Grazie, Presidente. L'uccisione di Charlie Kirk è un crimine e chi gli ha sparato è un assassino. Per noi la condanna di quel crimine e la pietà verso quella vittima non sono in discussione. Chiunque, fuori e dentro quest'Aula, polemizzi su questo taccia. Dinanzi alla morte chi non abbassa il capo coltiva i semi dell'odio, non lo ha fatto la moglie al funerale, lo ha fatto il Presidente degli Stati Uniti. Dinanzi a quella bara lui ha detto “io odio i miei avversari”, ha aggiunto che Charlie Kirk era un simbolo della libertà. “Penso che Michelle Obama ha il cervello più piccolo di una donna bianca”, “se stuprano mia figlia io le dico devi tenerti il bambino. Ti piaccia o no devi, perché legge di Dio”, “la pena di morte io la metterei in televisione, che la vedessero i bambini”, chi ha parlato così era un uomo che, come tutti in democrazia, aveva il diritto di pronunciare anche delle bestialità, ma chi ha parlato così non era un simbolo della libertà.
Quanto a noi, quanto a voi - quanto a noi, quanto a voi - solo un'ignoranza colpevole può indicare in questa parte, non del Parlamento, del Paese, il terreno di coltura della violenza politica. Solo il cinismo può calpestare la storia evocando il clima brigatista che abbiamo combattuto. La violenza politica ha ucciso Kirk e, a giugno, ha massacrato Melissa Hortman, deputata democratica del Minnesota, e il marito senza che noi alzassimo il dito contro qualcuno, senza che voi, in quest'Aula, abbiate pronunciato una sola parola di condanna.
Solo chi non prova vergogna può titolare un giornale “Assassinato a colpi di Bella ciao” perché non si è squadristi solo col manganello in mano, lo si è nell'uso delle parole usate come badili. Abbiamo una diapositiva non della sinistra italiana, della sinistra mondiale, lo ha detto Giorgia Meloni, che imbarazzo, che tristezza, “un tempo c'è stato chi voleva trasformare quest'Aula in un bivacco per i suoi manipoli ma la democrazia ha prevalso”. Andate dove vi portano la natura e il cuore, noi resteremo qui e qui ci troverete sempre.