Discussione sulle linee generali - Relatore per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 22 Febbraio, 2016
Nome: 
Roberto Rampi

A.C. 3317-3345-A

Buon pomeriggio, Presidente e colleghi. Arriva oggi in Aula, finalmente io dico, un provvedimento a cui abbiamo lavorato molto come Commissione cultura e con tutti i gruppi parlamentari negli ultimi mesi. Un provvedimento che appartiene a quei provvedimenti a cui chi fa politica ambisce magari per una vita a mettere mano e che fanno tremare i polsi perché il tema è niente poco di meno che il pluralismo dell'informazione, cioè un tema cruciale, fondante; è un tema alla base di una democrazia. Infatti, se non c’è informazione, se non c’è conoscenza, se non c’è diritto alla conoscenza, se non c’è pluralismo, la democrazia non esiste. La politica è fatta anche di questo, è fatta di affrontare delle grandi tematiche e provare a farle cadere nella concretezza di provvedimenti che sono sempre limitati, legati al tempo, alla contingenza, allo spazio, alle disponibilità delle risorse. Però si prova a dare finalmente una risposta e una risposta che viene da un lungo percorso.  Infatti, questo tema il Parlamento italiano lo affronta per la prima volta negli anni Ottanta; poi negli anni Duemila ci sono processi di revisione significativi e nel 2010 un passaggio cruciale vede un ripensamento del sistema di contribuzione all'editoria che poi, per dirla chiara, significa ai piccoli giornali soprattutto. E, poi, successivamente al 2010 il Parlamento prova a fare esattamente quello che tentiamo di fare noi oggi, cioè un provvedimento di legge complessivo di delega e di riordino che dia uniformità al settore. Però questo provvedimento non arriva a compimento. Ecco, noi come primo obiettivo ci poniamo oggi quello di non ripetere quell'esperienza e, quindi, ci siamo dati un tempo importante di ascolto del mondo là fuori innanzitutto, di tutti gli operatori di questo settore, con audizioni in Commissione significative e di ascolto delle diverse forze politiche qua dentro. Poi, però, a un certo punto c’è il tempo della decisione, della scelta e dell'assunzione di responsabilità perché, appunto, il provvedimento deve arrivare a conclusione e perché noi sappiamo che questo settore è un settore che oggi rischia ogni giorno che passa di vedere una testata che muore. Parliamo di piccole testate locali; parliamo dell'ossatura della democrazia del Paese; parliamo di chi compie ogni giorno atti d'inchiesta e di indagine e magari svela qualche cosa di drammatico che riguarda il sistema della criminalità, il sistema della violenza sull'ambiente. Quindi, sono temi fondamentali. 
Che cosa prevede il nostro provvedimento ? Il nostro provvedimento prevede innanzitutto una ridefinizione della platea che può accedere a questi contributi secondo due linee di fondo: una maggior trasparenza sicuramente e una maggiore definizione, appunto, della piccola editoria, utilizzando in particolare il tema del no profit e delle cooperative di giornalisti, quindi di editori che sono giornalisti essi stessi come soggetto chiave di questo riferimento. Si pensa, quindi, appunto, alla piccola editoria escludendo in maniera molto secca e molto chiara, sia i fogli di partito, sia le società quotate in Borsa. Quindi, insomma, si interviene anche rispetto a quelli che sono stati degli scandali del passato che hanno fatto male a questo settore. Qualcuno dice che a volte in questo settore c’è una mitologia. Ecco, la mitologia in realtà è una cosa positiva. Nella storia dell'uomo la mitologia ha dato degli elementi per indicare la rotta, per dire dove andare. Più che una mitologia c’è una superstizione, cioè si continua a parlare di cose che non ci sono più e si pensa che bisogna intervenire in questo campo. Queste cose sono state combattute, ma oggi portare a sistema un progetto come questo è fondamentale per garantire appunto la chiarezza e la trasparenza e, quindi, per aiutare questo settore. 
Dall'altro lato, si lavora per garantire che al contributo pubblico corrisponda una capacità economica, una capacità imprenditoriale, una reale esistenza e, quindi, si misurano le copie vendute, si misura la capacità di raccogliere fondi diretti da parte di queste realtà e si accompagna tutto questo settore, che in parte ha già intrapreso ovviamente questo cammino, verso l'era del digitale; si tratta di un'era che non è iniziata oggi, ma che è ampiamente iniziata da tempo e che, però, in questo settore comporta una trasformazione che è cruciale. Infatti, è chiaro che oggi se noi guardiamo alla realtà dell'informazione, dei giornali, eccetera, vediamo che ormai gran parte dell'informazione vive anche o solamente in rete, nell’online, che c’è un grande tema di che cos’è l'informazione online e di come aiutare l'informazione online ad essere forte, ad essere fondata, ad avere riferimento alle fonti. Quindi, l'idea di portare tutte queste testate, in maniera vincolante per poter accedere al contributo pubblico, ad essere anche testate online, ad essere anche digitali e accompagnarle nei costi di ripensamento che questo comporta, è uno dei settori cruciali. 
Tutto ciò pensando e guardando al tema del mercato, che non è la panacea di tutti i mali, ma nemmeno il grande nemico da combattere. Pertanto, ci sono nella vita del mercato delle storture e degli elementi di manchevolezza su cui è utile che il pubblico intervenga. In particolare, questa legge nasce proprio pensando a questo, cioè che se esistono realtà del Paese – e ne esistono – dove da sola una cooperativa di giornalisti, una realtà imprenditoriale, una realtà no profit, non ce la fa e, quindi, c’è il rischio che in quella realtà del Paese non esista più nessuna voce o ne esista una sola, allora ha senso un intervento secondo criteri molto ben definiti da parte del pubblico per tenere accesa quella voce. 
L'intervento poi si sposta, ovviamente e giustamente, a tutto il resto della filiera di questo settore e, quindi, riguarda anche la rete di distribuzione: i distributori, le edicole, i punti vendita. Infatti, se noi lavoriamo per tenere vive delle testate, per fare in modo che esistano, se noi lavoriamo perché ci siano dei giornalisti – magari dei giovani giornalisti, in particolare dei giovani giornalisti – che scrivano dei pezzi, noi, però, dobbiamo poi fare in modo che quello che loro scrivono effettivamente qualcuno lo vada a stampare, qualcuno lo vada a raccogliere, qualcuno lo porti in un'edicola e qualcuno lo venda. Quindi, c’è un processo complicato di intervento in questo settore, su cui noi pensiamo di avere avuto, forse per la prima volta, le orecchie attente pensando a degli interventi. 
C’è poi un intervento importante che riguarda il settore dei giornalisti in maniera più complessiva. In particolare, si tratta di una revisione dell'ordine dei giornalisti, del suo consiglio nazionale secondo un principio di razionalizzazione delle competenze e anche dei numeri, ma non per una battaglia ideale verso i grandi numeri e piccoli numeri e anche relativamente ai fattori di costo che comportano, che pur non sono irrilevanti, ma perché noi pensiamo che si possa far crescere l'autorevolezza di quel luogo. Altri propongono progetti diversi, noi pensiamo che questo sia un elemento cruciale, anche in questo caso in una logica di accompagnamento del cambiamento, di guida del cambiamento, nel senso di avere la capacità di affrontare i tempi in cui viviamo con strumenti che siano adeguati a quei tempi. 
Si interviene anche sul tema dei prepensionamenti di questo settore con un criterio di razionalità, che dice che laddove c’è bisogno di un intervento pubblico e, quindi, di contributi, di risorse che sono di tutti, ci deve essere poi, però, un rigore, ci deve essere un accompagnamento verso una condizione più simile a quella di tutti i lavoratori, ci deve essere la certezza che se qualcuno, purtroppo, è stato accompagnato fuori dal mondo del lavoro ed è andato in prepensionamento non ritorni poi, qualche giorno dopo, a lavorare dello stesso settore dello stesso giornale perché questo sarebbe sbagliato. 
Noi abbiamo cercato di lavorare in Commissione. Mi permetta, Presidente, come relatore, di raccontare, di relazionare all'Aula di un clima molto positivo, che ha sentito tutte le forze politiche, ovviamente ognuna partendo da impostazioni anche molto differenti. Però, mi sembra di poter dire – credo che sia utile dirlo all'Aula – che da più parti abbiamo raccolto, comunque, un sentire comune e sarebbe strano che così non fosse nei confronti del pluralismo, che è un tema fondamentale. Ognuno poi pensa giustamente di intervenire in maniera differente. 
C’è ed è forte il tema della delega. Allora, noi abbiamo affrontato questo tema di petto. Naturalmente noi riteniamo che in questo settore le deleghe al Governo siano fondamentali, per un motivo molto semplice: perché si tratta di dare alla norma quel valore universale e, però, permetterle di misurarsi con la concretezza delle situazioni che, via via, si trasformano. Pertanto, se noi possiamo definire molto bene i principi a cui vogliamo arrivare, via via che questi principi che ricadono nella realtà e nella quotidianità, ci sono anche delle trasformazioni nel settore che devono permettere, con i decreti attuativi che possono cambiare e che, ogni volta che cambiano, però, ritornano alle Commissioni parlamentari per il loro parere, di introdurre anche dei correttivi, proprio per fare il contrario di quello che a volte si pensa rispetto alla delega. Infatti, il Parlamento dà un indirizzo; il decreto attuativo prova a concretizzare quell'indirizzo; se il risultato, se l'esito di questa concretizzazione non corrisponde all'indirizzo, c’è lo spazio e c’è la possibilità di intervenire e di correggere. Allora, se noi guardiamo a questo in maniera non ideologica, ma con rigore, vediamo che in questo caso questa è la logica di queste deleghe, ma, proprio perché questa è la logica, si è cercato, anche nel lavoro di Commissione, moltissimo nel lavoro di Commissione, di rafforzare il dettaglio, l'indirizzo fino, in alcuni casi, a un livello di rigore e di determinazione molto forte delle deleghe stesse.  Vado a concludere su un ultimo tema che, secondo me, è importante ed è cruciale. Abbiamo raccolto in queste settimane, in particolare dagli altri gruppi, diverse indicazioni che riguardano il fondo che viene costituito con questo provvedimento e che riguardano, in particolare, l'attenzione verso i lavoratori di questo settore e il fatto che chiunque voglia accedere a un contributo pubblico debba, in maniera rigorosa e chiara, non solo formalmente, ma sostanzialmente rispondere a tutti gli obblighi contrattuali che ha nei confronti dei propri lavoratori, rispetto al tema della trasparenza, rafforzando le norme in questo senso. Adesso inizia un lavoro d'Aula. L'approccio che avremo verso l'Aula sarà un approccio di ulteriore apertura. Questa è una proposta di legge che non è partita per nulla blindata; sono stati accorpati due testi; si è fatto un lavoro forte di unione dei due testi; in Commissione sono stati recepiti moltissimi emendamenti; oggi ne sono stati presentati altri; anche a questi emendamenti guarderemo con attenzione al merito e vedremo di recepirne il numero maggiore possibile. Questo perché siamo convinti che dobbiamo consegnare all'altro ramo del Parlamento, al Senato della Repubblica, in tempi brevi – perché ormai ci siamo –, un risultato molto rigoroso. Poi, anche il Senato della Repubblica, ovviamente e naturalmente, farà il suo lavoro.
In conclusione, io penso che noi abbiamo ancora diversa strada da fare in questo lavoro d'Aula. Credo che siamo arrivati a un punto importante. Credo che abbiamo provato davvero a tenere aperto l'ascolto di tutte le voci. Io vorrei che anche la discussione di oggi e quella dei prossimi giorni si tenesse, però, su un criterio di fondo: ci sono questioni che non condividiamo, non raccontiamoci cose che, invece, non esistono. Noi non abbiamo nessun grande quotidiano sostenuto da questo provvedimento e non l'abbiamo amici o nemici da sostenere. Noi dobbiamo solo intervenire su un settore cruciale per il Paese e farlo con il rigore massimo possibile, perché, quando si parla di contribuzione pubblica e quando si parla di risorse di tutti, bisogna essere davvero rigorosi. 
Ma dobbiamo rispondere a una domanda che ci siamo fatti in tutti questi mesi e con tutti: il settore dell'informazione è davvero solo ed esclusivamente un settore in cui si parla di un prodotto, per cui, laddove c’è mercato, bene, siamo a posto così e, laddove non c’è mercato, fa nulla, ci sarà un prodotto in meno da vendere ? Ecco, noi pensiamo che questo non sia vero. Questo è un settore che è insieme prodotto e servizio. È un servizio essenziale, cruciale e primario. Il diritto alla conoscenza è un diritto primario dell'uomo, è un diritto fondamentale che distingue una democrazia dall'altra. Qualcuno mi ha chiesto: voi pensate, con questa legge, di migliorare la condizione della democrazia in Italia, come viene rilevata dalle statistiche ? Noi abbiamo anche questa ambizione. Magari la miglioreremo solo di poco, però noi abbiamo l'ambizione di procedere passo dopo passo e di procedere, però, passo dopo passo nella giusta direzione.