Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 22 Marzo, 2023
Nome: 
Andrea Rossi

Doc. XXII, n. 7-A

Grazie, Presidente. In apertura, mi sia concesso di esprimere, penso anche a nome del gruppo del Partito Democratico, una sincera vicinanza umana e personale alla famiglia di David Rossi, alla moglie Antonietta Tognazzi, a Carolina Orlandi e ai familiari tutti per il dolore per la perdita di un caro che, non essendo avvenuta per circostanze naturali, ne risulta più difficile, personalmente, la comprensione e la ragione.

In un caso come questo, poi, la perdita di una persona cara, ad oggi, ancora non ha trovato e forse non troverà tutte le risposte che merita, risultando umanamente quindi comprensibile la ricerca di verità, il bisogno di verità anche a dieci anni di distanza da quel 6 marzo 2013.

È un fatto di cronaca, accaduto in un momento particolare vissuto dalla città di Siena e dalla sua banca, in un contesto socio-economico fortemente segnato dalla crisi MPS, la più antica banca in attività e la più longeva al mondo.

Per la sua secolare storia è stata punto di riferimento e anche luogo di potere della città senese. Si tratta di una crisi che ha iniziato a manifestarsi con la bancarotta del 2008 della Lehman Brothers, l'acquisizione di Banca Antonveneta e altre operazioni che hanno portato a diverse inchieste giudiziarie nel corso degli anni, con il cambio del management avvenuto nel 2012.

Per far capire meglio questo contesto, che non è secondario, evidenzio questo passaggio della relazione finale. “Un rapporto - scrive la relazione finale - che si potrebbe definire “viscerale” e “filiale”, a tal punto che la banca veniva scherzosamente chiamata “Babbo Monte”. La solidità e la ricchezza della banca pervadevano ogni aspetto della vita economica e sociale della città”. Ecco, il caso David Rossi, portato alla ribalta dalla cronaca nazionale in virtù di alcune inchieste giornalistiche, trasmissioni televisive e libri, seguendo la richiesta di una famiglia che per dieci anni ha cercato di capire e comprendere fino in fondo la verità su quella vicenda, non poteva essere assolutamente separato dalla vicenda di MPS, visto il ruolo di primo piano all'interno del gruppo, l'amicizia con l'ex presidente Mussari e la conferma, caso quasi unico, in un ruolo dirigenziale, anche con il cambio di gestione al vertice, a testimoniare appunto quelle qualità professionali, che sono state riconosciute, dello stesso David Rossi.

Oggi, quindi, siamo chiamati ad esprimerci sull'istituzione di una Commissione di inchiesta analoga, che si rifà a quella che è stata un'esperienza di lavoro svolto nella precedente legislatura, che compì un importante lavoro, significativo non solo in termini assoluti di lavoro, come ci ha ricordato prima il collega Fornaro, ma anche da un punto di vista della qualità stessa del lavoro svolto, anche se, troppo spesso, con un'attenzione mediatica che ha rischiato di influenzare, non sempre positivamente, il mandato della Commissione, con un susseguirsi di attenzioni eccessive.

L'obiettivo che la Commissione si era data con la sua istituzione era di ricostruire in maniera puntuale i fatti, le cause e i motivi che portarono alla caduta di David Rossi dalla finestra del proprio ufficio nella sede del Monte dei Paschi di Siena di Rocca Salimbeni e le eventuali responsabilità di terzi; esaminare e valutare il materiale raccolto dalle inchieste giornalistiche sulla morte di David Rossi e indagare sulle vicende a lui collegate, come denunciate e rese pubbliche attraverso le medesime inchieste; verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano cagionato o cagionino ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale di eventuali responsabilità relative alla morte di David Rossi.

È quello che abbiamo fatto, studiando, istruendo il materiale di due fascicoli, ben due fascicoli aperti per il reato di istigazione al suicidio presso la procura di Siena nel 2013 e nel 2017, poi archiviati dal giudice; le lunghe audizioni dei magistrati delle procure di Siena e Genova, le decine di funzionari dello Stato, tra Carabinieri e Polizia, intervenuti quella sera, i familiari, i giornalisti protagonisti delle diverse inchieste, i dirigenti e i dipendenti della banca, familiari e persone che, a vario titolo, potevano essere interessate, coinvolgendo una decina di consulenti con varie qualifiche e professionalità, ma, soprattutto, quella maxi-perizia, sulla quale, poi, mi riservo un passaggio in un secondo momento, sul finire.

Come gruppo del Partito Democratico, Presidente, abbiamo approcciato alla Commissione senza pregiudizio, senza una verità precostituita, senza certezze, studiando gli atti, seguendo il lavoro della magistratura, attenti all'ascolto e al confronto, quel confronto, purtroppo, che è mancato, causa la chiusura anticipata della legislatura che ha fatto sì che non si partecipasse al voto finale della relazione, proprio perché non abbiamo avuto il tempo materiale di discutere, come commissari, su una relazione corposa di 126 pagine, frutto del lavoro sicuramente importante, ma non esaustivo, dei consulenti.

E ci chiediamo oggi perché noi abbiamo proposto 18 mesi. Io, intanto, eviterei retropensieri e stupide accuse; anche questo non è, scusate, un fatto politico, ma stiamo parlando di un fatto di cronaca, così per chiarire. Semplicemente, la richiesta era perché chi ha vissuto quella Commissione nella precedente legislatura, che ha esperito, in 14 mesi, una mole di lavoro significativa e molto, seppur non del tutto, esaustiva, immaginava che si potesse fornire un tempo per consentire di concludere i lavori bene e in tranquillità, per addivenire a una relazione da portare in quest'Aula, consegnando alla magistratura competente la documentazione prodotta come fattivo contributo alla ricerca di verità.

Noi pensavamo che fosse utile e produttivo. Come vedete, quindi, quell'emendamento, per un inserimento di una durata temporale diversa rispetto alla fine legislatura, come avvenne per la Commissione Regeni, trae la sua natura da ragioni molto semplici, come ci ha ricordato il collega Fornaro, in quella che è l'autonomia di un lavoro legislativo che non deve lasciare dubbi e retropensieri.

Per mera cronaca, vorrei segnalare che il 16 settembre dello scorso anno, a conclusione dei lavori, in un virgolettato sul quotidiano La Nazione, il presidente dell'allora Commissione Zanettin, al quale riconosco il merito di aver operato molto bene nel suo ruolo, dichiarava: “Ci sono aspetti che andranno approfonditi. Speriamo chiarisca tutto la magistratura, rendendo superflua una nuova Commissione di inchiesta”. A testimonianza, quindi, del grande lavoro di indagine svolto secondo i presupposti dell'articolo 82 della nostra Costituzione.

L'impegno del Partito Democratico in questa Commissione non sarà, come è stato per la precedente, figlio di alcun pregiudizio e, come abbiano fatto nella precedente legislatura, lavoreremo per portare un contributo vero, utile a ricercare altri dettagli di verità, mettendo a fuoco alcune situazioni che la conclusione anticipata della legislatura, non ci ha consentito di completare. E penso, per esempio, alla volontà di comprendere fino in fondo le ragioni di quelle indagini iniziali, che, purtroppo, sono state fatte in modo a dir poco leggero, indagini che hanno, purtroppo, determinato e fatto crescere negli anni successivi, nelle inchieste giornalistiche, dubbi e incertezze.

Vorremmo capire cosa è successo, se è successo qualcosa quel 6 marzo, nelle ore precedenti alle 19,42, che possa aver provocato quelle ecchimosi che il collegio medico-legale ha definito non congrue con l'impatto al suolo, non compatibili col meccanismo di caduta, per loro retrodatabile al massimo alle 12-24 ore precedenti.

Vorremmo capire se la vita di Rossi, come dice sempre la perizia del collegio medico legale indicato dalla nostra Commissione, se ci fosse stata una richiesta di soccorso anticipato non si sarebbe spenta durante la caduta e si sarebbe potuta salvare; oppure, come giustamente ha indicato la collega di Forza Italia, Annarita Patriarca, nella discussione generale, sarà importante continuare a svolgere delle audizioni nella forma dell'esame testimoniale, anche con il confronto dei soggetti dichiaranti; oppure audizioni per esplorare la vicenda concernente il rinvenimento all'interno della pendrive da cui vennero originariamente riversate le immagini di un video estratto da una seconda telecamera; oppure l'audizione, appunto, per capire le ragioni del perché in loco in quel momento c'erano persone che non sono risultate negli atti delle prime inchieste; oppure, infine, gli accertamenti non svolti.

Giova richiamare che noi avevamo chiesto una verifica di natura giuridica, economica e finanziaria delegata dalla Commissione al nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza sul patrimonio e sulla complessiva situazione economica e finanziaria di David Rossi. Noi crediamo che ci sia la possibilità e il dovere per questa Commissione di mettersi all'opera per portare la verità.

Però, anche qui, mi faccia dire l'ultima cosa, Presidente. Noi dobbiamo cercare la verità e non una verità e questo è un discrimine. Sempre ieri, durante la discussione generale, ho riscontrato alcune affermazioni un po' forti in quest'Aula, secondo cui addirittura si certificherebbe, in una perizia, che, oltre ad essere stato aggredito e picchiato, Rossi sarebbe stato anche spinto contro la propria volontà fuori dalla finestra e tenuto sospeso nel vuoto. Oppure si dice ancora che l'orologio, invece di essere al polso di Rossi, è caduto solamente 20 minuti dopo. Vedete, dunque, il lavoro prezioso di professionisti e di rappresentanti delle Forze dell'ordine, a partire dal RIS, con i reparti anche del ROS e del Racis, di un collegio medico legale di primo livello e del DIMA dell'Università “La Sapienza”, che, comunque, hanno iniziato a porre con chiarezza affermazioni che sono inconfutabili.

Sempre quelle relazioni ci dicono, attraverso la verifica del manichino antropomorfo virtuale, che David Rossi si lascia cadere nel vuoto con la parte anteriore verso il palazzo con un moto a candela. Altre ipotesi con la presenza di terzi riproducono ipotesi non compatibili con la dinamica della caduta. Quindi, ci dicono che è inverosimile la presenza di terzi che lo tenevano a penzoloni.

Nel frame 6596 del filmato originale il sospetto che sia l'orologio è in realtà una goccia d'acqua. Quelle che sono luci proiettate, che alcune inchieste hanno valutato come luci che fermavano il passaggio in vicolo di Monte Pio, non sono altro che il transito delle auto.

Dunque, l'azione della perizia ha già iniziato a mettere chiarezza. Ci sarà ancora lavoro da fare, però ribadisco che il Partito Democratico cercherà di lavorare per la verità e non per una verità.