Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 22 Aprile, 2020
Nome: 
Alfredo Bazoli

A.C. 2463

Grazie, Presidente. Io farò un intervento che affronta uno degli aspetti che sono stati toccati dal “decreto Cura Italia” che, ovviamente, è un decreto che contiene tante cose che sono state prima ricordate dalla relatrice. È un decreto che è stato emanato a metà marzo, quindi più di un mese fa, quando la pandemia drammatica che ha colpito il nostro Paese era ancora in fase di crescita e tutti quanti speravamo che si sarebbe chiusa quella finestra in tempi più rapidi di quanto, ahimè, purtroppo ci tocca constatare. È un decreto che ha affrontato tante cose ma ha affrontato anche alcuni temi che riguardano la giustizia, sia per quanto riguarda il funzionamento del sistema della nostra giurisdizione sia per quanto riguarda il tema del carcere, dei nostri penitenziari. Vorrei, quindi, parlare di questi due aspetti, anche per cercare di dare un po' conto della posizione che ha assunto il Partito Democratico all'interno della maggioranza su questi temi anche nell'ambito di una discussione che c'è stata e che c'è all'interno della maggioranza.

Partirei dal tema del carcere, un tema di cui si è occupato il decreto per una ragione che io credo sia abbastanza intuibile, cioè per il fatto che il carcere è un luogo di per sé, diciamo, inadeguato e inadatto a consentire l'applicazione delle misure di distanziamento sociale che possano impedire il propagarsi dell'epidemia e del virus. Ovviamente, i penitenziari sono chiusi e sono luoghi nei quali, diciamo, c'è anche molto spesso - e questo purtroppo accade, in particolare, nel nostro Paese - sovraffollamento e questo ovviamente genera molti rischi. Infatti, se il virus penetra dentro i confini e le pareti dei penitenziari rischia di scatenare un'epidemia difficilmente controllabile, con pregiudizio della salute non solo dei detenuti ma anche di chi ci lavora, quindi della Polizia penitenziaria, del personale amministrativo e di tutti coloro che lavorano all'interno delle strutture penitenziarie.

Questa è la ragione per la quale grandi autorità politiche e morali e anche istituzioni sovranazionali hanno lanciato appelli in queste ultime settimane agli Stati e anche al nostro Governo perché si facessero carico di questo problema, cioè si facessero carico del rischio molto alto, per le condizioni obiettive dei nostri penitenziari, di epidemia all'interno delle strutture carcerarie, che può coinvolgere detenuti, Polizia penitenziaria e personale che ci lavora. Quindi, io ricordo le parole molto chiare e molto limpide del Pontefice, ricordo le parole molto chiare e molto limpide del Presidente della Repubblica, ricordo le prese di posizione di organismi sovranazionali che si preoccupano della tutela delle persone più deboli e dei diritti umani che hanno invitato i Paesi a farsi carico di questo problema, cosa che peraltro molti Paesi hanno fatto perché molti Paesi, che sono alle prese con questa pandemia, si sono occupati della questione e hanno adottato le misure opportune. Così abbiamo cercato di fare anche noi, cercando di farlo, anche questa maggioranza e questo Governo, con un obiettivo che credo sia da sottolineare: l'obiettivo era quello ed è quello di consentire una riduzione calibrata e in totale sicurezza della popolazione carceraria, in modo da ridurre le presenze all'interno delle carceri a un numero coerente con l'attuale capienza dei nostri penitenziari e coerente anche con la necessità di trovare spazi all'interno delle strutture penitenziarie per consentire l'eventuale isolamento di pazienti che abbiano contratto il virus o di pazienti che devono essere messi in quarantena. Quindi, garantire le condizioni di sicurezza all'interno delle strutture penitenziarie, evitando i rischi di contagio. Questo si può fare, ovviamente, solo e in quanto si eviti l'attuale sovraffollamento, che invece impedisce di garantire queste misure. Abbiamo cercato di lavorare in questa direzione, cioè cercando di favorire e di attuare misure che, garantendo la sicurezza e, quindi, evitando un'uscita incontrollata ma, appunto, misure calibrate, consentissero una progressiva riduzione della popolazione carceraria in modo da garantire ai penitenziari quei minimi standard di sicurezza che evitassero ed evitino quello che purtroppo in qualche circostanza è accaduto e, cioè che, in ragione proprio delle attuali condizioni d'insicurezza per detenuti magari affetti da patologie che li mettano a rischio nel caso in cui dovessero contrarre il virus dentro ai penitenziari, alcuni tribunali di sorveglianza sono stati indotti a disporre la detenzione domiciliare anche di detenuti magari positivi o con condanne pesanti sulle spalle in ragione, ovviamente, della tutela della salute, che prevale su qualunque altra considerazione. Ciò per il fatto proprio che non è consentito a oggi - o non era consentito in molte strutture penitenziarie - di garantire le condizioni di sicurezza che possono essere garantite solo attraverso un adeguato distanziamento sociale. Quindi, questo è il quadro nel quale ci siamo mossi e il “decreto Cura Italia” ha introdotto alcune misure che sono andate in quella direzione e che qualche effetto lo hanno prodotto, se è vero come è vero che la popolazione carceraria, che all'inizio della pandemia era di oltre 61 mila detenuti…  Grazie, Presidente. Come dicevo, qualche effetto è stato ottenuto, se è vero - come è vero -, che a fronte di un sovraffollamento iniziale dei nostri penitenziari, che aveva questi numeri, circa 61 mila detenuti, a fronte di una capienza ordinaria di 47 mila (tollerata o tollerabile di 51 mila detenuti), per effetto delle misure adottate nel “Cura Italia” e per effetto anche - non bisogna dimenticarlo - del drastico calo dei reati, che ha portato a una congrua riduzione degli ingressi in carcere, oggi c'è un saldo largamente negativo, tra le persone che escono per fine pena e quelle che entrano per effetto di arresti, a seguito di reati. Quindi, per effetto di una serie di misure, oggi abbiamo una popolazione carceraria che si è ridotta notevolmente. Oggi siamo sotto i 55 mila, quindi abbiamo avuto una riduzione piuttosto significativa, che consente, in alcuni distretti e in alcuni penitenziari, di avere una condizione di sufficiente tranquillità, anche per far fronte a eventuali contagi interni, perché consente comunque di avere un distanziamento sociale adeguato e, quindi, anche di mettere in isolamento eventuali detenuti, che si trovassero ad aver contratto il virus. Però, abbiamo ancora penitenziari che, invece, sono in condizioni di grande difficoltà e questa è la ragione per la quale noi discutiamo su quelle misure, che sono state adottate nel “Cura Italia” e, in particolare, la detenzione domiciliare, che riprende in qualche modo una misura che era già prevista nell'ordinamento, che era stata introdotta dal Ministro Alfano, ancora una decina d'anni fa. Quella misura, che è stata introdotta dal “Cura Italia” e che in qualche modo serve ad allargare le maglie della detenzione domiciliare per i detenuti che devono scontare gli ultimi diciotto mesi di pena, però - almeno per la quota di detenuti che devono scontare dai sei ai diciotto mesi - è subordinata alla presenza di un braccialetto elettronico. Quella misura noi riteniamo debba essere attuata con maggiore incisività, perché ad oggi ha prodotto qualche risultato, ma non i risultati che, per la platea dei detenuti che possono essere interessati, sarebbe stato lecito attendersi. Questo anche in ragione del fatto che i braccialetti elettronici, che sono una misura che noi riteniamo utile e opportuno adottare in queste circostanze - quindi noi supportiamo l'idea dell'utilizzo di braccialetti elettronici, come misura di sicurezza per chi sconta la pena ai domiciliari -, però stanno arrivando faticosamente. Sappiamo che oggi sono a disposizione e dovrebbero arrivare nelle prossime settimane almeno 4.700 braccialetti elettronici, ma noi riteniamo che questa misura debba essere implementata nelle prossime settimane in maniera vigorosa, perché questo consentirebbe, dalle nostre stime, di arrivare a una riduzione complessiva della popolazione carceraria, che consentirebbe praticamente a tutti i penitenziari italiani di poter gestire questa fase di emergenza con maggiore tranquillità e anche di evitare, appunto, il rischio che si è purtroppo concretizzato in qualche circostanza, di detenuti che devono uscire per questa mancanza di condizioni di sicurezza all'interno dei nostri penitenziari.

Voglio ringraziare, da questo punto di vista, per il lavoro che su questi temi è stato fatto e che ha prodotto già quei risultati di cui dicevo, in particolare - lo vedo qui - il sottosegretario alla Giustizia Giorgis, che ha lavorato in queste settimane, per riuscire ad arrivare a risultati tangibili e concreti, che oggi si possono misurare e che non bastano. Il Ministro lo sa, perché abbiamo con lui un'interlocuzione su questo articolata e, speriamo, produttiva di buoni effetti, noi riteniamo che quella misura della detenzione domiciliare debba essere incrementata e resa più efficace, di quanto non sia oggi. Attualmente i braccialetti elettronici che sono stati adottati sono circa 500, quindi una misura ancora, secondo noi, insufficiente. Occorre, invece, che quella misura della detenzione domiciliare produca i suoi effetti, perché questo garantirebbe la sicurezza nei nostri penitenziari, quindi, noi auspichiamo - e speravamo - di avere lo spazio, anche con una possibilità emendativa dentro questo “decreto Cura Italia”, per introdurre qualche modifica, che aiutasse, appunto, quella misura a produrre i suoi effetti, meglio di quanto non abbia fatto finora. Ci auguriamo che questo sia possibile anche nelle prossime misure, che verranno adottate dal Governo e che sono in progetto e in procinto di essere adottate. Ovviamente, se questo sarà necessario, perché, se non sarà necessario, perché ci renderemo conto - e questo accadrà nei prossimi giorni - che in realtà i braccialetti elettronici sono resi disponibili e si riescono ad adottare in tempi rapidi, ovviamente, questo consentirà alla misura, che abbiamo adottato nel “Cura Italia”, di dispiegare adeguatamente i suoi effetti e non sarà necessario intervenire ulteriormente.

Viceversa, io credo, e il Partito Democratico ritiene, che si dovrà adottare qualche accorgimento ulteriore, per conseguire il risultato che ci siamo prefissati, che è quello che dicevo prima, cioè avere una condizione interna ai nostri penitenziari, che metta al riparo dai rischi di epidemia all'interno delle carceri, che poi sarebbe difficilmente controllabile e che poi obbligherebbe, come già capitato in qualche caso, a forme di liberazione molto meno controllate e molto più a rischio. Quindi, questo è l'obiettivo che ci siamo dati e questo riguarda il tema carceri. Ci tenevo a spiegare anche come si è mosso il Partito Democratico, in queste settimane, su questo argomento delicato.

C'è poi l'altro argomento, che riguarda il tema della giurisdizione, il funzionamento della nostra giurisdizione. I decreti che si sono succeduti in queste settimane hanno, in particolare, rinviato tutta l'attività giurisdizionale non urgente e i termini ad essa applicabili, in ragione della difficoltà o impossibilità di svolgere la normale attività, senza mettere a repentaglio, anche in questo caso, la salute degli avvocati, dei magistrati, dei cancellieri e di tutti coloro che ruotano attorno alle aule di giustizia. Le udienze sono state rinviate, da ultimo, con un decreto, che non è ancora stato oggetto di conversione, fino all'11 maggio. Credo che sia stata una cosa opportuna, anche se ovviamente questo comporterà un rischio di ingolfamento, quando riprenderà l'attività giudiziaria, all'esito di questa sospensione, e quindi ci sarà certamente un problema di gestione. Il Governo ha cercato di adottare provvedimenti che consentissero comunque di svolgere in piena sicurezza alcune attività, almeno quelle urgenti, sia nel campo civile sia nel campo penale.

Nel campo civile già da tempo, già nel “decreto Cura Italia”, per l'appunto, era stata prevista la possibilità di adottare anche modelli di udienza a distanza, quindi di utilizzare strumenti elettronici per lo svolgimento di attività di udienza. Quindi, si è cercato di introdurre qualche forma di modello di questa natura, per cercare di garantire comunque un minimo funzionamento della giurisdizione ed evitare la paralisi completa, anche per le attività più urgenti. In sede di conversione del decreto, al Senato, è stata introdotta una possibilità di questa natura anche per il settore penale, anche per i procedimenti di natura penale, sia per le indagini preliminari sia per le udienze dibattimentali. Questo sappiamo che ha creato qualche preoccupazione, che è stata manifestata anche apertamente da una parte significativa dell'avvocatura e anche da una parte della magistratura, perché si è paventata l'ipotesi, l'idea, la preoccupazione, che questa previsione dell'introduzione di un modello di udienza da remoto, anche nel campo penale, preludesse o preluda alla possibilità che questa modalità - che è stata individuata dentro il “decreto Cura Italia”, per sopperire alle esigenze e all'emergenza dovuta al Coronavirus - possa diventare una modalità di gestione della giurisdizione ordinaria e che, quindi, in qualche modo, si voglia introdurre, dentro il sistema della nostra giurisdizione, il modello dell'udienza da remoto, come modello ordinario di gestione della giurisdizione, anche in particolare nel processo penale, dove le ragioni a presidio delle garanzie e dei cittadini sono, ovviamente, molto più delicate, molto più qualificate e molto più importanti che non nel processo civile.

Io voglio su questo essere molto chiaro. Ieri c'è stata in Commissione una, io credo, utile discussione, che ha poi consentito anche di arrivare ad un parere che ha per me chiarito già di per sé un po' la nostra posizione, che è la posizione del Partito Democratico, ma, penso di poter dire, anche la posizione del Governo: non c'è alcuna intenzione da parte di nessuno, né da parte del Partito Democratico, ma penso neanche da parte del Governo, lo voglio dire con grande chiarezza, non c'è alcuna intenzione di trasformare questo modello di emergenza, che è stato adottato fino al 30 giugno 2020 per consentire l'esercizio della giurisdizione in questa condizione di emergenza ed evitare i rischi di contagio che potrebbero esserci nel caso appunto di celebrazione di udienze in presenza fisica delle persone; non c'è alcuna volontà di trasformare questo modello nel modello ordinario successivo alla chiusura dell'emergenza. Perché questo non è: perché la nostra intenzione è semplicemente di cercare di adottare delle modalità che consentano di non bloccare completamente la giurisdizione anche in campo penale, senza mettere a repentaglio la sicurezza delle persone.

È vero che ci sono alcune attività, che oggi sono previste anche in questa fase di emergenza, che probabilmente sarebbe meglio circoscrivere. Ci sono alcune attività, come quella di interrogatorio, non so, di organi di polizia giudiziaria, o anche alcune attività legate alle indagini preliminari, sulle quali probabilmente occorre un maggior rigore nell'individuazione, appunto, delle attività dibattimentali, delle attività di udienza che devono essere anche in questa fase di emergenza escluse da una gestione da remoto, perché è inevitabile e necessaria la presenza fisica nella relazione, nella corretta attivazione del contraddittorio tra le parti; forse una migliore precisazione di questa parte si potrebbe, e forse andava e si potrebbe introdurre, e magari ci sarà occasione di farlo, anche in questo caso, nei prossimi decreti. Ma deve essere molto chiaro che non c'è alcuna intenzione di trasformare quel modello in un modello ordinario, e che ci sarà tutta la possibilità di discutere dell'implementazione anche di modelli da remoto di alcune attività giurisdizionali, come io penso sia tutto sommato una cosa non pregiudizialmente sbagliata: si tratta semplicemente di effettuare una verifica puntuale di ciò che si può fare da remoto e di ciò che invece non si può fare da remoto. Ma questo sarà oggetto di una discussione e di un dibattito che verrà svolto nei modi e nei tempi opportuni, certamente al riparo da normative di urgenza adottate per la gestione di questa emergenza. Voglio quindi rassicurare che da questo punto di vista non c'è alcuna modalità surrettizia e nascosta di introdurre nell'ordinamento una forma di esercizio della giurisdizione, e comunque della giustizia penale, che noi stessi riterremmo assolutamente inopportuna e anzi pericolosa perché lesiva dei diritti e delle garanzie delle persone.

Questa è quindi la nostra posizione, che abbiamo assunto e che ci tenevo a sottolineare come Partito Democratico, sui temi della giustizia. Lavoreremo e stiamo lavorando ancora perché gli obiettivi che ci siamo prefissati, sia per quanto riguarda il tema del carcere, dei penitenziari, sia per quanto riguarda l'esercizio corretto della giurisdizione, siano obiettivi raggiunti in modo pieno e senza pregiudizio dei diritti e delle garanzie di nessuno.