Discussione generale
Data: 
Lunedì, 14 Luglio, 2025
Nome: 
Giovanna Iacono

A.C1447-A

Grazie, signor Presidente. Oggi discutiamo un provvedimento molto semplice nella forma e nella sua struttura, ma che è assai significativo. Si tratta, infatti, dell'istituzione della Giornata nazionale in memoria dei giornalisti uccisi a causa dello svolgimento della loro professione.

Come è noto, il 3 maggio è già la Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita dall'Unesco nel 1991 e adottata dalle Nazioni Unite nel 1993. La proposta, oggetto della nostra discussione, si compone di un solo articolo e intende riconoscere formalmente, a livello nazionale, nello stesso giorno, la Giornata nazionale della memoria, riempiendo così un vuoto istituzionale e consolidando il valore della libertà di stampa come pilastro della nostra democrazia.

Si tratta di un atto doveroso, un segno di rispetto, ma che dev'essere anche un impegno concreto verso la vera libertà di stampa, che non è un diritto di una categoria, ma è un bene collettivo.

Con questa proposta verrà certamente fatto un passo avanti nel nostro Paese: si darà un riconoscimento alla memoria di chi ha pagato con la vita il coraggio di raccontare la verità. Per tutti quei giornalisti uccisi per aver fatto il loro lavoro. È una proposta che nasce da una necessità profonda: riconoscere e onorare il sacrificio di quegli uomini e quelle donne, che - armati soltanto dai loro attrezzi del mestiere: il loro taccuino, la loro penna, la loro macchina fotografica e la loro telecamera - hanno perso la vita per garantire, a tutte e a tutti noi, un diritto fondamentale, quello di essere informati e di avere un'informazione libera e indipendente.

È un atto doveroso: perché la libertà di stampa è la libertà, di tutte e tutti noi, di sapere, di capire e di scegliere; perché rappresenta uno di quei pilastri che tengono in piedi la nostra democrazia. Libertà di stampa e cultura libera sono due dimensioni che camminano insieme e che, quando vengono minacciate, mettono a rischio la qualità stessa della nostra convivenza civile. Parlare di libertà di stampa come facciamo oggi non è solo un rito e non dev'essere un esercizio di retorica. Deve camminare insieme all'impegno politico, civile, intellettuale e morale. Significa ricordare che non c'è libertà vera senza il diritto di informare e di essere informati. Significa ribadire che il lavoro dei giornalisti è un servizio essenziale per la collettività.

Ma la libertà di stampa non vive nel vuoto, ha bisogno di un ambiente favorevole, di una società che sappia leggere, confrontarsi, porsi domande. Ed è qui che entra in gioco anche la garanzia di avere, così come l'informazione, una cultura libera, che non può essere sottoposta al controllo politico. Cultura libera come possibilità di produrre, diffondere e accedere alle idee, ai saperi, alle arti e anche all'informazione, che è la condizione per avere cittadini consapevoli, capaci di interpretare la realtà e non di subirla. Un'informazione libera ha bisogno, quindi, anche di lettori preparati, di cittadini curiosi, di scuole che insegnino a distinguere i fatti dalle menzogne; ha bisogno anche di biblioteche aperte, di teatri vivi, di cinema che raccontino storie, di festival, editori indipendenti e autori liberi di scrivere senza censure, né autocensure.

Noi non possiamo lasciare soli i giornalisti e non possiamo lasciare soli nemmeno gli insegnanti, gli artisti, i bibliotecari, gli editori. Chi difende la libertà di parola, di ricerca e di critica, difende tutte e tutti noi. Ed è per questo che serve coerenza, non bastano solo le parole. Servono leggi che difendano chi scrive, chi racconta, chi indaga. Servono risorse vere per la scuola, per le biblioteche, per la ricerca. E servono anche misure contro le querele temerarie, contro l'odio online, contro la concentrazione pericolosa delle testate nelle mani di pochi. E serve, sopra ogni cosa, l'impegno di tutte e tutti noi, di chi fa politica, di chi amministra, di chi insegna, di chi informa. Perché un Paese dove la stampa è libera e la cultura è viva, è un Paese che non ha paura del suo futuro. Perché senza giornalisti liberi e senza cultura libera, la democrazia rimane una parola vuota, e noi questo non possiamo permettercelo.

Questa Giornata colma un vuoto istituzionale, rende omaggio a chi non ha piegato la testa davanti alle minacce, alle mafie, alla corruzione, alle guerre, a chi ha scelto di raccontare ciò che molti volevano tenere nascosto. Ci sono molti giornalisti italiani che hanno perso la vita a causa del loro lavoro, sia in Italia, che all'estero. Alcuni sono stati uccisi dalla mafia o dal terrorismo, altri mentre erano in missione in zone di guerra o di conflitto. L'elenco di quei giornalisti italiani, uccisi per la loro professione, è lungo e molto doloroso, e ricorda il coraggio e il sacrificio di chi ha dedicato la propria vita alla ricerca, alla verità e all'informazione, di chi credeva nel potere delle parole.

Io vorrei ricordare alcuni di loro che, per questa libertà, hanno pagato il prezzo più alto. E inizio da due giovani giornalisti, assassinati entrambi dalla violenza mafiosa a distanza di pochi anni: Peppino Impastato, giornalista siciliano, conduttore radiofonico e attivista, ucciso dalla mafia, in Sicilia, nella notte di quel 5 maggio del 1978, in cui la violenza mafiosa e quella terroristica sconvolsero l'Italia; Giancarlo Siani, ucciso dalla Camorra a soli 26 anni perché raccontava la verità, ucciso perché aveva scoperto legami tra personaggi politici e camorristici di Torre Annunziata, era solo un giovane che svolgeva bene il proprio lavoro.

Uccisi entrambi per ridurli al silenzio, per cancellare le loro inchieste, per far dimenticare le loro denunce, per interrompere quel flusso di informazioni che riuscivano a fare arrivare all'opinione pubblica. Ma quelle voci e quelle testimonianze continuano ancora a parlare a intere generazioni.

E ancora ricordo: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, assassinati in Somalia mentre indagavano su traffici di armi e rifiuti; Maria Grazia Cutuli, cronista di guerra caduta in Afghanistan durante un reportage di guerra; Antonio Russo, ucciso mentre documentava i crimini in Cecenia; Raffaele Ciriello, morto in Cisgiordania durante un attentato; così come Enzo Baldoni, rapito e ucciso in Iraq; Fabio Polenghi ucciso a Bangkok durante le proteste del 2010; Graziella De Palo e Italo Toni, scomparsi nel 1980 e mai più ritrovati. Sono tanti, troppi, troppe donne e troppi uomini che non hanno avuto protezione sufficiente, ma che non hanno rinunciato a fare il proprio dovere.

Questo passaggio normativo quindi è un atto doveroso perché in Italia, come nel resto del mondo, troppo spesso ancora i giornalisti pagano con la loro vita il loro impegno per raccontare i fatti, per denunciare illegalità, per portare alla conoscenza di tutte e di tutti verità anche scomode. E quando a questo si aggiunge un clima di minacce e intimidazioni, di querele-bavaglio verso di loro, la società si impoverisce due volte: perde la libera informazione e perde la verità. I dati sono molto chiari, secondo l'osservatorio Ossigeno per l'informazione solo nel 2024 in Italia ci sono stati 516 episodi di minacce e intimidazioni contro i giornalisti, avvertimenti, aggressioni verbali, campagne di odio, querele bavaglio.

A livello europeo, la piattaforma del Consiglio d'Europa ha documentato oltre 2.000 violazioni gravi dal 2015 ad oggi e solo quest'anno se ne contano già 219. Noi non possiamo fingere che non ci riguardi e non possiamo permettere che il giornalismo libero diventi un lavoro di frontiera da pagare con la paura o con la vita. Questi numeri ci ricordano, signor Presidente, che la libertà di informare non è ancora pienamente garantita e va difesa e va difesa ogni giorno. Questa giornata non deve essere solo una giornata di commemorazione, ma deve essere anche un momento di formazione e di sensibilizzazione. Per questo la proposta, grazie anche al lavoro emendativo rispetto alla prima stesura e in Commissione, al comma 5 prevede che il 3 maggio sia anche un'occasione di riflessione negli istituti scolastici, nelle università, nelle piazze, attraverso incontri, convegni per spiegare ai giovani cosa significhi informare in modo libero, giornate che valorizzino la libertà di stampa e il ruolo svolto dall'informazione; e al comma 6 prevede che possano essere promosse campagne contro l'odio, contro il linguaggio dell'odio e le minacce soprattutto contro le giornaliste.

Un cittadino informato è un cittadino più difficile da manipolare, più resistente alle menzogne e in un tempo in cui le fake news corrono veloci, velocissime, in cui le verità scomode si provano a mettere a tacere dobbiamo ricordare che senza informazione non c'è democrazia. Come diceva Giancarlo Siani, la verità non è mai inutile e allora ripetiamolo ai ragazzi, abbiamo il dovere di ripeterlo a loro, facciamolo entrare davvero nelle scuole.

Un'ultima riflessione, signor Presidente, questa giornata sarà certamente un simbolo, ma perché non resti solo una ricorrenza vuota, a una giornata della memoria servono azioni concrete. Il Partito Democratico ha sostenuto e sostiene questa proposta di legge e oggi confermiamo il nostro voto favorevole, ma chiediamo al Governo di assicurare risorse reali per le campagne di comunicazione e di contrasto all'odio verso i giornalisti e in particolare verso le donne, che troppo spesso subiscono minacce e violenze doppie. Non possiamo permettere che sia solo retorica, dobbiamo quindi garantire strumenti, protezione, cultura e libertà e dobbiamo farlo insieme, perché senza i giornalisti liberi non c'è cittadinanza libera e non ci può essere democrazia.