Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 21 Luglio, 2020
Nome: 
Paolo Siani

A.C. 2070 e abbinate

Onorevoli colleghi, ha terminato l'onorevole Bellucci, dicendo che ci sono tante esperienze nel nostro Paese eccellenti - tante, tante -, ma poi c'è, come sempre, qualcosa che non va: prima premessa. La seconda premessa è che non toccherà a questa Commissione dare giudizi, ma piuttosto comprendere e capire che cosa c'è che va o che non va. Guardate, è certamente un evento tragico, sempre, allontanare un bambino dalla propria famiglia. Io ho visto gli occhi di quelle mamme e di quei papà quando io segnalavo alle forze dell'ordine un maltrattamento o un abuso; chiedevano aiuto e vedevo la tragicità in quegli occhi. Ebbene, tutti avete richiamato nella discussione generale, la Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Questa Commissione afferma una cosa, colleghi, che è molto importante, cioè che gli Stati devono vigilare affinché i bambini non siano separati dai loro genitori, a meno che non ci siano dei rischi per i bambini. La domanda è: Lo Stato vigila? Lo Stato vigila abbastanza? Ogni bambino ha diritto di vivere con la sua mamma, il suo papà, le sue sorelle ed i suoi fratelli, ha diritto di crescere e di essere educato dentro la sua famiglia, in qualsiasi parte del nostro Paese viva. Ciononostante, però, colleghi, negli ultimi dieci anni, gli infanticidi sono stati 243, ma i dati dell'infanzia negata e maltrattata sono dati purtroppo rilevanti - non sono piccoli numeri - e in Commissione infanzia quest'anno noi stiamo affrontando proprio questo tema. Quindi, è necessario che ogni Paese non faccia tanto Commissioni d'inchiesta, quanto si impegni a sostenere le famiglie che sono in stato di criticità o di disagio sociale.

Sono più di 20 mila i bambini che sono fuori dalla propria famiglia e questo non è neanche un dato preciso, perché mancano i dati, non c'è una banca dati che ci dica dove stanno e quanti sono e, secondo il report dell'Autorità garante per l'infanzia, questo dato è in aumento, e sono lo 0,3 per cento i bambini fuori dalle loro famiglie. Questo è un dato che mi preoccupa molto: se l'età media in genere è 14-17 anni, c'è un 7 per cento di bambini fuori dalla famiglia che ha un'età tra 0 e 2 anni, colleghi, 0-2 anni, cioè dei neonati tolti alle famiglie. E questi dati sono sotto la media europea per l'Italia, e ci sono in Italia oltre 4 mila comunità che accolgono questi bambini, tanti operatori che fanno un lavoro difficile e che sono molto motivati e che provano a sostenere bambini e famiglie. Ma quali sono i motivi per cui un bambino viene tolto alla famiglia? Sono descritti bene nella legge: sono difficoltà educative, uno stato precario di salute psicofisica, il maltrattamento o l'abuso, e sappiamo che ce ne sono, bambini entrati nel circuito penale. Non basta essere un bambino povero, un bambino negletto, però, per essere sottratto alla famiglia. E poi c'è un'altra condizione, che io definisco sperimentale, in questo momento, nel nostro Paese: i bambini che i giudici per i minorenni sottraggono alle famiglie perché si fanno il convincimento che quei bambini stanno venendo educati secondo le categorie della mafia; per cui, per evitare che quei bambini diventino mafiosi o 'ndranghetisti li sottraggono alle famiglie, li portano in altre famiglie lontano dalla loro terra. Questo è un provvedimento estremo, difficile, ma che ha avuto grande successo in Calabria, tant'è che le mamme di questi bambini hanno chiesto di andare via dalla Calabria con i loro bambini; cioè, i giudici hanno fatto quello che tocca fare allo Stato: si sono preoccupati di questi bambini prima che commettessero degli omicidi o degli atti penalmente rilevanti.

Bene, le comunità che accolgono i bambini dovrebbero essere, tutti pensiamo che siano luoghi accoglienti, luoghi sicuri, luoghi in cui si è in grado di sanare ferite profonde, ferite fisiche a volte ma sempre psichiche; comunità che dovrebbero essere in grado di guarire quei bambini e le loro famiglie, in modo che quei bambini possano tornare in famiglia, quei bambini, e ogni comunità ha questa idea in mente. Queste comunità dovrebbero lavorare ascoltando il minore, e molte lo fanno; dovrebbero al momento in cui viene posto in comunità stabilire già un termine, che è due anni perché il bambino sia in una comunità, e che non sia un per sempre; ma come ha detto molto bene l'onorevole Carnevali in discussione generale, non sempre questo succede, non sempre questo può accadere, a volte questo non si riesce a realizzare e non può accadere, ed è difficile riportare quel bambino nella sua famiglia, e quindi si prolunga questo tempo.

Gli operatori hanno il diritto ad avere una costante supervisione, non devono avere dogmi o preconcetti, devono ascoltare le famiglie, devono ascoltare i bambini; ma tutti sappiamo – tutti sappiamo - che questi operatori lavorano spesso in condizioni di grande precarietà, tutti sappiamo che è un lavoro difficile, molto difficile, ma in certi casi indispensabile, e tutti sappiamo che questi operatori vanno sostenuti. La Garante per l'infanzia e l'adolescenza in Commissione bicamerale si è occupata di questo tema già nella scorsa legislatura, ma anche quest'anno ce ne siamo occupati in Commissione infanzia e abbiamo posto il problema, e abbiamo chiesto – abbiamo chiesto - in Commissione al Parlamento quello che serve; e non la Commissione d'inchiesta, ma abbiamo chiesto una banca dati, colleghi, dobbiamo realizzare una banca dati, servono standard qualitativi uguali in tutto il Paese: esistono disomogeneità pazzesche nel nostro Paese sulle comunità. Ecco, ci chiedono di occuparci di questo.

Bene, se togliere un bambino alla famiglia è una cosa insopportabile e dolorosa, è ancora più insopportabile e davvero impossibile da immaginare andare a verificare se la comunità che dovrebbe curarlo e accoglierlo ha requisiti minimi per farlo, dover verificare se quella comunità è in grado di fare e non sta lucrando su quei bambini: questo è davvero insopportabile soltanto immaginarlo. Ma bisogna farlo evidentemente, perché accanto a tante eccellenze nel nostro Paese c'è anche qualche mela marcia.

E, allora, ben venga una Commissione d'inchiesta per tutelare i diritti delle bambine e dei bambini, che serva a eliminare gli errori e a punire chi sbaglia, ma anche a promuovere le eccellenze che ci sono nel Paese e che vanno portate a modello; e ci sia quindi, nel nostro Paese, una maggiore attenzione alle famiglie e a quelle in difficoltà.

E qui voglio aprire un secondo una riflessione su quello che mi aspetto che faccia il Parlamento, perché tutti i ricercatori ci dicono che esistono indicatori molto semplici che possono essere individuati già alla nascita di un bambino e che si possono mettere in campo azioni preventive. Ecco, la parola magica qui è prevenzione. Noi sappiamo con grande certezza che quando alla nascita di un bambino abbiamo cinque o sei indicatori quella famiglia sappiamo che è in difficoltà e quel bambino sarà in difficoltà. Ve ne cito soltanto alcuni: genitori poco istruiti, età della mamma molto bassa, una famiglia monoparentale, vivere in un'abitazione precaria o vivere in coabitazione, il papà disoccupato o genitori con malattie croniche o, peggio, un genitore detenuto, una famiglia in cui i genitori vivono in stato di grave disagio psicosociale. Questi indicatori esistono, sono facilmente evidenziabili già quando nasce un bambino; e, allora, occorrerebbe in quel momento, quando si nota che c'è quel bambino in quella famiglia, allora intervenire, non aspettare che il disagio si sia manifestato, non aspettare che ci sia un giudice che toglie quel bambino alla famiglia. Noi sappiamo che quell'evento può accadere in quelle famiglie: basta mandare un qualcuno a casa… Ho concluso, Presidente. Che guardi la famiglia. Le home visiting sono uno strumento molto semplice, poco costoso, ma estremamente efficace, perché entrando in quella famiglia noi guardiamo quell'ambiente e ci rendiamo conto che dobbiamo intervenire subito e presto per evitare che accada quello di cui oggi stiamo parlando. La parola magica è prevenzione. Per cui - e concludo - noi diamo il nostro voto favorevole a questa Commissione parlamentare d'inchiesta, ma lo diamo a un però: io mi aspetto che dopo questa Commissione il Parlamento si impegni affinché sia assicurato ad ogni bambina e ad ogni bambino una crescita sana e nel rispetto dei suoi diritti, a cominciare dal diritto di frequentare un asilo nido, a Palermo come a Bolzano, a Crotone come a Scampia, adesso, e non tra dieci anni. Solo così noi potremo evitare altre Commissioni d'inchiesta e occuparci davvero delle famiglie e dei bambini.