Relatore per la maggioranza per la IV Commissione
Data: 
Mercoledì, 25 Marzo, 2015
Nome: 
Andrea Manciulli

A.C. 2893-A - Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.

Signor Presidente, illustri rappresentanti del Governo, colleghi, innanzitutto vorrei ringraziare il relatore Dambruoso per il lavoro che abbiamo fatto davvero di concerto. Non ci siamo limitati ognuno a svolgere il proprio compito nella sua materia, ma, essendo entrambi animati da passione per la lotta al terrorismo, ci siamo occupati entrambi di tutto. 
Il contesto straordinario in cui si colloca oggi il nostro compito di legislatori è scolpito nel preambolo del decreto-legge contenente un richiamo inedito al diritto internazionale. Il preambolo, infatti, in coerenza con l'articolo 11 della Costituzione, indica quale fondamento normativo dell'intero provvedimento la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2178, adottata il 24 settembre 2014, ai sensi del Capo VII della Carta delle Nazioni Unite, e che tratta delle «minacce alla pace e sicurezza internazionali causate da atti di terrorismo». 
Questo richiamo contestualizza il dibattito odierno e l'esame delle singole disposizioni, di cui si compone il decreto-legge, nella prospettiva del carattere globale della lotta contro il terrorismo. Per comprendere la misura del fenomeno che abbiamo innanzi a noi basta, infatti, ripercorrere le tappe salienti della vicenda terroristica a partire dai documenti e dagli atti riconducibili a Bin Laden del 1998 e poi del documento del 2004, per cogliere che ad una minaccia di tipo globale non può che corrispondere una strategia di contrasto ad aspirazione globale. 
Il nostro operato si proietta, quindi, ben oltre le dimensioni dei confini nazionali e gli strumenti normativi che ogni Paese membro dell'ONU si appresta ad istituire, in attuazione della strategia di cui è parte la risoluzione n. 2178, rappresentano gli snodi di un reticolato che sarà tanto più efficace quanto più angusti diventeranno i margini di azione per i terroristi. 
Il provvedimento attiene, dunque, alla dimensione della partecipazione dell'Italia all'impegno della comunità internazionale contro la grave minaccia terroristica, rappresentata innanzitutto da Daesh ma non solo, con il suo portato di destabilizzazione del quadro mediorientale ma anche nordafricano, e soprattutto libico, per quanto concerne gli interessi strategici più attinenti all'Italia. A tale proposito mi preme evidenziare, sin da subito, l'esigenza di non trascurare la minaccia «tradizionale» rappresentata da Al Qaeda, che in questi anni, dopo la morte di Bin Laden, ha esteso il proprio ambito geografico e resta comunque attiva sul territorio europeo. Questi due soggetti interagiscono e collaborano in chiave di competizione anche mediatica e ciò costituisce un motivo di ulteriore grave pericolo per l'Occidente. 
Le diverse parti in cui si articola il provvedimento rientrano in una filosofia, anche giuridica oltre che politica, unitaria in quanto attuative della sopra citata risoluzione e in quanto assi portanti di una strategia di contrasto elaborata a livello delle Nazioni Unite e ribadita, nei medesimi termini, dall'Unione europea, che di recente ha adottato una strategia regionale sulla Siria, sull'Iraq e sulla minaccia terroristica costituita da Daesh. 
Tale strategia si compone di strumenti preventivi per il contrasto al fenomeno dei foreign fighter e dei cosiddetti «lupi solitari» con misure, ad esempio, nell'ambito del trasporto aereo e dello scambio di informazioni operative. Si compone anche di misure di rafforzamento degli ordinamenti nazionali sul piano del diritto penale, così come bene illustrato. 
La natura asimmetrica delle minacce impone il ricorso a questi strumenti, insieme agli strumenti classici della partecipazione militare e civile alle missioni internazionali. In tal senso oggi lo sforzo dei connazionali che, in divisa e non in divisa, operano ai riconosciuti livelli di eccellenza professionale contribuisce, ancor più che in passato, a rafforzare la stabilità del nostro quadro regionale e ad arginare ogni possibile deterioramento di quello internazionale. 
Acquisito, pertanto, il superamento della tradizionale distinzione tra sicurezza interna e quella esterna, il provvedimento costituisce il presupposto per il conseguimento della tanto auspicata e anche dovuta maggiore centralità dell'Italia nelle relazioni internazionali, in considerazione della nostra proiezione di Paese cerniera tra Europa, Mediterraneo e Medio Oriente e per il prestigio guadagnato dall'Italia in tanti teatri di crisi – penso soprattutto al Libano – e anche sul piano umanitario, in aiuto alle masse di profughi e di vittime della tratta di esseri umani che affrontano il pericolo dell'attraversamento del mare Mediterraneo. 
Colgo, a questo punto, l'occasione per esprimere, a nome mio personale e anche di tutti i colleghi di tutte le forze politiche, che in questi giorni hanno collaborato proficuamente e con un lavoro intenso all'esame del provvedimento nelle Commissioni giustizia e difesa, per ribadire il profondo cordoglio e lo smarrimento che abbiamo provato davanti ai fatti di Tunisi dello scorso 18 gennaio. Ci hanno commosso le lacrime dell'ambasciatore tunisino in Italia, Sua Eccellenza Naceur Mestiri, in occasione dei funerali delle vittime italiane, celebrati a Torino, a conferma del fatto che politica e diplomazia non sono dimensioni aliene dalle vicende e dalle emozioni umane, anzi ne sono parte essenziale. Ma non ne devono essere vittima. Non dobbiamo cadere nell'errore di cedere alle reazioni scomposte, al populismo che produce odio e intolleranza, al terrore. 
Ritengo che la visita di ieri del Ministro Gentiloni a Tunisi, cui seguirà quella della Commissione esteri in occasione della marcia indetta dal Presidente Essebsi, con la cancellazione di 25 milioni del debito tunisino rappresenti un gesto significativo a tal proposito. L'Italia ha provveduto subito ad avviare più intensi rapporti di collaborazione tra forze di sicurezza e servizi diintelligence italo-tunisini, ponendo così le basi di quello che dovrà essere in futuro il nuovo rapporto tra l'Europa e i Paesi che si collocano lungo i suoi confini meridionali. Si invoca, infatti, da più parti il lancio di un «Piano Marshall» europeo a favore dei Paesi della fascia mediterranea e nordafricana, che nell'opinione prevalente avrebbe dovuto essere inaugurato all'indomani dell'implosione delle cosiddette «primavere arabe» e che, oltre alla essenziale e centrale questione economica, deve includere la cura dei profili di sicurezza collettiva. 
Dobbiamo invece stringere un'alleanza forte tra politica e società, avvalendoci di tutti gli strumenti di cui il nostro Stato di diritto dispone a difesa del patrimonio di diritti e libertà di cui ciascuno di noi è titolare, primo tra tutti il diritto alla sicurezza. 
Non è possibile, a questo punto, eludere il tema rappresentato dalla Libia. Il nostro Paese contribuisce ai negoziati internazionali finalizzati alla formazione di un Governo di unità nazionale. In Libia occorre fare presto non solo in vista della ripresa di flussi migratori nel Mediterraneo con l'arrivo della bella stagione, ma per evitare il compattarsi delle diverse anime jihadiste oggi ancora divise e per impedire il radicarsi di Daesh in Libia. 
Un versante di lavoro politico-diplomatico deve riguardare i Paesi da cui provengono i migranti e i profughi al fine di prevenire i traffici illegali di esseri umani svolgendo in loco le necessarie attività di controllo e tutela preventiva. Questo impegno è essenziale per collaborare allo sforzo che si sta mettendo in atto sul piano militare con la nuova missione «Mare Sicuro», su cui ha riferito il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, in occasione delle comunicazioni del Governo sulle missioni internazionali, svolte lo scorso 19 marzo. 
Alla luce delle evoluzioni registrate sul piano politico ma soprattutto economico e sociale nei Paesi della sponda sud interessati dalle primavere arabe, come Egitto o Tunisia, l'Italia deve in generale perseguire una vasta azione politica, volta ad un rafforzamento del dialogo e della cooperazione con tali Paesi e ciò in parallelo a questo percorso di modifiche legislative, al corroboramento del nostro modello nazionale di cooperazione allo sviluppo e ad un approntamento dello strumento militare conforme ai rischi di escalation. 
Tutti questi elementi conferiscono sostanza e fondamento alla candidatura dell'Italia ad un seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017 e 2018, cui il provvedimento contribuisce istituendo nello stato di previsione del MAECI un fondo per la campagna di promozione. Rilevo, poi, che questa candidatura, essenziale per il rafforzamento del nostro ruolo nei maggiori scenari regionali ed internazionali, costituisce un'opportunità per l'intero «sistema Italia» e ad essa devono pertanto contribuire tutti gli attori nazionali, inclusa la diplomazia parlamentare da cui può derivare una forte spinta in chiave di attrazione e di valorizzazione del nostro Paese. 
Passando alla disamina più puntuale del provvedimento, rinvio alla relazione illustrativa su molti temi svolta ad avvio dell'esame in sede referente. In questa sede mi soffermerò sulle sole disposizioni del decreto-legge modificate dalle Commissioni giustizia e difesa, a partire dall'articolo 5, relativo all'impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo del territorio, di vigilanza di siti e obiettivi sensibili e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania e anche in relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza connesse alla realizzazione dell'Expo 2015. 
Nel dettaglio, l'articolo 5, come risultante dagli emendamenti approvati dalle Commissioni giustizia e difesa proroga fino al 29 giugno 2015 l'operatività del piano di impiego per l'utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità di personale militare per il controllo del territorio nazionale in concorso e congiuntamente con le forze di polizia. Inoltre, incrementa di 1.800 unità il contingente massimo sopra citato, in considerazione delle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo. 
Infine, consente di prorogare ulteriormente, fino al 31 dicembre 2015, l'utilizzo nelle province della Campania interessate da criminalità ambientale di un contingente non inferiore a 200 unità di personale militare, da impiegare nelle operazioni di sicurezza e di controllo afferenti alla cosiddetta operazione «Terra dei fuochi». 
A decorrere dal 30 giugno 2015 – questa è la novità – il predetto contingente potrà essere incrementato fino a 300 unità, compatibilmente con le complesse esigenze nazionali di ordine e sicurezza pubblica e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. 
Sempre con riferimento all'articolo 5, segnalo, in fine, che le Commissioni giustizia e difesa hanno approvato alcuni emendamenti che ritengo opportuno illustrare dettagliatamente in questa sede. In primo luogo, l'attuale comma 3-bis dell'articolo 5 autorizza l'Arma dei carabinieri ad anticipare al 15 aprile 2015 l'assunzione di 150 allievi carabinieri, da trarre dai vincitori del concorso bandito nell'anno 2010 per il reclutamento di allievi carabinieri effettivi in ferma quadriennale, che abbiano concluso la ferma di quattro anni quale volontario nelle Forze armate. 
Tale modifica è finalizzata a garantire maggiore disponibilità di personale per le esigenze connesse con il controllo del territorio e il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale. A sua volta, il comma 3-quinquies autorizza, fino al 30 settembre 2015, la spesa di euro 40.453.334 per il potenziamento del dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza nel Mediterraneo centrale. In relazione a tale disposizione, è stato, altresì, previsto che il Governo riferisca entro il 15 giugno 2015 alle competenti Commissioni parlamentari sugli sviluppi della situazione e delle misure adottate. 
Passando alle disposizioni del decreto-legge relative alle missioni internazionali delle Forze armate e di Polizia, osservo preliminarmente che, nel corso degli anni, la partecipazione delle Forze armate italiane alle missioni all'estero ha assunto una considerevole importanza, sia in relazione al notevole ncremento delle operazioni, che hanno visto impegnati contingenti militari italiani, sia sotto il profilo del maggior impiego di uomini e di mezzi, connesso alla più complessa articolazione degli interventi ai quali l'Italia ha partecipato. 
Ai tradizionali impegni di natura prettamente militare, in sinergia con gli interventi di natura civile, le Forze armate e di sicurezza si sono fatte carico di una serie di iniziative finalizzate alla ricostruzione del tessuto politico, sociale e locale. Nei mandati delle missioni ONU è sempre più frequente trovare compiti che includono la protezione dei civili, l'assistenza nelle operazioni di disarmo, il supporto alla realizzazione di un processo democratico. 
Si è passati, quindi, da semplici operazioni di ingerenza umanitaria, attraverso l'invio di osservatori internazionali, a missioni di mantenimento della pace, di formazione della pace e prevenzione dei conflitti, di costruzione della pace, fino ad arrivare a missioni di imposizione della pace. 
Venendo al contenuto specifico del decreto-legge, il capo III reca le autorizzazioni di spesa necessarie alla proroga del termine per la partecipazione italiana a diverse missioni internazionali, raggruppate nell'articolato sulla base di criteri geografici: Europa (Georgia, Balcani, Bosnia-Erzegovina, Albania, Kosovo, Cipro e le zone del Mediterraneo); Asia (Afghanistan, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Libano e anche una proroga dell'impiego di personale militare in attività di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi); Africa (Libia, Mali, Corno d'Africa e Repubblica Centrafricana). 
Per quanto concerne le principali novità introdotte dal decreto-legge in esame, richiamo, in primo luogo, tra le missioni in Asia, l'autorizzazione di spesa per la partecipazione di personale militare alla nuova missione NATO in Afghanistan denominataResolute Support Mission della NATO, di cui alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2189/2014, e per la proroga della partecipazione alla missione Eupol Afghanistan. 
Al riguardo, ricordo che la Resolute Support Mission subentra alla missione ISAF, chiusa lo scorso 31 dicembre 2014, prevista per lo svolgimento di attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afgane e delle istituzioni governative. A sostegno della missione saranno schierate circa 12 mila unità provenienti da Paesi NATO e da ventuno Paesi partner. La missione è progettata per operare con una sede centrale a Kabul e quattro sedi territoriali a Mazar-i Sharif, Herat, Kandahar e Jalalabad. I militari italiani opereranno per larga parte dell'anno 2015 a Herat, nella regione ovest, e avranno il compito di continuare ad addestrare le Forze armate afgane, senza alcuna partecipazione a operazioni di combattimento. A decorrere dal secondo semestre 2015, come previsto dalla pianificazione NATO, si procederà ad una riconfigurazione delle forze presenti nella zona, ai fini del progressivo concentramento nell'area di Kabul.   Sempre con riferimento ai profili più innovativi del decreto-legge, è da segnalare l'autorizzazione per la partecipazione di personale militare alle attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh. 
Osservo, invece, che per quanto concerne le missioni nel continente africano, nel corso dell'esame in sede referente si è ritenuto opportuno sopprimere l'autorizzazione di spesa per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, e ciò in considerazione della particolare situazione che riguarda il Paese. 
Quanto alle missioni antipirateria, il comma 3 dell'articolo 13 autorizza, per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2015 e il 30 settembre 2015, la spesa di 29.474.175 euro per la proroga della partecipazione di personale militare all'operazione militare Atalanta dell'Unione europea al largo delle coste della Somalia. Rispetto al precedente decreto-legge di proroga delle missioni non risulta, quindi, più autorizzata la partecipazione di personale militare all'operazione della NATO denominata Ocean Shield per il contrasto della pirateria. A questo proposito segnalo che, analogamente a quanto avvenuto in occasione dell'esame del precedente decreto-legge di proroga delle missioni, anche in questa occasione è stato approvato uno specifico emendamento in base al quale, conclusa la missione Atalanta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, e comunque non oltre la data del 30 settembre 2015, la partecipazione dell'Italia alla predetta operazione dovrà essere valutata, sentite le competenti Commissioni parlamentari, in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri della Marina militare attualmente trattenuti in India. 
È stata, inoltre soppressa, la possibilità per il Ministero della difesa, sempre nell'ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria di stipulare con l'armatoria privata italiana e con altri soggetti dotati di specifico potere di rappresentanza della citata categoria convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria. Come chiarito dalla Ministra Pinotti tale soppressione è da collegarsi al ridotto numero di attacchi di pirateria. stato, infine, stabilito il principio generale in base al quale ogni qualvolta che si impiegano nel contesto internazionale forze di polizia a ordinamento militare il Governo è tenuto a specificare nella relazione quadrimestrale, e comunque al momento dell'autorizzazione o della proroga della missione stessa, se i militari in oggetto rientrino sotto il comando della Gendarmeria europea (Eurogenfor). 
Segnalo, inoltre, che nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato un emendamento che autorizza, per l'anno 2015, l'ulteriore spesa di 2.000.000 di euro per l'ammissione di personale militare straniero alla frequenza di corsi presso istituti, scuole e altri enti militari nel nostro Paese. 
Quanto al capo IV del decreto-legge, che prevede disposizioni in materia di iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, rilevo che si tratta della parte che più connota la cifra dell'impegno italiano nelle missioni internazionali, secondo un modello di cooperazione ormai universalmente riconosciuto dalla comunità internazionale degli Stati e noto come «modello Italia». Oggi l'intervento di natura civile, finalizzato a portare sollievo, maggiore benessere, prospettive e rispetto dello Stato di diritto alle popolazioni locali, collabora alla lotta contro il terrorismo nella misura in cui riesce ad erodere alla base il consenso di fenomeni come il Daesh che sono sul territorio. 
È dunque essenziale, più che in passato, costruire un rapporto di fiducia e di collaborazione con le popolazioni e operare positivamente soprattutto per la ricostruzione di un tessuto economico ed istituzionale sano. 
Concludo questo mio intervento auspicando, da subito, un'ampia condivisione su questo provvedimento con cui l'Italia intende collaborare con gli altri Paesi occidentali alla costruzione di un efficace apparato normativo contro il terrorismo. Ribadisco che si tratta di un momento in cui occorre unità politica e unità della politica per vincere e in fretta la sfida rappresentata dal terrorismo globale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).