A.C. 2393
Grazie, Presidente. Dico da subito e con chiarezza che il Partito Democratico voterà contro questo provvedimento, ma che il Partito Democratico non è contro la semplificazione. Anzi noi pensiamo sia auspicabile e necessario semplificare perché l'eccesso di norme, a volte sulla stessa materia, può produrre poi difficoltà di interpretazione. Questo succede anche per colpa di leggi scritte male e fa venir meno i principi di prevedibilità e certezza che devono essere invece garantiti dalle leggi. Per non parlare di come l'eccesso di burocrazia delle cosiddette “tante carte da compilare”, magari su dati già disponibili alla pubblica amministrazione, sia a tutti gli effetti un costo economico e di tempo per cittadini e imprese e incida negativamente su competitività e innovazione.
Se la semplificazione è un obiettivo assolutamente condivisibile, quello che a noi non convince per niente è la modalità con la quale questo avviene, che tradisce una concezione verticistica e procedurale. Si trasforma la semplificazione da strumento di chiarezza e accessibilità in un veicolo di accentramento e di opacità normativa.
Cominciamo innanzitutto con il dire che il provvedimento prevede l'istituzione di un meccanismo permanente di leggi annuali che conferiscono, tramite norme in bianco ampie, anzi direi ampissime, deleghe al Governo e riducono il ruolo del Parlamento a mero organo di ratifica. Siamo quindi di fronte ad una riforma che andrà a rafforzare la già preoccupante tendenza a marginalizzare il Parlamento con la sovrapproduzione di decreti-leggi, stigmatizzata anche dal Presidente della Repubblica più volte, e a concentrare il potere legislativo nelle mani del Governo. Questo dovrebbe essere interesse di tutti, anche dei colleghi di maggioranza, perché noi rappresentiamo i cittadini che ci hanno eletto per farci parte attiva nel portare a soluzione le loro aspettative e le loro speranze e non per schiacciare un pulsante su decisioni che sempre più vengono prese altrove.
Quel che è peggio è che questa espropriazione del ruolo del Parlamento avviene con una legge che prevede un'eccessiva genericità dei principi della delega che di fatto diventa delega in bianco su un elenco lunghissimo di materie che toccano - ahimè - anche settori molto delicati. Penso alla disabilità, alla Protezione civile e alla gestione delle emergenze, all'istruzione, alla ricerca pubblica, alla sicurezza sul lavoro. Mi domando: ma come è possibile che almeno su queste materie non si voglia e non si possa prevedere un ruolo attivo delle Commissioni parlamentari e del Parlamento stesso, ma aggiungo delle regioni, che tenete ai margini, e delle stesse parti sociali (associazioni di categoria e i sindacati) visti invece come un intralcio e non considerati?
L'efficienza normativa per noi non potrà mai diventare una scusa e un pretesto per l'esclusione o la compressione dei diritti delle persone.
C'è un ulteriore punto che vale la pena di sottolineare. Un provvedimento a invarianza di bilancio, cioè senza un solo euro stanziato, non risolve i problemi, non accelera processi, non dà risposte, non si chiama “semplificazione”: si chiama “presa in giro”. Semplificare davvero il più delle volte significa investire, significa rafforzare la pubblica amministrazione e dotare la pubblica amministrazione - e penso soprattutto ai piccoli comuni - di personale e di strumenti, soprattutto alla luce delle grandi sfide che abbiamo davanti e che ha davanti in primo luogo la pubblica amministrazione.
In questo provvedimento c'è un solo articolo che, a nostro parere, va nella direzione giusta ed è l'articolo 4, ossia quello sull'istituzione della Valutazione di impatto generazionale. È uno strumento che si è reso necessario dopo l'approvazione del Patto per il Futuro al summit delle Nazioni Unite, nel settembre dello scorso anno, che invita gli Stati a dotarsi di strumenti e processi per valutare e rendere visibili gli effetti di lungo periodo delle decisioni pubbliche. Troppo spesso purtroppo noi produciamo leggi che non guardano oltre l'orizzonte del ciclo elettorale e scaricano le conseguenze sulle generazioni future. La VIG, la Valutazione di impatto generazionale, allora risponde a domande esplicite, come: chi paga e chi beneficia di un certo provvedimento? Quando e con quali effetti cumulati nel tempo?
Approvare la VIG manda un segnale chiaro: il Parlamento si assume la responsabilità di considerare le conseguenze sociali e ambientali delle proprie leggi su chi verrà dopo di noi. La Valutazione di impatto generazionale allora è un investimento sul futuro, un abilitatore di decisioni migliori.
Avevamo presentato emendamenti per rendere questo strumento ancora più efficace, come la valutazione non solo per gli effetti ambientali e sociali, ma anche e soprattutto per gli effetti economici. Purtroppo, questi emendamenti sono stati bocciati e non sono stati sostenuti, anche se è evidente che le norme vanno valutate anche per l'impatto economico per le prossime generazioni.
Insomma, con riferimento a quello che noi oggi ereditiamo come debito pubblico, se ci fosse stata la Valutazione di impatto generazionale, probabilmente ci sarebbero state decisioni diverse.
Però, per noi, presentare emendamenti, fare proposte, è il modo serio di fare opposizione, ed è proprio il modo che noi abbiamo adottato, cioè quello di portare proposte concrete. Ci dispiace che, il più delle volte, come in questo provvedimento, vengano bocciate, ma è chiaro che noi vogliamo veramente migliorare: il nostro obiettivo è migliorare le leggi, semplificare davvero e migliorare la vita di cittadini e imprese.
Ecco, lo dico: questa legge, dietro il nobile obiettivo della semplificazione, nasconde però, ahimè, tutt'altro ed è il motivo per il quale noi voteremo contro. Questa non è una semplificazione: è una deregolamentazione, senza benefici reali, per di più costruita in modo verticistico, più come un adempimento burocratico che come un vero e proprio strumento di sviluppo.