Dichiarazione di voto sulla questione di fiducia
Data: 
Lunedì, 12 Ottobre, 2020
Nome: 
Enrico Borghi

A.C. 2700

Grazie, signora Presidente. Signori del Governo, onorevoli colleghi, i deputati democratici voteranno a favore della fiducia posta dal Governo su questo provvedimento e lo faranno sostanzialmente per tre ordini di motivi, che vorrei, nel tempo che mi è attribuito, esplicitare.

Innanzitutto per una questione di merito. Basta scorrere i titoli di questo provvedimento, per comprendere quanto è il lavoro fatto dal Governo e dal Parlamento. Vorrei riconoscere, in un quadro di oggettiva complessità nel rapporto fra Camera e Senato, che questo provvedimento è stato significativamente modificato, positivamente modificato, nel lavoro parlamentare al Senato. A quel lavoro hanno partecipato in maniera non banale anche le opposizioni. Quindi, le asserzioni, che anche in questa sede sono state portate, circa una negligenza o una non volontà di ascoltare il contributo da parte delle minoranze, credo risponda più ad una retorica manichea, che non all'effettiva rispondenza della realtà. Questo provvedimento è stato costruito ed è stato modificato, per andare nella direzione della tenuta economica e sociale del Paese. Per quel che ci riguarda, vuole essere un sostegno alle sofferenze del Paese reale. Noi sappiamo che il Paese sta soffrendo e che la pandemia e l'indotta crisi economica, che da essa è stata innescata, sta mordendo nei confronti di famiglie, di imprese, di comunità. Quindi, per le misure che sono contenute all'interno di questo decreto, basta scorrere i titoli principali, dalla proroga della cassa integrazione e della Naspi all'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato, alle misure per l'edilizia scolastica a favore del lavoro agile, alla proroga delle scadenze fiscali, lo stop ai licenziamenti, l'eliminazione - o meglio la sospensione - dell'IMU per il settore degli spettacoli. Insomma, tutto un compendio, che ci dice che cerchiamo di ascoltare quel grido di difficoltà, di sofferenza e di bisogno, che sale dalle nostre comunità. Non votare oggi questo provvedimento significherebbe non dare una risposta nei confronti dei bisogni di quelle categorie di quelle persone.

Peraltro, in questi giorni, anche autorevoli voci del mondo del giornalismo, non certamente ascrivibili alla maggioranza di Governo, hanno dovuto riconoscere che, complessivamente, la gestione del fenomeno pandemico in questi mesi è stata una gestione all'altezza e che ci consente, rispetto anche ad altre nazioni europee, di poter affrontare questa difficile fase, che si sta aprendo in una condizione diversa, rispetto a nazioni importanti che hanno la stessa dimensione e la stessa importanza della nostra realtà nazionale.

Però, c'è un secondo tema, signora Presidente, che ci induce a votare a favore della fiducia, che è un tema politico, quasi banale. Un Governo ci deve essere e penso, oggi, in una situazione di pandemia, in una situazione di un Paese alluvionato. Sabato e venerdì ho avuto l'occasione di attraversare le province dell'Alto Piemonte. Potrei illustrarvi a lungo qual è la situazione in quel contesto, che ha visto la presenza importante del Governo sul posto, in una situazione di importanti e delicati negoziati con l'Unione europea, che sono attualmente in corso.

Bene, solo gli irresponsabili e i propagandisti possono agitare l'arma retorica, peraltro spuntata, del ricorso alle elezioni. Un Paese non si governa con la propaganda, men che meno lo si governa con una propaganda che spesso sconfina con la irresponsabilità. E, poi, c'è un terzo tema che ci induce a votare a favore, che è il tema, vorremmo definire, sistemico. Questo decreto può essere definito in qualche misura l'anello di congiunzione tra due fasi: la fase, potremmo definirla, ad alto impatto, che ci stiamo lasciando alle spalle e che ha significato per noi soprattutto il ricorso all'indebitamento: 100 miliardi per far fronte alla capacità del Paese di rimanere in piedi di fronte al più grave shock sanitario ed economico del dopoguerra. Si poteva fare diversamente? Probabilmente no! Quelli che ci hanno criticato non ci hanno, però, dato una risposta concreta ad un'alternativa. Si può continuare così? Sicuramente no. Non possiamo spingere il Paese verso una logica di progressivo e inarrestabile indebitamento per far fronte ai bisogni che ancora ci sono e per governare anche le conseguenze di quella che si appresta a essere la seconda fase di una pandemia che ancora non accenna a diminuire.E, quindi, noi entriamo, con questo decreto, nella cosiddetta fase della ricostruzione, che è fatta di diversi capitoli e che proprio questa settimana vedrà il Parlamento, quest'Aula, esprimersi sul tema della NADEF e che apre la strada a dei capitoli importanti che fanno non dell'indebitamento ma della capacità di mettere in campo nuove risorse e nuove modalità, che l'Italia ha ottenuto nel quadro del concerto europeo, l'elemento fondamentale della costruzione di una politica. Dovremo costruire una legge di bilancio, dovremo definire i contenuti del Recovery Fund, dovremo attivare i percorsi legati al programma SURE, dovremo sciogliere il nodo del MES, che noi del Partito Democratico riteniamo debba essere un elemento fondamentale per consentire alla nostra sanità pubblica di fare quel salto ancora in avanti per affrontare in maniera ancora più compiuta la difficile fase che stiamo vivendo. E, poi, c'è il tema dell'autonomia differenziata, che presto arriverà all'attenzione delle Camere. Insomma, si apre una nuova stagione, una nuova stagione nella quale noi non ci sottraiamo al punto politico che anche altri colleghi hanno evidenziato, una stagione nella quale letture monocamerali e decreti a raffica non aiutano i processi e i percorsi politici. Insomma, se si vuole uscire insieme dalla crisi le istituzioni vanno rafforzate, non vanno indebolite, ed è per questo che noi riteniamo che si debba agire nella direzione non solo di un coinvolgimento del Parlamento ma in una fase di ascolto del Parlamento.

Siamo perfettamente consapevoli della difficoltà degli strumenti e dei meccanismi e ci voleva forse questa pandemia per farci convincere tutti della crisi inarrestabile e non risolvibile del bicameralismo perfetto. Ed è anche per questo motivo che il Partito Democratico, all'indomani del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, ha presentato un pacchetto di riforma organica che va nella direzione di una differenziazione delle funzioni delle Camere, per evitare di trovarci nelle condizioni in cui anche oggi noi ci ritroviamo, in una sorta di monocameralismo de facto che non può, però, diventare un elemento sistemico per gestire il futuro. È una nuova stagione, forse anche a giudicare da quello che si legge dai giornali, dal punto di vista politico. Noi non sappiamo se la rivoluzione liberale, che è stata annunciata dalla Lega, sarà qualcosa che andrà in fondo. La presenza del mio quasi omologo collega, che parlerà dopo di me, forse smentirà alcune affermazioni che abbiamo letto nei giorni scorsi, ma vedremo se Salvini riuscirà laddove fallirono in passato Gobetti, Malagodi, Berlusconi. Ma sicuramente vi sono, al di là dell'evoluzione naturale del dibattito politico, anche alcuni punti di contatto sul piano parlamentare e ne voglio citare due, perché bisogna rifuggire da questa logica manichea sulla base della quale per forza di cose su alcuni temi strutturali bisogna ogni volta - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - dividersi tra maggioranza e opposizione in una logica di guerra di crociate.

Il punto del MES, che vede alcune sensibilità tra noi e pezzi dell'opposizione, oppure il tema dell'autonomia differenziata e della riforma degli enti locali, che anche in questo caso vede alcuni punti di convergenza sempre tra noi democratici e altri pezzi della opposizione.

Insomma, il ruolo del Parlamento in questa direzione è un ruolo essenziale e vorrei concludere con un ricordo, che proprio in una stagione lontana, nella quale il Parlamento veniva considerato nella sua giusta accezione, venne creata quella legge che oggi ci consente di poter affrontare questa straordinaria difficoltà che stiamo vivendo. Era il dicembre 1978 e si varò, con una iniziativa parlamentare e anche con un sostegno di una Ministra dell'epoca particolarmente illuminata come l'onorevole Anselmi, la riforma del meccanismo della sanità nel nostro Paese e l'introduzione del Servizio sanitario nazionale. Quella fu una bella pagina della nostra storia e siamo convinti che, con la capacità di riuscire a recuperare questa dimensione, questo spirito e questa capacità di reciproco ascolto, noi potremo dare una risposta a quello che il Paese si attende, perché - e concludo con questa riflessione - penso avesse ragione Henry Ford quando ci diceva che mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso e lavorare insieme è un successo. Ecco, credo che dobbiamo lavorare insieme per il successo dell'Italia.