Discussione generale
Data: 
Venerdì, 1 Marzo, 2024
Nome: 
Andrea Casu

A.C. 1435-A​ e abbinate

Grazie, Presidente. Relatrice, rappresentante del Governo, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, oggi stiamo passando un momento importante del dibattito parlamentare sul codice della strada. Penso sia fondamentale, lo hanno fatto gli interventi che mi hanno preceduto, riconoscere una delle, purtroppo non sempre frequenti, occasioni in cui la qualità del confronto e del dibattito parlamentare sicuramente è superiore a quella della qualità del confronto e del dibattito pubblico su questo tema.

Perché è un tema estremamente complesso, richiede studio, approfondimento, e noi, in Commissione, abbiamo cercato di farlo, nel rispetto anche delle differenti posizioni, attraverso un percorso lungo, lo ricordava la relatrice Maccanti. Oltre 91 soggetti che sono stati auditi, 760 emendamenti, di questi 163 approvati, anche con alcune modifiche e anche con alcune riformulazioni di proposte che venivano dall'opposizione. Lo abbiamo fatto perché è assolutamente fondamentale che il tema di cui stiamo parlando oggi, che è la vita delle persone sulle strade, sia un tema che ci interessi al di là delle differenze ideologiche, che ci porti a un confronto per cercare di trovare soluzioni concrete.

Purtroppo, e qui veniamo alla nota dolente del mio intervento, credo che la qualità del confronto che c'è stato in Commissione, che ripresenteremo in Aula con i nostri emendamenti, non è stata fino in fondo compresa dal Governo, e in questo confido nella presenza della Sottosegretaria Siracusano per cercare di trasmettere al Governo la necessità di non perdere questa occasione. È stato ricordato: sono tanti anni che si attende un'occasione per intervenire sul codice della strada in maniera totalmente organica. Allora, se è reale l'obiettivo di non fare l'ennesimo intervento spot, bisogna andare fino in fondo sulle questioni.

Non ci possiamo limitare ad accennare, a inserire accenni, lo dirò brevemente, motivando alcune delle questioni di merito su cui siamo ancora distanti, che hanno motivato il nostro voto contrario nelle Commissioni. Noi dobbiamo cercare di arrivare fino in fondo al percorso. Se poi alla fine del percorso ci divideremo, almeno avremo provato a dare un segnale al Paese molto chiaro che, di fronte a quello che sta avvenendo, vogliamo fermare la scia di sangue sulle nostre strade. Se, invece, non sarà possibile, almeno avremo fatto tutto quello che si poteva fare.

In questo, voglio partire dalla prima questione che abbiamo posto, ed è una questione che solo in parte è stata recepita e compresa, ma la voglio ribadire qui, nel nostro dibattito, nel nostro confronto parlamentare. La prima cosa che abbiamo chiesto di togliere dal codice della strada è la parola “incidente”. Abbiamo chiesto di togliere la parola “incidente” perché il vocabolario Treccani ci dice che gli incidenti sono avvenimenti inattesi, che interrompono il corso regolare di un'azione. Avvenimenti non lieti, disgrazie. E sempre il vocabolario ci dice che la parola “disgrazia” è la sfortuna, la sventura, la cattiva sorte. Le parole sono importanti.

Nel definire i 165.000 scontri che sono avvenuti, ad esempio, nel 2022, ultimo anno di cui l'Istat ci ha dato una fotografia completa, ma la situazione purtroppo non è migliorata nel 2023 e non sta migliorando nel 2024, come incidenti c'è un richiamo a un concetto di sfortuna, di sventura, di cattiva sorte, che, purtroppo, solo in minima parte rappresenta quello che avviene sulle nostre strade, perché - lo dicono le statistiche, ma lo dice l'esperienza quotidiana di ciascuno di noi - tantissimi di questi scontri non sono disgrazie. Potevano essere evitati, da comportamenti diversi, da scelte diverse, da regole diverse. E noi siamo il legislatore, siamo chiamati a scriverle, quelle regole, siamo chiamati noi a creare l'architettura delle scelte all'interno delle quali i cittadini sono chiamati ad agire e operare.

E chiamare gli incidenti scontri stradali, non usare più questa parola che richiama la casualità, è il primo passo per assumere una consapevolezza del dramma immenso. Si facevano i numeri del 2022: 3.200 persone che sono morte significa 9 morti ogni giorno, è un bollettino di guerra. Oltre 600 feriti ogni giorno, è un bollettino di guerra.

Quanti di questi morti sono pedoni, utenti fragilissimi? Vengono investiti circa 48 pedoni ogni giorno in Italia. I dati che sono stati diffusi del 2024 ci dicono che sono morte 58 persone dall'inizio dell'anno mentre camminavano, investite sulle strade, spesso sulle strisce pedonali. Non è che sono stati uccisi per un incidente, sono stati uccisi da qualcuno. Poi ci potranno essere sicuramente stati casi di autocombustione del mezzo - una percentuale di incidenti non sarà mai eradicabile da un sistema - ma si può veramente lavorare per andare a toccare quelle leve che possano consentire di ridurre questa scia di sangue. Se non lo vogliamo fare per le vite umane - e io credo che lo dobbiamo fare per le vite umane e cessa di avere senso il nostro impegno politico se cominciamo a non considerare la difesa della vita umana come il principio più importante - facciamolo per il costo sociale. L'Istat ci dice che, nel 2022, è stato di 18 miliardi. Noi affronteremo discussioni molto aspre per reperire risorse di molto inferiori ai 18 miliardi, per affrontare i tanti problemi che ha il nostro Paese. Noi questi soldi li potremmo risparmiare e, invece, di discutere di come possiamo ridurre i morti sulle strade, di come ridurre i 18 miliardi, il nostro dibattito pubblico è tutto sulla classifica dei comuni che fanno più multe, quando tutte le multe che vengono fatte arrivano a 1,5 miliardi. Quindi, una percentuale infinitamente inferiore rispetto ai costi che tutti ci carichiamo per quello che avviene sulle nostre strade. Tra l'altro, diciamocelo, non c'è tema di destra o di sinistra, almeno qui, almeno in Parlamento. Non c'è tempo di poterlo fare nei confronti pubblici. Diciamoci le cose per come stanno. Noi abbiamo strumenti probabilmente o sicuramente inadeguati per garantire il controllo dei limiti di velocità, perché purtroppo vengono rispettati solo in prossimità dell'autovelox e assistiamo a quel fenomeno, anche triste, di vedere le macchine inchiodare quando vedono il cartello dell'autovelox, andare piano per alcuni metri e poi ripartire subito dopo. Stiamo facendo un dibattito pubblico sul tema dell'autovelox senza porci la questione di come garantire il rispetto di limiti di velocità giusti, che non devono essere imposti in maniera inaccettabile, ma che poi devono essere rispettati su tutto il percorso. L'esperienza tutor ci ha aiutato sulle autostrade ad andare in direzione del rispetto dei limiti ma c'è il tema politico di come garantire che anche sulle altre strade, non solo sulle autostrade, vengano rispettati i limiti di velocità. Noi ci perdiamo dentro questa discussione degli autovelox. Io sul tema degli autovelox voglio dire una cosa molto chiara. Serve superare - l'abbiamo chiesto anche noi con gli emendamenti - questo tema della omologazione e autorizzazione, che ha creato un sacco di equivoci, ma serve parlare fra di noi con parole di verità. Quando io sento, giustamente, rivendicare che sono 15 anni che si aspettano i decreti attuativi, ricordo sommessamente a quest'Aula che, 15 anni fa, il Governo che ha stabilito l'attuale normativa e che ha dato mandato di fare i decreti attuativi, che non sono poi più stati fatti né da quello né dai Governi successivi, era un Governo guidato da Silvio Berlusconi, in cui Giorgia Meloni era Ministro. Quindi, non può essere responsabilità di quel Governo o di quello che è venuto dopo. È chiaro che su questo tema serve un confronto, ma questo confronto deve tenere insieme due aspetti, il rispetto dei limiti di velocità, che deve essere garantito e forme opportune di controllo. Chiaramente, se ci sono situazioni vessatorie o problemi per i cittadini, andiamo nella direzione di superarli ma non perdiamoci in un bicchier d'acqua. Se, per inseguire qualche consenso e per inseguire qualche trend, perdiamo una discussione e se in questi anni siamo arrivati a questi numeri, con limiti di velocità che vengono rispettati solo di fronte a quei 10.000 autovelox che sono diffusi e disseminati sul territorio italiano, c'è un problema e c'è un limite. Lo stesso voglio dire sulle Città 30, l'ha detto benissimo Roberto Morassut. Si chiamano Città 30 ma non sono città dove si va solo a 30 km orari, sono città in cui viene rovesciato il paradigma e si parte da una riduzione della velocità dove c'è una maggiore incidenza di persone che stanno camminando, per cercare di costruire una viabilità e una mobilità che funzionino meglio per tutti. Non sono impazziti a Parigi, a Londra, a Madrid e a Barcellona, in Spagna, ad Amsterdam e a Copenaghen, non c'è stato un impazzimento in tutta Europa e in tutto il mondo di persone che vogliono colpire la popolazione. Semplicemente, si sta cercando di costruire una mobilità più sostenibile e sicura per tutti. Non lo si sta facendo solo in tutta Europa, lo si sta già facendo tutta Italia, non solo a Bologna, grazie al coraggio del sindaco Lepore che ha aperto un forte dibattito pubblico - c'è stato questa settimana questo incontro - e lo stanno facendo amministrazioni di destra, di centrodestra. Tra l'altro, sommessamente osservo, nella settimana delle elezioni in Sardegna, che l'unica città dove il centrodestra ha vinto durante le ultime elezioni regionali è Olbia, che è amministrata da Nizzi, un sindaco di Forza Italia che ha fatto da anni la Città 30 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Quindi, tutto questo problema di consenso intorno a un'idea di mobilità che metta al centro la sicurezza e la vita delle persone probabilmente non c'è mentre c'è questa corsa a inseguire i social, a inseguire i trend, a inseguire i propri follower. Però, la parola follower dovrebbe essere intesa nel senso che essi seguono qualcosa, non che noi andiamo a inseguire quello che poi i follower condividono e questo, forse, non ci sta portando da nessuna parte. A Olbia c'è un sindaco di centrodestra che mercoledì era a Bologna con un sindaco di centrosinistra e con sindaci di tutta Italia e di tutta Europa, a dire una cosa semplice: date quei poteri che servono ai sindaci perché decidano, con la cittadinanza, dove mettere 30, dove mettere 50, dove mettere 70, che è quello che sta avvenendo a Bologna, perché nei viali non si va a 30. L'unico momento in cui si è andati a 30 nei viali illustrati dal Ministro Salvini, nel video diffuso all'indomani dell'apertura di questa polemica, è un viale dove il limite è a 50 ma era in corso una manifestazione di persone che stavano andando a 30 per protestare e in quel viale si andava a 50 e il motivo per cui erano tutti fermi - si vede anche dal video, vi invito a riguardarlo - è che era rosso il semaforo. Usciamo un attimo dai social ed entriamo qui, in un dibattito pubblico in cui si devono dire le cose come stanno. Noi abbiamo chiesto, per esempio, di togliere la parola “incidenti” e mettere “scontro”. C'è stata una riformulazione che dice: “nell'ottica di promuovere, anche attraverso opportuni adeguamenti terminologici, una cultura della sicurezza stradale fondata sulla consapevolezza dei rischi”. È un piccolo passo in avanti e io penso che ne possiamo fare uno più forte. Lo stesso per quanto riguarda la guida con lo smartphone. Io ve lo dico, veramente, a cuore aperto. Ci sono questioni su cui non si può essere di destra o di sinistra di fronte al fatto che c'è chi uccide una persona perché sta facendo un video. Stare 6 o 7 secondi guardando lo schermo, anche a 50 orari, vuol dire fare 100 metri a occhi chiusi. Quindi, immaginate a 100 orari, a 150 orari che cosa questo può rappresentare e cosa può significare. Ecco, una persona che uccide mentre sta facendo un video, mentre sta facendo diretta social è un criminale! Bisogna usare le parole giuste, non è una persona che ha fatto un errore, non è una persona sbadata, è un assassino perché le auto, i mezzi che noi guidiamo, sono mezzi potentissimi e possono determinare la vita e la morte delle persone. Noi dobbiamo rispettare le regole quando ci mettiamo alla guida. Per questa ragione, noi consideriamo positivamente il fatto che, grazie alla riformulazione di un nostro emendamento e di altri emendamenti che sono stati presentati da altre forze, sia stata inserita anche la guida con l'utilizzo dello smartphone come una delle ragioni per cui, di fatto, si può procedere alla sospensione breve della patente, come per altri comportamenti giustamente sanzionati dal legislatore. Però, restiamo sconcertati dal fatto che nemmeno nella legge delega si sia colta l'occasione per dire quello che abbiamo chiesto in quest'Aula in occasione della votazione dell'omicidio nautico, quello che abbiamo chiesto in quest'Aula con la proposta di legge che abbiamo presentato su questo tema, sottoscritta da 20 parlamentari del Partito Democratico, quello che abbiamo chiesto in Commissione in tutte le sedute in cui si è parlato di questo tema. È una cosa molto semplice ed è quello che dice il Ministro Salvini in un'intervista quando afferma che, di fronte a 4 anni per aver ucciso un bimbo di 5 anni, una riforma è quanto mai necessaria. Non serve una riforma della giustizia, non dobbiamo fare un'immensa riforma, serve prendere in esame le leggi che già ci sono. Noi prevediamo nell'omicidio stradale un'aggravante per chi uccide una persona dopo aver fatto uso di stupefacenti oppure aver abusato di sostanze alcoliche. È un'aggravante pesante, una sanzione pesante ma è una sanzione che serve a dire molto chiaramente: tu non puoi, avendo tenuto quei comportamenti, metterti alla guida e se ti metti alla guida e uccidi qualcuno è più grave che se non l'avessi fatto.

Ora, questo messaggio perché non lo si vuole dare anche a chi sta girando un video o una diretta sui social? Voi mi dovete rispondere: perché? E, soprattutto, perché, di fronte a emendamenti dell'opposizione che chiedono questa cosa - che è la stessa che il Ministro Salvini chiede e dichiara nelle interviste - la risposta, quando c'è l'omicidio stradale e nautico, è “stiamo lavorando su questo tema sul codice della strada”? E, quando c'è il codice della strada, non possiamo occuparcene nel codice della strada. Ma quando vogliamo occuparcene per dare un segnale chiaro di fronte a questo comportamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)? Io veramente non me ne posso rendere conto. E qui non stiamo parlando di nuove sanzioni, di nuovi reati, stiamo parlando di un reato che già esiste e che non è adeguato ai comportamenti di oggi. Infatti, quando è stata scritta la legge sull'omicidio stradale, non si teneva conto, forse, del fatto che, ormai, tantissime persone - fermatevi a un semaforo - stanno con il telefono in mano, guardando il telefono, prima della strada. A quale rischio, a quale pericolo? Siamo tutti esposti rispetto a questo comportamento.

Ci potrebbe essere su questo spazio una straordinaria convergenza parlamentare, data dalla consapevolezza delle opposizioni - su questo tema sono intervenute tutte le forze delle opposizioni -, c'è un Ministro che non fa altro che dire questa cosa sui social e ci sono voti di una maggioranza politica di destra che vota contro sistematicamente. È inaccettabile!

Oggi sto esprimendo questa posizione con questa forza perché noi questo emendamento lo ripresenteremo, lo affronteremo in Aula, ma la mia speranza è che in Aula si possa dare un altro segnale, il segnale che, almeno su questi temi, sulla vita e sulla morte delle persone, siamo in grado di uscire da un dibattito di confronto e di scontro - di scontro - per cercare, invece, di dare un'indicazione concreta. Quindi, io mi auguro che, da questo punto di vista, si possa almeno correggere quello che non si è fatto, non per volontà della Commissione, non per volontà dei relatori, non per volontà del Parlamento, ma per scelta del Governo, che non ha mai dato parere positivo a nessuno degli emendamenti, delle leggi, delle iniziative che abbiamo fatto per chiedere di sanare questa ingiustizia.

Andiamo avanti sugli altri emendamenti che sono stati approvati, come quello che stabilisce le officine che devono inserire il meccanismo dell'alcolock. È stato approvato un po' rocambolescamente, perché non c'era stato un parere positivo del Governo, però in quell'occasione siamo riusciti, comunque, a ottenere un'espressione positiva, anche perché, quando prevediamo nuovi dispositivi, deve essere importante che vengano installati in luoghi autorizzati. Abbiamo visto cosa è successo con gli autovelox omologati o autorizzati in questi anni, cerchiamo di non ricommettere questi errori in futuro.

Per quanto riguarda l'istituzione del registro delle agenzie telematiche per le imprese di consulenza automobilistica, c'è stata una riformulazione, così come sul tema dell'educazione stradale nelle scuole.

Qui vorrei fare un piccolo inciso, è un tema di cui abbiamo discusso a lungo in Commissione. La Giornata del ricordo delle vittime della strada è la terza domenica di ogni novembre, è la Giornata della memoria delle tantissime persone che hanno perso la vita drammaticamente in strada. Con la riformulazione di un nostro emendamento si apre a un'attività più forte nelle scuole. Infatti, quando ho sentito, con riferimento alle tante vittime, Romina Ceccato, dire che nella sua regione aveva saputo di comuni dove non si stava facendo nulla nella Giornata del ricordo delle vittime della strada, ho sentito, come tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione, l'emozione e il dovere di fare qualcosa in più.

Abbiamo riformulato questo emendamento, però io, sommessamente, mi rivolgo al Governo anche su questo: noi abbiamo chiesto di indicare che si svolgessero iniziative non solo nella stessa giornata, ma anche nella settimana prima e dopo e che ci fosse un'azione simbolica. Noi abbiamo chiesto di mettere le bandiere a lutto, se non si possono mettere le bandiere a lutto, trovate un'altra formula, una comunicazione. Non può essere un adempimento burocratico, non può essere responsabilità solo delle associazioni o di singoli consiglieri comunali o regionali ricordare le vittime della strada, perché, così come le parole sono importanti, i giorni sono importanti, le settimane sono importanti.

E, se in questo Parlamento, abbiamo votato che, per l'importanza delle discipline STEM, non basta una Giornata, ma serve un'intera settimana e abbiamo previsto una legge, presentata dalla maggioranza su questo tema, per allargare alla settimana, allarghiamo alla settimana anche il momento in cui si ricordano nelle scuole le vittime della strada e si chiede a ciascuna scuola di fare almeno un'iniziativa a tale riguardo. È molto semplice fare questo passo in più.

Grazie al lavoro in Commissione, è stato portato a casa un lavoro collettivo ed è stato superato il fatto assurdo che è emerso - che nessuno di noi conosceva prima delle audizioni -, per cui, in moto, con il mero foglio rosa, senza avere altri titoli, si poteva portare una persona dietro, mettendola a rischio. Questo, fortunatamente, non sarà più possibile grazie a un'azione comune che abbiamo fatto.

Ricordo, inoltre, l'apertura al tema dei conducenti di autobus dai 18 anni in su, molto importante, anche perché tra i 18 e i 21 anni l'importante è che chi si mette alla guida sia nelle condizioni di farlo. A 18 anni si fanno tantissime cose: si può anche guidare, avendo la patente e avendo fatto tutto quello che si deve fare.

Ricordo la campagna di richiamo sui mezzi, altro tema su cui c'è stato un passaggio positivo, una condivisione, per cui, se un mezzo è pericoloso, non deve circolare, come anche il tema della locazione senza conducente, così come previsto per i veicoli industriali, anche per gli autobus.

Dal punto di vista dell'innovazione e della semplificazione, c'è un aspetto su cui io rinnovo l'appello al Governo. Noi abbiamo chiesto di utilizzare le potenzialità delle nuove tecnologie anche nel settore pubblico. C'è stata una riformulazione abbastanza generale nella legge delega su un tema che noi abbiamo sollevato, che io considero ancora prioritario e sul quale chiedo un supplemento di indagine, lo abbiamo fatto insieme alla Vicepresidente Ascani, insieme ai colleghi della Commissione, ed è sentito. Il tema è quello di far parlare i nostri sistemi digitali per far sì che, così come sui nostri smartphone arrivano migliaia e migliaia di notifiche spesso inutili o dannose anche quando siamo alla guida, venga segnalato a ciascuno di noi - a coloro i quali hanno dato un numero di telefono, la possibilità di ricevere un sms o hanno l'applicazione IO o hanno, comunque, la possibilità di essere contattati - un avviso quando viene erogata una multa.

Infatti, uno dei problemi che abbiamo per quel peso di ingiustizia che si vive quando si riceve una multa è che, se io cittadino ricevo un cartoccio di carte 80-90 giorni dopo aver avuto un comportamento, in cui mi si dice che in quel giorno, a quella determinata ora, ero in quel determinato posto, io non associo minimamente quell'azione all'aver fatto un danno alla collettività, ma penso che sia un'ingiustizia dello Stato che mi sta chiedendo, per fare cassa, dei soldi in più. Ma se io ricevessi una notifica, magari quel giorno che stavo correndo un po' troppo o che, magari, ho anche rischiato - perché 165.000 scontri sono la punta dell'iceberg, ma ci sono tantissime volte in cui tutti noi ci accorgiamo, alla guida, di aver avuto un comportamento sbagliato o di essere arrivati a un passo dal poter avere uno scontro -, se quello stesso giorno o il giorno dopo, arrivasse una notifica che dicesse “stavi andando a 120 km all'ora dove si poteva andare a 70” e la associassi al ricordo del giorno prima - quando avevo avuto quella paura di scontrarmi con un altro mezzo -, queste multe, oltre che completare il loro iter burocratico-amministrativo, servirebbero anche a farci capire che dobbiamo modificare i nostri comportamenti.

Se la tecnologia ci consente di avere questi strumenti, perché questi strumenti non si parlano? Perché le notifiche non ci arrivano? Io vi dico che, se la risposta è che oggi è complesso inserire questo nel codice, posso accettare che si dica “non lo mettiamo nel codice, mettiamolo nella legge delega”; ma non posso accettare che la risposta sia di non metterlo. La risposta deve essere quella di trovare la formula adeguata e giusta per poterlo fare.

Dico questo, perché il tema della tecnologia è legato anche a un secondo aspetto, più complicato, su cui, forse, ci possiamo dividere politicamente, ma che mi sento di voler sottoporre di nuovo alla vostra attenzione, ed è quello dell'impostazione di default alla guida.

Noi abbiamo già la possibilità in tante macchine, nelle macchine più moderne, ad esempio, di avere un'attivazione solo vocale dello smartphone: lo smartphone è connesso alla macchina, io ci posso parlare, ma non posso digitare e, se provo a digitare, mi viene detto di non farlo. Noi abbiamo già in tante macchine (sono obbligatori in tanti mezzi, nei mezzi più pesanti) sistemi e tachigrafi che segnano la velocità e che, soprattutto, consentono la limitazione della velocità; sistemi che consentono di dire alla macchina “non voglio andare oltre il limite di velocità” e la macchina non va oltre il limite di velocità. Questo tipo di innovazioni sono fondamentali per la sicurezza stradale e dovrebbero essere l'impostazione di default.

Quando si parla di impostazioni di default non si parla del fatto che non si possano cambiare. Queste funzioni possono essere disinnescate: nel momento in cui io dovessi essere improvvisamente colto da un'emergenza assoluta per cui dovessi, in qualche modo, avere un comportamento differente, potrei comunque disinnescarle. Ma che l'impostazione di partenza non sia quella del rispetto delle regole significa che noi le regole le vogliamo far valere solo su carta, non le vogliamo mettere in pratica realmente. Mi rendo conto che è una rivoluzione copernicana, però l'innovazione ce lo consente. E fare un passo in questa direzione significa, almeno su un tema, provare ad arrivare prima del dibattito che si sta facendo a livello comunitario. Almeno sulla sicurezza delle persone, sul salvare le vite non usiamo le norme europee per rimandare, affrontiamo i temi anche a livello nazionale, cerchiamo di essere un esempio per l'Europa.

Vado veramente a concludere. Gli angoli ciechi è uno di questi casi: da metà giugno sarà possibile. Duecento persone muoiono ogni anno a causa degli angoli ciechi dei mezzi pesanti. Noi dobbiamo fare sì che quel tipo di strumentazione salvavita, che sarà obbligatoria da giugno, possa essere un'applicazione salvavita che funzioni anche per i mezzi già circolanti. Quindi, questo tema va aperto non scaricandolo sugli operatori. Serve coinvolgere gli operatori, prevedere fondi, ma bisogna salvare le vite, non possiamo consentire altri casi.

Tra le innovazioni vi sono anche i simulatori. Noi abbiamo aperto ai simulatori: se si impara a guidare gli aerei con i simulatori, questi ultimi possono aiutarci sulla formazione.

Un'ultima parola sulla formazione stradale. Chiedo veramente pochi secondi per dire che è fondamentale - ripeto, è fondamentale, fondamentale - che, una volta modificato il codice, queste modifiche siano conosciute dalle persone. Noi abbiamo chiesto una formazione permanente alla guida: quando cambiano le norme, quando cambiano le tecnologie, quando cambia il mondo intorno a noi, dobbiamo mettere le persone nelle condizioni di conoscere questi cambiamenti, di governarli e di non diventare pericoli per gli altri. Oggi, facciamo modifiche fondamentali, ma continueremo a guidare con la stessa patente che avevamo fino al giorno prima. È fondamentale che ci sia un impegno normativo, nel momento in cui andremo all'approvazione di questo testo, per fare sì che tutti noi siamo chiamati a conoscere queste nuove regole. Infatti, non farlo significa che noi vogliamo cambiare le regole sulla carta, ma non nella vita delle persone.