraggiosamente verso un PSE che trovi legittimazione diretta, scavalcando gli Stati nazionali. 
Questa onesta riflessione, in questo caso strettamente personale, induce a chiedere coerenza a chi, come la Lega, si propone di tutelare giustamente i nostri frontalieri, ma facendolo attaccando Renzi e più in generale il Governo italiano. Ora Norman Gobbi è un esponente importante della Lega e nella sua veste di Presidente del Governo Ticinese si è distinto per diverse iniziative, ispirate, forse a causa da campagna elettorale, tutte da attacchi discriminatori e xenofobi contro i nostri frontalieri. Non si è trattato solo di dichiarazioni quotidiane lesive dei principi di libera circolazione delle persone, ma di decisioni, decisioni inaccettabili ! Come qualificare quella del Canton Ticino di obbligare ogni cittadino italiano in via di occupazione in Svizzera a presentare il certificato dei carichi pendenti in allegato alla richiesta di assunzione ? È in questa cornice che si inserisce l'avvio dell'elaborazione da parte del Consiglio di Stato del Ticino di una clausola fortemente restrittiva sul reddito dei cittadini italiani lì occupati, mediante una maggiorazione del trattamento fiscale sulla base della nazionalità italiana dei lavoratori, in evidente contrasto con l'accordo sulla libera circolazione delle persone sottoscritto tra l'Unione europea e la Confederazione elvetica. Così come la volontà di introdurre su base cantonale un limite restrittivo di quote di frontaliere che smentisce la competenza del Consiglio federale mettendo in mora di fatto l'accordo sulla libera circolazione delle persone. 
Ancora, il 24 marzo 2015 il Gran Consiglio della Repubblica del Canton Ticino ha approvato la legge sulle imprese artigianali che ostacola la libera circolazione delle imprese estere in Canton Ticino. Non sto a richiamare tutti i requisiti previsti dal regolamento che, se non rispettati, possono portare a infrazioni sino a 50.000 franchi, perché credo il Governo, sicuramente il Viceministro Casero, li conosca bene; mi limito a dire che tale iniziativa, palesemente discriminatoria, coinvolge 4.548 ditte artigiane individuali e 9.835 dipendenti di società e, quindi, 14.383 italiani che nel 2015 hanno prestato, per un periodo di tempo inferiore ai 90 giorni all'anno, lavoro in Svizzera in Canton Ticino. Il contributo di queste persone all'economia cantonale, soprattutto nella filiera dell'abitare è stato ed è rilevante in termini, non solo di quantità, ma di qualità. Non mi risulta che il solitamente vulcanico leader italiano della Lega abbia saputo o voluto contrastare ciò che è scopertamente in contrasto con accordi in essere, o in via di approvazione tra Italia e Svizzera e tra Svizzera e Unione europea. 
Mi rendo conto che in questo tempo è difficile essere coerenti e ancora più difficile trasmettere valori ideali ad un'opinione pubblica disorientata e impaurita, sono però stato colpito dalla decisione del nostro Presidente del Consiglio di recarsi domenica scorsa a Ventotene, a rendere omaggio ad Altiero Spinelli e al suo Manifesto su gli Stati Uniti d'Europa. Colpito positivamente perché, al di là della discussione sui parametri, se non si va in quella direzione l'Europa resterà una pura espressione geografica. Il rilievo però che i media italiani e internazionali hanno dato a quell'evento è stato inversamente proporzionale al suo alto valore simbolico. Mi piacerebbe, invece, si riscoprissero i valori, le idee, le suggestioni di un grande lombardo amico della Svizzera, come fu Carlo Cattaneo. Ben prima di Altiero Spinelli, a metà dell'Ottocento, sognava gli Stati Uniti d'Europa, un'Europa federale. Ora, capisco che queste riflessioni rischino di stridere per esempio con la questione maledettamente concreta, già richiamata, come quella del pagamento che le autorità sanitarie di Varese, diversamente da quelle di Como e Sondrio per ora, hanno chiesto ai frontalieri. Una volta, però, riaffermato il principio di universalità sul quale si fonda il sistema sanitario nazionale dobbiamo risolvere le controverse interpretazioni normative relative al rischio di pagamento dell'assistenza sanitaria italiana da parte dei lavoratori frontalieri. Altrimenti che cosa succede ? La Lega dà la colpa al Governo italiano, il PD ricorda che la sanità è di competenza regionale e che Varese è in Lombardia come Como e Sondrio e che il presidente della regione, che ha la delega alla sanità è un leghista, che il Presidente Maroni per avere chiarimenti scrive al Ministro Padoan, che il Movimento 5 Stelle, con ogni probabilità, attaccherà il Governo nazionale e quello regionale; ma mi chiedo: può essere questo il ruolo della politica ? Non so se in futuro la Svizzera farà parte degli Stati Uniti d'Europa, è facilmente prevedibile che i cambiamenti tumultuosi degli ultimi vent'anni impallidiranno rispetto a quanto accadrà nei prossimi venti. Perciò l'esperienza anche in essere delle regioni alpine, di cui fanno parte anche la Svizzera, la Lombardia e il Piemonte, può potenzialmente scrivere una pagina inedita nel futuro di un'Europa federale dei popoli, nel frattempo però noi intendiamo contrastare concretamente ogni tentativo di discriminazione. Pertanto il gruppo del PD chiede al Governo di assumere con questa mozione impegni precisi, in assenza dei quali difficilmente il Parlamento italiano potrà ratificare l'accordo nuovo tra i due Paesi. Non è in gioco solo il futuro di oltre 60.000 persone, la maggior parte delle quali proveniente, come è stato detto, dalle province di Varese e Como; oppure lo sblocco da parte dell'INPS dei fondi della legge n. 147 del 1997, sulla quale abbiamo lavorato molte volte. Bisogna sapere che l'Italia è il secondo partner commerciale della Svizzera in ordine di importanza, dopo la Germania, l'interscambio sfiora i 30 miliardi di euro. La nostra bilancia commerciale presenta un attivo di otto miliardi e mezzo, la Svizzera con 20 milioni di franchi è il nono Paese investitore per importanza in Italia e crea da noi 76.000 posti lavoro. Questo è il contesto nel quale inserire questa riflessione. 
Pertanto noi chiediamo al Governo di impegnarsi per richiedere un chiarimento formale alla Confederazione Elvetica in merito alle decisioni discriminatorie assunte dal Canton Ticino in contrasto con gli accordi di libera circolazione delle persone; di fare in modo che modalità e tempistiche relative all'armonizzazione fiscale tra i cittadini italiani frontalieri compresi entro la fascia dei 20 chilometri e cittadini italiani frontalieri fuori fascia siano disciplinati, per quanto di competenza del Governo italiano naturalmente, nel disegno di legge di ratifica dell'accordo tra Repubblica italiana e Confederazione Elvetica e in altre iniziative normative, dando attuazione a un chiaro principio di gradualità su questo tema delicato. Di operare affinché in tale contesto venga prevista l'introduzione della franchigia per i lavoratori frontalieri, come abbiamo previsto nella legge di stabilità dello scorso anno, in termini di permanente agevolazioni IRPEF anche per i lavoratori frontalieri presenti all'interno dalla fascia dei 20 chilometri dal confine italo-elvetico. Di assumere iniziative per garantire che nel nuovo quadro giuridico si provveda ad assicurare ai comuni di frontiera l'erogazione dell'equivalente dell'attuale ristorno delle imposte versate dai lavoratori frontalieri secondo l'accordo del 1974 – e qui sarò preciso – mediante una specifica disposizione legislativa italiana che commisuri la ripartizione fiscale spettante ai comuni di frontiera alla dinamica del monte salari complessivamente prodotto dal comparto transfrontaliero, avendo come montante minimo di partenza il valore complessivo dei ristorni fiscali generato nell'ultimo anno fiscale di vigenza dell'accordo Italia-Svizzera del 1974. Posso permettermi di essere così preciso perché il Viceministro Casero sa di che cosa sto parlando e il contesto ambientale della Camera in questo momento lo permette. Di avviare inoltre un percorso finalizzato alla realizzazione dello statuto del frontaliere come parte integrante del processo di ratifica del futuro accordo tra Italia e Svizzera. Di adoperarsi per un costante coinvolgimento delle istituzioni locali interessate – regione, province – e le rappresentanze sindacali dei lavoratori frontalieri; un tema, come è stato detto, qual è quello delle infrastrutture, è rilevante, pesa. Di intervenire sospendendo ogni iniziativa tendente a introdurre un'impropria modalità di pagamento da parte dei lavoratori italiani occupati in Svizzera e per i titolari di pensione in Svizzera ai fini dell'iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale. L'attuale confusione non giova a nessuno, apre soltanto varchi alle polemiche, al populismo, alla preoccupazione – peraltro giustificata – di molte persone. Noi con questa iniziativa vogliamo contribuire a portare chiarezza. Insomma, sino ad ora il lavoro impegnativo e prezioso è toccato ai tecnici e io mi permetto di ringraziarli perché hanno dovuto affrontare una trattativa complessa, assai complessa, però ora la parola passa al Parlamento, la responsabilità passa al Parlamento. Noi intendiamo esercitare sino in fondo questa responsabilità e ci attendiamo dal Governo risposte puntuali alle questioni che nella mozione abbiamo presentato, soprattutto nel dispositivo, e ci auguriamo che nei prossimi giorni questa mozione venga approvata.