Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 20 Gennaio, 2020
Nome: 
Claudio Mancini

A.C. 2302-A

Relatore. Grazie, Presidente. Il decreto si prefigge, da un lato, il conseguimento di obiettivi di carattere strutturale, essendo diretto a contribuire e favorire il superamento della situazione di marcato sottodimensionamento che caratterizza sia il sistema produttivo del Mezzogiorno, sia in particolare il sistema bancario e finanziario che opera al servizio del primo, e, dall'altro lato, il decreto è collegato alla situazione congiunturale di crisi della Banca Popolare di Bari, da cui trae il carattere di urgenza e rispetto alla quale mira a promuovere le condizioni per la ristrutturazione e il rilancio della banca, favorendo la creazione di una realtà bancaria che possa svolgere un importante ruolo di sostegno finanziario alla crescita economica.

Per quanto riguarda, quindi, il tema strutturale, è noto che il divario dimensionale, produttivo e finanziario tra Mezzogiorno e resto d'Italia, già storicamente elevato, si è ampliato nel corso della doppia recessione degli anni dal 2008 al 2012. Nel 2018 il prodotto interno lordo risultava, nel Sud, ancora di dieci punti percentuali inferiore a quello del 2007: è un divario che deriva in larga misura dalla minore produttività delle imprese meridionali, che può essere ricondotta anche alla loro minore dimensione, perché imprese troppo piccole faticano a investire in ricerca e sviluppo e ad accedere ai mercati internazionali.

Come dimostrato con chiarezza nelle audizioni tenute in Commissione, anche le banche meridionali deputate al finanziamento della piccola e media impresa locale risentono di una dimensione eccessivamente contenuta, stentano a raggiungere livelli soddisfacenti di redditività necessari ad alimentare il proprio capitale e ad espandere il credito all'economia reale. Da qui la necessità di interventi che agevolino il superamento di questi deficit dimensionali e riducano il divario di sviluppo economico tra il Mezzogiorno e le regioni dell'Italia centrale e settentrionale. Come è noto, un primo intervento legislativo in questo senso è stato l'emendamento parlamentare presentato al decreto-legge n. 34 del 30 aprile 2019, che ha portato all'introduzione dell'articolo 44-bis della legge di conversione del cosiddetto “decreto crescita”, che prevede, nel caso di aggregazioni tra società che abbiano la sede legale nel Mezzogiorno, la conversione in crediti d'imposta di alcune attività per imposte anticipate, che risultino iscritte nel primo bilancio della società risultante dall'aggregazione; una conversione che avverrebbe lungo un periodo temporale di quattro anni e limitata ad un ammontare non superiore a 500 milioni. È noto, tuttavia, che l'efficacia di queste disposizioni è subordinata alla preventiva comunicazione, ovvero, dove necessaria, all'autorizzazione della Commissione europea. È stata avviata un'interlocuzione con la Direzione concorrenza della Commissione e sono stati rappresentati ai servizi della Commissione le ragioni in base alle quali lo schema previsto dalla norma potrebbe essere considerato compatibile con gli orientamenti della Commissione in materia di aiuti di Stato, cioè con il regolamento di esenzione. In ogni caso, occorre essere consapevoli che tali misure possano incentivare le iniziative e l'apporto di capitali privati per il superamento di condizioni critiche, anche nello specifico caso di cui ci stiamo occupando in questo momento, ma non possono sostituirsi agli altri strumenti. In altri termini, non possono essere quelle norme, di per sé, da sole, risolutive, né sul piano qualitativo, né su quello delle risorse necessarie. Alle ragioni storiche prima citate sul sottodimensionamento strutturale delle aree del Sud, si sono recentemente aggiunti fattori di particolare urgenza, connessi all'accelerazione di alcune situazioni di crisi di imprese di grande rilevanza per il territorio locale. E in particolare, la crisi della Banca Popolare di Bari ha confermato, ancora una volta, la necessità di delineare interventi a carattere strutturale che abbiano, quale obiettivo esplicito e prioritario, il rilancio del tessuto economico del Sud Italia. È in questo scenario che si inquadra il decreto-legge di cui stiamo discutendo, che predispone la dotazione patrimoniale per l'operatività a pieno regime di una banca di proprietà pubblica, operante in base a criteri e condizioni di mercato, che sia capace, anche attraverso la promozione di aggregazioni e di altre operazioni di sistema, di sostenere la crescita delle imprese del Mezzogiorno e di contribuire, così, a ridurre il divario di sviluppo economico ricordato all'inizio di questo intervento. Il provvedimento assegna a Invitalia uno più contributi in conto capitale fino a 900 milioni di euro nel 2020, interamente finalizzati al rafforzamento patrimoniale della società Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale, per la promozione di attività finanziarie e di investimento anche a sostegno delle imprese e dell'occupazione del Mezzogiorno, che possano sostanziarsi anche attraverso l'acquisizione di partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie operanti nel Sud Italia. Inoltre, il decreto dispone che, a seguito di tali operazioni di acquisto, con decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico, si possa autorizzare la scissione di Mediocredito Centrale e la costituzione di una nuova società, interamente partecipata dal Ministero dell'Economia e delle finanze, cui assegnare le attività e le partecipazioni acquisite in banche e società finanziarie. Tale possibilità si riferisce all'eventualità in cui sorgano esigenze di razionalizzazione dell'assetto operativo e organizzativo del Mediocredito Centrale, al momento non escludibili. La copertura finanziaria dell'intervento è individuata nelle risorse iscritte in bilancio destinate alla partecipazione al capitale di banche e fondi internazionali, come rifinanziate per l'anno 2020 dalla legge di bilancio. Il decreto consente a Mediocredito Centrale di prendere parte, insieme con il Fondo interbancario di tutela dei depositi e insieme a eventuali altri investitori, a un aumento di capitale che verrà deliberato dalla Banca Popolare di Bari ai fini del suo rilancio. Come è noto, infatti, lo scorso venerdì 13 dicembre la banca è stata sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria da parte della Banca d'Italia.

A seguito delle negoziazioni avviate fin da subito dagli amministratori straordinari della Banca Popolare di Bari con Mediocredito Centrale e con il Fondo interbancario di tutela dei depositi, alla fine dello scorso anno sono state assunte coerenti deliberazioni che hanno posto in sicurezza la banca e costituiscono il presupposto per procedere nella realizzazione di un progetto strategico di ristrutturazione e rilancio della Banca Popolare di Bari entro la metà di quest'anno. Questo progetto prevede a regime la trasformazione della banca in una società per azioni, con la copertura delle perdite che emergeranno a seguito delle valutazioni condotte dai commissari e la contestuale ricapitalizzazione della banca da parte di Mediocredito Centrale, del Fondo interbancario di tutela dei depositi e di altri investitori privati che potranno auspicabilmente essere individuati. In tale ottica il consiglio del Fondo interbancario ha approvato all'unanimità un intervento immediato a favore della Popolare di Bari per l'importo di 310 milioni di euro, nell'ambito del più ampio progetto di rafforzamento patrimoniale che potrà arrivare sino a 1,4 miliardi di euro da realizzare nei prossimi mesi. Inoltre, sia il Fondo sia Mediocredito Centrale hanno sottoscritto, assieme con la Banca Popolare di Bari, un accordo quadro che definisce i passi successivi da compiere per il completamento dell'operazione nel quadro di un percorso e di una tempistica predefinita. L'accordo quadro contiene, tra l'altro, le linee strategiche del piano industriale per il rilancio della banca pugliese, il recupero del suo equilibrio economico e patrimoniale e l'assunzione da parte della stessa di un ruolo centrale nel finanziamento dell'economia del Mezzogiorno.

Come già in occasione della partecipazione all'aumento di capitale di Carige, l'intervento del Fondo interbancario è in linea con i principi consolidati affermati dalla Corte di giustizia e ribaditi nella sentenza del tribunale dell'Unione europea relativa proprio al “caso Tercas” e, cioè, le risorse del Fondo sono private e il contesto normativo italiano, unito alla peculiare governance del Fondo, assicura la sua assoluta autonomia sia dall'autorità di vigilanza sia dal Governo nella valutazione prima e nella deliberazione poi degli interventi preventivi o alternativi al rimborso dei depositanti.

Quanto all'intervento di Mediocredito Centrale, l'importo e le modalità del proprio intervento saranno definiti in funzione di una remunerazione attesa del capitale investito in linea con normali condizioni di investimento e ancorata a parametri e logiche di mercato. Tale ottica è coerente con l'obiettivo generale del decreto-legge di realizzare una banca d'investimento che promuova, secondo criteri e condizioni di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento con un'attenzione particolare rivolta al sostegno delle imprese del Mezzogiorno. Essa è, inoltre, pienamente coerente con i vincoli previsti dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato. La valutazione della Commissione europea al riguardo sarà infatti incentrata sulla verifica del cosiddetto test “dell'investitore privato in un'economia di mercato”, in base al quale dovrà essere dimostrato che in circostanze analoghe un investitore con dimensioni e formazioni analoghe avrebbe effettuato l'investimento di cui si discute.

Condizione necessaria per consentire a Mediocredito Centrale di partecipare alla ricapitalizzazione e al rilancio della Popolare di Bari è, quindi, la predisposizione da parte della stessa banca di un piano industriale robusto e credibile, sulla base del quale Mediocredito Centrale potrà definire la dimensione e le modalità del proprio intervento nel quadro della propria autonoma valutazione imprenditoriale, che non potrà che svolgersi secondo logiche di mercato e nel rispetto della disciplina in materia di aiuti.

É in questo complesso contesto che si è svolto il lavoro della nostra Commissione finanze, nella consapevolezza della necessità di convertire il decreto in tempi rapidi ma anche dell'opportunità di ascoltare contributi importanti sia degli attori istituzionali che di quelli sociali. Sono stati auditi i sindacati, i sindaci di Bari e di Teramo, Federcasse, le associazioni dei consumatori e i comitati rappresentativi dei soci. C'è stata, inoltre, un'interlocuzione approfondita con gli attori istituzionali, a partire dai commissari della Popolare di Bari, Banca d'Italia, Invitalia, Mediocredito Centrale, fino alla conclusiva audizione dello stesso Ministro Gualtieri. Posso riferire all'Aula che pur nelle diverse collocazioni tutte le forze politiche presenti in Commissione hanno espresso grande consapevolezza per la necessità di preservare il sistema bancario da un rischio di un fallimento di una realtà importante come quella della Popolare di Bari e, allo stesso tempo, di non disperdere il capitale di fiducia, di professionalità e di radicamento territoriale che quella banca mantiene e che sarà un asset importante per la Banca del Mezzogiorno.

Certo, molto si è discusso e approfondito in Commissione sulle ragioni delle difficoltà finanziarie della Popolare di Bari, di come abbia funzionato il sistema dei controlli, di quali effetti abbia prodotto l'acquisizione di Tercas, di come siano stati prospettati agli acquirenti i valori delle quote della banca, ma posso dire che più che la polemica sul passato è prevalso nel confronto in Commissione un'attenzione al futuro, alle scelte necessarie che con questo decreto si compiono. Il mandato al relatore è stato approvato con ampio consenso e senza nessun voto contrario dopo che è stato approvato all'unanimità un emendamento che esprime la volontà del Parlamento di seguire con attenzione gli sviluppi dell'intervento sulla Popolare di Bari e gli sviluppi della banca d'investimento nel Mezzogiorno. Mediocredito Centrale dovrà riferire nelle competenti Commissioni parlamentari ogni quattro mesi sull'utilizzo delle risorse assegnate, anche con particolare attenzione alle ricadute occupazionali e al sostegno al sistema delle imprese che deriveranno dall'attuazione del decreto. Parimenti, il Governo, qualora il Ministro dell'Economia e delle finanze ritenesse di operare la scissione dal Mediocredito Centrale degli asset acquisiti in virtù dei 900 milioni di euro che qui vengono stanziati, sarà tenuto a riferire al Parlamento dei contenuti e delle modalità con cui si darebbe avvio al soggetto finanziario interamente partecipato dal MEF previsto dal decreto.

In conclusione, Presidente, colleghe e colleghi, pur essendoci punti aperti di difficoltà - e segnalo all'Aula la questione posta dai colleghi umbri sulla banca di Orvieto, partecipata al 75 per cento dalla Popolare di Bari, la necessità posta dai sindacati di una chiarezza sul piano di ristrutturazione e sulla questione degli esuberi e la necessità anche di mantenere un rapporto con i soci della Popolare di Bari, che dovranno votare la trasformazione in società per azioni - resta comunque un dato di fondo che emerge dal lavoro fatto in Commissione, cioè che si può contemporaneamente chiudere e affrontare una vicenda negativa del sistema bancario italiano e metterla alla base di un progetto che con la Banca del Mezzogiorno possa essere un progetto di sviluppo e crescita per il nostro Mezzogiorno.