Discussione sulle linee generali - Relatore per la maggioranza per la IX Commissione
Data: 
Lunedì, 26 Ottobre, 2015
Nome: 
Paolo Gandolfi

A.C. 3169-A

 

Grazie Presidente, nel nostro Paese abbiamo ogni giorno dieci morti sulle nostre strade. Gli incidenti stradali sono la principale causa di morte accidentale e violenta in cui possa incorrere un cittadino italiano. Affrontare questo tema significa affrontarlo da tutti i punti di vista e, sicuramente, prima di arrivare al punto in cui arriviamo oggi, cioè quello delle pene previste per chi, a fronte di determinate condotte, possa causare la morte di terzi sulle nostre strade, ovviamente si tratta di arrivarci con altre attività, altri provvedimenti, anche semplicemente di natura amministrativa, che possano dare al nostro Paese una condizione di sicurezza sulle nostre strade e una condizione di sicurezza per i nostri cittadini, sia dal punto di vista del rischio di morte, che da quello di lesioni gravi, che sia quantomeno simile all'interno della media di quella che troviamo nei Paesi della Comunità europea e in particolare dei grandi Paesi che, per altre caratteristiche socio-economiche, sono più simili a noi. 
Purtroppo su questo no. Come dicevo, Presidente, la possibilità di ridurre il numero dei morti e il numero dei feriti sulle strade attiene sicuramente ad aspetti culturali, attiene sicuramente ad una maggiore capacità di controllo sulle nostre strade che si trovano in una situazione che noi neanche lontanamente riusciamo ad avvicinare ai livelli medi di altri Paesi dove appunto è più bassa l'incidentalità stradale e soprattutto la dannosità dell'incidentalità stradale, che oggi è l'oggetto principale della nostra preoccupazione. Dicevo che la possibilità di riduzione attiene al sistema di controlli e ad una qualità dei controlli decisamente più ampia, più robusta, più efficace. A fronte di questo esistono poi altre azioni di natura educativa, formativa e, perché no, anche regole di comportamento sulla strada e caratteristiche delle nostre strade migliori: regole più intelligenti e, al tempo stesso, strade anch'esse più intelligenti cioè più capaci di trasmettere ai vari utenti della strada – siano essi quelli più vulnerabili come i pedoni, i ciclisti, i bambini e gli anziani, che sono anche le principali vittime degli incidenti stradali, ma anche agli automobilisti – la strada stessa sia in grado di trasmettere ad essi le condizioni e l'esigenza di sicurezza che dobbiamo perseguire. Esiste poi un dubbio in una persona, come il sottoscritto, che è lontanissima dall'idea che la durezza della pena sia uno strumento per disincentivarne l'occorrenza: il dubbio che pene dure, pene severe possano non servire ad evitare fatti gravi di questa natura, io personalmente ce l'ho sempre avuto. Considero la necessità di istituire il reato di omicidio stradale, per il quale iniziamo la discussione oggi e che sarà frutto del dibattito nei prossimi giorni, prevalentemente una necessità di giustizia che sentiamo nei confronti di chi in una qualche misura è stato vittima di queste tipologie di reato. Il problema però, Presidente, è un altro: il problema è l'attuale livello sostanziale, figlio anche di differenti aspetti, comunque il livello attuale di impunità in cui si incorre nel caso in cui si provochi un omicidio stradale, in cui si provochi un morto in strada. Credo che in alcuni casi sia anche giusto che ci siano forme di impunità perché in alcuni casi le morti in strada sono effettivamente figlie di fattori che non dipendono necessariamente dalla responsabilità di uno dei soggetti coinvolti. Ci sono però dei casi in cui questa responsabilità è certa. Ci sono casi che sono statisticamente, almeno per chi si occupa di infortunistica stradale, determinati dal fatto che alcuni comportamenti, alcune condizioni di guida per loro natura sono la disposizione naturale affinché l'incidente abbia delle conseguenze gravi anche mortali. C’è una relazione diretta tra la scelta dell'utente della strada, soprattutto colui che sta utilizzando in quel momento il mezzo potenzialmente più pericoloso, e il fatto che un incidente provocato possa produrre morti o lesioni gravi, questa relazione esiste e produce una condizione specifica che l'ordinamento giuridico italiano ha ritenuto di voler classificare sostanzialmente come una aggravante della condizione del reato colposo, come una condizione di colpa grave, di colpa cosciente ma esiste una relazione molto forte che in altri ordinamenti induce a trattare questo tema già nel novero del dolo, della volontà.
Noi giustamente stiamo al nostro di ordinamento e quindi continuiamo a lavorare all'interno della fattispecie dell'omicidio colposo, però riteniamo, con questo disegno di legge, di voler introdurre una condizione particolare, che è in relazione alle condotte gravi o alle condizioni con cui ci si è messi alla guida e che quindi possono produrre quelle condotte gravi, che possa determinare questa condizione particolarmente cosciente di colpa, che vogliamo appunto punire con reati di natura penale e di natura amministrativa più gravi di quelli previsti oggi dall'ordinamento, sia dal codice penale che dal codice della strada, che li regolano rispettivamente. La chiave, quindi, è quella di riuscire a costruire una condizione tale per cui l'attuale stato di sostanziale impunità per questo tipo di reati non possa essere – e questo credo che sarebbe molto molto grave – esso stesso la causa degli incidenti, non tanto in quanto si determina una volontà specifica in relazione al fatto che si pensa di non poter incorrere in nessun tipo di pena, ma in quanto credo che complessivamente induca molti cittadini – non necessariamente le persone che noi riteniamo essere, anche a seguito degli allarmi giornalistici, principalmente responsabili, cioè persone che sono magari sotto l'effetto dell'uso dell'alcol o della droga – ad avere comportamenti che rischiano di essere considerati ordinari, normali, ammissibili, sulle nostre strade e che, invece, sono essi stessi causa di morte per soggetti terzi. 
Presidente, di questa tipologia di comportamenti ce ne sono tanti. Potevamo seguire due strade e la prima era di lasciare al giudizio la possibilità di discernere su quale comportamento effettivamente aveva provocato la morte. Le cito un caso che noi, per esempio, non prevediamo: il non assoggettare i figli alla cintura di sicurezza o all'assicurazione passeggino. Noi non li abbiamo giustamente previsti perché diventava un argomento ulteriore, ma si tenga in considerazione che, siccome è abbastanza probabile che in determinate condizioni un impatto possa produrre la morte dei figli, questo, per esempio, è un caso in cui la condotta poteva essere ritenuta grave. La strada poteva essere quella di lasciare al giudice questa possibilità, di valutare di caso in caso – come avviene in molte giurisdizioni – l'opportunità di applicare le pene più severe che noi siamo prevedendo. Abbiamo ritenuto, invece, di seguirne una diversa, cioè quella di determinare sostanzialmente noi, dentro la legge, le fattispecie in cui si incorre nel caso di omicidio stradale, graduandole su due livelli diversi. Il primo prevede una condizione di forte gravità, a cui abbiamo assegnato lo stato di ebbrezza – almeno quello ritenuto più grave, cioè superiore a 1,5 grammi – e lo stato di alterazione psicofisica dovuto all'uso di sostanze stupefacenti. Poi, abbiamo costruito una seconda fascia di gravità intermedia, che riguarda le fasce intermedie di questo tipo di stato di alterazione da alcol e da droga, più altre fattispecie, in cui è evidente che vi è una scelta specifica da parte del conduttore del veicolo nell'infrangere il codice della strada e di farlo in una condizione tale per cui statisticamente si è dimostrato che ricorrono i morti sulle strade. Le ho fatto prima un esempio di quello che non abbiamo previsto e che può essere ritenuto grave altrove, ma che noi, per la nostra cultura generale, abbiamo ritenuto non fosse il caso di normare, le faccio a questo punto un esempio di quelli che abbiamo ritenuto di normare. Lo dico perché, in realtà, nel dibattito c’è stata la possibilità, al Senato e qui, e immagino che ci sarà ancora, di modificare queste fattispecie. Gliene cito una: il sorpasso di un'auto, di un veicolo fermo o che sta rallentando in corrispondenza delle strisce pedonali nel momento in cui un pedone sta attraversando è statisticamente una delle principali cause di morte del pedone. 
I pedoni nel nostro Paese muoiono molto di più sulle strisce pedonali che altrove, a dimostrazione che se muoiono è perché ci sono dei comportamenti lesivi. Siccome anche in questo caso, pur di fronte sempre e comunque ad un'infrazione del codice della strada – perché l'automobilista se investe un pedone sulle strisce comunque sta violando il codice della strada –, ci sono delle condotte più gravi e delle condotte meno gravi. Quella che noi riteniamo grave, quindi punibile con quella fattispecie intermedia che il provvedimento in oggetto introduce, è il sorpasso, cioè si compie non solo un'infrazione che può anche essere figlia di una disattenzione, ma si compie un atto volontario nel contesto in cui la morte di un soggetto terzo è più probabile, se non certa nel caso in cui si trovi in quel punto; ciò, anche perché il sorpasso per sua natura impone un aumento della velocità del veicolo e probabilmente anche il superamento dei limiti stessi. Ci sono poi una serie di fattispecie aggravanti che incorrono nel momento in cui ci sia la sommatoria di alcuni di questi fattori: l'assenza della patente, piuttosto che una tipologia di patente che permetta l'uso di veicoli per il trasporto delle persone e così via. Insomma, un quadro che riteniamo nel suo complesso essere in grado di recuperare quel deficit di giustizia che a mio giudizio dovrebbe muoverci tutti verso una maggiore attenzione per questo tipo di reati, ma anche e soprattutto un deficit di attenzione nei confronti di quella che è la principale causa di morte nel nostro Paese, a cui le risposte – evidentemente non è un mio giudizio in questo caso, ma un giudizio oggettivo – che siamo stati in grado di dare finora, in tutti i settori che ho citato all'inizio della mia relazione, sono oggettivamente insufficienti. Il fatto che l'impunità possa essere uno dei fattori non tanto incentivanti perché io non ho mai usato questo termine, ma che costituiscono quella condizione complessiva di leggerezza nel considerare alcune infrazioni stradali che invece riteniamo gravi e che vogliamo per questa ragione introdurre specificamente nel provvedimento in maniera tale che, come dire, il primo approccio verso questo argomento avvenga anche individuando e indicando quelle che sono le fattispecie gravi, il fatto che l'impunità rispetto a questo comportamento possa indurre ognuno di noi, quindi non necessariamente i principali soggetti per la loro condotta possono essere considerati i destinatari di questa norma, tendenzialmente tendiamo a concentrare l'attenzione sui fatti più gravi, sulle condizioni, sulle alterazioni più gravi – lo ribadisco –, invece bisogna trovare una chiave che alzi il livello complessivo di consapevolezza di tutti gli automobilisti italiani e di tutti gli utenti della strada perché naturalmente la norma si rivolge a tutti loro.
Questo ad una sola finalità che è quella di ridurre anche con questo strumento sulle strade del nostro Paese il numero di morti e riportarli ad un obbiettivo ragionevole che possa effettivamente essere ricondotto solo ed esclusivamente ai casi di fatalità che questo provvedimento non tratta e su cui noi non abbiamo intenzione di intervenire perché non sono effettivamente frutto di volontà e di comportamenti specifici di singoli soggetti.
Per questa ragione, signor Presidente, auguro a quest'Aula una buona discussione, una discussione serena, ma soprattutto auguro di poter arrivare rapidamente all'approvazione di questo atto che molti cittadini attendono.