A.C. 2527
Grazie, signor Presidente. Colleghe e colleghi, la questione pregiudiziale che poniamo oggi non è un atto di mera opposizione formale, è la difesa dei principi costituzionali contro l'ennesimo abuso dello strumento d'urgenza da parte di questo Governo. Innanzitutto, come al solito, c'è un tema di omogeneità. Il provvedimento spazia, senza alcuna coerenza, dal destino dell'ex Ilva fino al sostegno alla filiera della moda: è il sintomo di un uso distorto della decretazione d'urgenza, che svuota l'articolo 70 della Costituzione, mortifica il dibattito parlamentare e relega le opposizioni parlamentari a un ruolo di mere spettatrici.
La straordinarietà e l'urgenza non possono essere una formula rituale. In questa legislatura il Governo ha adottato più di 100 decreti-legge: una media superiore a 3 al mese, un extra ordinem che è divenuto ordinario. A ciò si aggiunge che molte norme contenute in questo provvedimento producono effetti differiti, quando non addirittura subordinati ad atti successivi. Altro che urgenza, siamo alla legislazione a promessa, che moltiplica l'entropia normativa e mina la certezza del diritto.
Il profilo di incostituzionalità più grave riguarda il bilanciamento tra interessi economici e diritti fondamentali. L'articolo 9, come riformato nel 2022, tutela ambiente, biodiversità ed ecosistemi nell'interesse delle future generazioni; l'articolo 41 ribadisce che l'iniziativa economica non può svolgersi in danno della salute e dell'ambiente.
Qui, invece, si persiste in un modello derogatorio, che privilegia la continuità produttiva a scapito di salute pubblica e tutela ambientale, e a dimostrarlo ci sono alcune scelte puntuali, che si trovano nero su bianco in questo decreto. L'articolo 2, ad esempio, che espunge qualsiasi riferimento al PNRR e alla necessaria alimentazione da idrogeno verde del preridotto, aprendo la possibilità di impianti DRI basati su fonti fossili.
Praticamente l'opposto di quanto si è tentato di costruire negli ultimi anni; una contraddizione in termini rispetto alla linea dettata nel 2021 e convintamente orientata alla decarbonizzazione degli stabilimenti e alla transizione energetica. Non solo, perché anche l'articolo 117, che impone il rispetto dei vincoli dell'Unione europea, viene malamente calpestato.
La sentenza della Corte di giustizia del 25 giugno 2024 in materia di emissioni industriali, che impone la sospensione degli impianti in presenza di violazioni, con pericolo immediato e grave per ambiente e salute, viene completamente ignorata. E ciò non significa soltanto esporre il nostro Paese a nuove procedure di infrazione, ma ancor prima e ancor più gravemente significa aver abbandonato i cittadini di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)! Significa aver anteposto ancora una volta gli interessi economici al benessere di una comunità e alla salvaguardia di un intero territorio. Eppure anche la giurisprudenza costituzionale parla chiaro, quando afferma che il diritto alla salute non tollera bilanciamenti al ribasso, come ha chiarito la sentenza n. 58 del 2018.
Così come in una pronuncia più recente, la sentenza n. 105 del 2024, si è ribadito che le misure straordinarie devono essere rigorosamente temporanee e funzionali a ricondurre l'attività entro i limiti di sostenibilità nel minor tempo possibile. Qui, al contrario, si consolidano deroghe e si prorogano modelli produttivi inquinanti. Ne è un esempio ciò che è successo con l'AIA appena due settimane fa, approvata con il parere contrario degli enti territoriali e con 472 prescrizioni, che, in attesa di capire chi se ne farà carico, resteranno sospese e inevitabilmente inattuate.
Nel frattempo, però, si autorizza una produzione tre volte superiore a quella attuale, da 2 a 6 milioni di tonnellate annue per 12 anni e senza alcuna garanzia di rimozione dei fattori di rischio. Infine, l'ennesimo prestito pubblico: 200 milioni in assenza di un piano strutturale di bonifica e tutela sanitaria.
Dopo anni di commissariamenti, scudi, iniezioni di danaro, rimane un passivo ingente e un territorio martoriato. Questo non è sostegno ai comparti produttivi, è elusione delle regole costituzionali e rinvio delle soluzioni.
Per tutte queste ragioni, per rispetto degli articoli 9, 41, 77 e 117 della Costituzione, per rispetto dei cittadini di Taranto, che, ancora una volta, rischiano di rimanere vittime di un raggiro da parte di chi dovrebbe tutelarli, dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico sulle questioni pregiudiziali che sono state poste (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Chiediamo di fermare un decreto palesemente illegittimo nella forma e pericoloso nella sostanza e pretendiamo dal Governo una proposta organica, trasparente e conforme ai principi costituzionali e ai vincoli europei e finalmente capace di coniugare lavoro, salute e ambiente, come è stato più volte promesso.