Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 27 Settembre, 2018
Nome: 
Roberto Morassut

Grazie, Presidente. Tra il 2008 e il 2010 lo Stato francese ha avviato il programma per il Grand Paris, che mira a realizzare un polo di eccellenza mondiale capace di integrare l'area metropolitana parigina, che conta otto milioni di abitanti, con la regione dell'Île-de-France, dove abitano altri 4 milioni di cittadini. Sono previsti per questo programma 40 miliardi di investimenti in quindici anni, fino al 2025, di cui 24 dedicati alla realizzazione di 200 chilometri di nuove infrastrutture su ferro. L'obiettivo è fare di Parigi la quinta città globale del mondo in termini di attrattività, passando per quelle Olimpiadi del 2024 gettate alle ortiche da Roma. Tra il 2008 e il 2011 è nato a Londra il Piano per Londra, un programma scadenzato al 2031 per un'area territoriale di 10 milioni di abitanti finalizzato alla crescita economica, alla sicurezza, alla salute, alla lotta alla povertà e allo sviluppo sostenibile, una strategia che ha alla base una legge nazionale del 2007 votata dal Parlamento britannico, il Greater London Authority Act, che detta le linee del programma per Londra e mette sul tavolo 28 miliardi di sterline in venti anni. Si potrebbe continuare con l'esperienza di Berlino, un programma al 2027 per infrastrutture e cultura di poco meno di otto miliardi.

Ho citato questi esempi non certo per fare dei paragoni. La storia del rapporto tra lo Stato italiano e Roma Capitale è segnata da tante contraddizioni e talmente tanti equivoci che sono sconosciuti alle altre nazioni.

L'ho fatto per ricordare che proprio negli anni della grande crisi del 2008 là si programmava e si investiva, mentre in Italia il Governo di centrodestra di allora - mi fa piacere sentire adesso tante opzioni per Roma Capitale - suggellava, con il fatidico “Patto della Pajata”, l'inizio del crollo verticale della Capitale al quale ancora oggi assistiamo, con un'amministrazione che galleggia sul degrado.

Le intese sul cosiddetto federalismo fiscale del 2009, il decreto del 2010 sui poteri, la riserva costituzionale su Roma Capitale furono dei pennacchi concessi dall'allora Lega di Bossi in cambio della demolizione dell'unica legge organica per Roma Capitale, la legge n. 396 del 1990, che dal 1992 aveva, con continuità, garantito finanziamenti aggiuntivi a quelli ordinari per 100 milioni di euro all'anno, finalizzati ad obiettivi precisi, strategici, definiti nella legge e coordinati dal consiglio comunale di Roma.

Ma nel 2008 si era già prodotto il danno più grande con un gigantesco inganno che ha contribuito al collasso della città. Mi riferisco alla questione del debito pregresso e alla creazione di una struttura specifica - la gestione commissariale - per il suo rientro. In quel momento il livello di indebitamento medio per abitante del comune di Roma era in linea con quello di altre città italiane, inferiore comunque a quello di Torino e di Milano. Non esisteva un problema di dissesto. La massa debitoria fu calcolata del tutto impropriamente e contro ogni principio contabile, sommando il debito commerciale con i mutui e con le stime presunte dei debiti futuri derivanti da questi per una cifra di 13 miliardi, poi rivelatasi sovrastimata per lo stesso commissario. Il debito fu interamente trasferito alla gestione commissariale, liberando Roma Capitale di ogni onere e portando a zero - zero! - gli impegni di spesa relativi del comune di Roma.

Ebbene, nonostante queste favorevolissime ed eccezionali condizioni, nei cinque anni successivi quella giunta di destra ha creato altri 4 miliardi di debito con una dissennata politica di innalzamento della spesa corrente, abbattimento degli investimenti, moltiplicazioni clientelari e assunzioni nelle aziende che le hanno portate allo sfascio. La folle scelta di trattare in quel modo il cosiddetto debito pregresso ha portato a questa decisione (la voglio ricordare): mettere a disposizione della gestione commissariale 500 milioni di euro all'anno fino al 2048, 300 provenienti dal MEF e tasse degli italiani e 200 dall'addizionale IRPEF dello 0,4 per cento a carico dei romani. Una mole di risorse senza precedenti di cui nemmeno un euro va ai servizi agli investimenti, ma vengono sparati nella fornace di un debito mal calcolato e mal gestito negli anni tra il 2009 e il 2015, se è vero, come è vero, che ancora oggi il 60 per cento del debito commerciale è di incerta attribuzione. Su questa questione del debito pregresso di Roma c'è un problema di trasparenza. L'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008 istituì la gestione commissariale imponendo la trasmissione annuale di una relazione al Parlamento sulle sue attività, ma la sola occasione per conoscere con adeguata esposizione di dati la situazione reale si è determinata tra il 2015 e il 2017 con la gestione della dottoressa Scozzese, dalla quale abbiamo potuto capire meglio molte cose, tali da formulare in molti di noi la sensazione che a oggi, ancora oggi, continuare a mantenere in piedi una gestione commissariale appare inutile. Se in questi difficili anni qualcosa è stato fatto lo si deve ai Governi di centrosinistra che, con il decreto n. 68 del 2014 e con le risorse per il Giubileo della Misericordia, hanno liberato in favore della Capitale 110 milioni di extra-costi e risorse per interventi di manutenzione urbana sui quali varrebbe la pena sapere quale uso ne è stato fatto.

Questa e non altra è la storia più recente del rapporto tra lo Stato e la sua capitale. In questi giorni si è annunciato un nuovo capitolo di intese per il 2019 sui poteri per Roma e sulle risorse per la Capitale. Ma quale credibilità può avere un Governo che non riesce nemmeno a garantire l'emergenza, come a Genova, e che presenta decreti raffazzonati e senza cifre? Quale credibilità può avere l'amministrazione di Roma Capitale? Da due anni ci fa assistere al pianto greco di una sindaca inerme che chiede 3 miliardi per la città senza presentare un progetto e che poi si fa scippare 50 milioni di euro dal suo Governo del bando per le periferie dei Governi Renzi e Gentiloni per tanti quartieri popolari tra cui Ostia, la Ostia dell'insicurezza e dell'illegalità, dei boss della camorra che hanno votato per i 5 Stelle e dove era prevista e finanziata, dal bando della cittadella della legalità, la sede dell'ufficio del giudice di pace e la caserma dei vigili urbani.

Basta con gli annunci e con le falsità! Si vuole voltare pagina? Allora si apra un tavolo che può consentire di far compiere alla capitale un vero salto di qualità, un tavolo di confronto costituzionale sullo status di Roma Capitale. Attualmente, agli atti dal Parlamento vi è una sola proposta di legge in tal senso, quella del PD, che inserisce questa proposta in una revisione organica dell'assetto regionale italiano. Nella nostra mozione di oggi, e concludo, chiediamo che: siano ripristinati i fondi di Roma Capitale della legge n. 396; che siano reintegrati i fondi dei progetti del bando periferie; che sia riconsiderata la procedura avviata per ATAC, sganciando il debito non riconosciuto e trasferendolo alla gestione commissariale, per favorire un'azione di rilancio del servizio con rigore, senza sprechi; che sia monitorata la situazione di AMA, dove a breve vi sarà una grave crisi di liquidità, che comporterà interruzione del servizio; e che, infine, l'intera partita del debito sia riletta con coerenza e che su questo si riferisca al Parlamento, per non continuare a sottoporre i romani ad una indicibile pressione fiscale senza ritorno di servizi adeguati, valutando anche i temi di un possibile ritorno all'ordinario. Non si può stare a Roma senza avere una grande idea, disse Theodor Mommsen a Quintino Sella all'indomani dell'ingresso in Porta Pia; ma non si può governare Roma se non la si ama, disse un grande sindaco che si chiamava Luigi Petroselli, se non si ha amore e cura delle cose concrete. Ogni giorno a Roma milioni di cittadini si alzano presto, vanno a lavorare, pagano le tasse più alte d'Italia, producono servizi, realizzano prodotti, contribuiscono alla crescita del Paese. Grazie a Roma, alla sede apostolica, anche il resto d'Italia beneficia di un'immagine, di un'attrattività che porta ricchezza, lavoro.

E grazie a Roma, alla sua apertura, alla sua accoglienza, milioni di italiani immigrati da ogni regione d'Italia hanno realizzato un sogno di vita, costruito una famiglia, una casa, sono stati integrati e hanno contribuito ad ampliare l'identità della città moderna. Occorrono decisioni coraggiose, non basta più la ritualità di certi dibattiti, come in parte quello di oggi, e l'annuncio propagandistico di un decreto nel quale non si sa cosa ci sarà. Ed occorre una classe dirigente competente: il governo degli inesperti, degli improvvisati, non è una garanzia di efficienza e di trasparenza, e i fatti lo hanno dimostrato a Roma, dove deve tornare la politica, deve tornare la conoscenza, accompagnata dall'onestà, praticata e non declamata.

Questa è una sfida per tutti, ma, in primo luogo, per chi adesso governa e ha il dovere di essere all'altezza di Roma; e questa sfida, colleghi dei 5 Stelle, voi l'avete perduta, non vi sarà un appello. Per questi motivi, dichiaro il voto favorevole alla mozione del gruppo del Partito Democratico.