Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 26 Luglio, 2021
Nome: 
Paolo Lattanzio

A.C. 3201​

Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, Ministra Bonetti, lasciatemi iniziare con una, spero simpatica, provocazione, perché, fra le tante cose che abbiamo sentito in quest'Aula, si è detto che parliamo soltanto di vaccini. Dopo un weekend come questo, mi vien da dire che l'attività di sensibilizzazione e la campagna vaccinale hanno avuto il loro effetto, se anche dei leader che strizzavano un po' l'occhio ai no-vax, si sono vaccinati. Quindi, questo è un buon punto di partenza.

È stato raccontato di tutto, dagli antimafia, ai banchi a rotelle, qualunque tema. Io farò uno sforzo un po', come dire, laterale rispetto a questo, provando a fare due operazioni.

La prima: mettendo insieme i punti di un percorso, che, sul finire della precedente esperienza di Governo, anzi sull'intera esperienza di Governo precedente, del “Conte 2”, e sull'attuale Governo, ha avuto l'obiettivo di rimettere al centro della politica italiana l'infanzia. Primo punto.

Secondo aspetto, altrettanto importante, che sento di dover condividere all'interno di questa discussione generale, è che il lavoro fatto dalla Ministra Bonetti, nel precedente e nell'attuale Governo, e dalle forze di maggioranza che in molte occasioni l'hanno appoggiata, è un lavoro non soltanto per la famiglia, ma è un lavoro anche più raffinato, che guarda alla centralità dei bambini e delle bambine, che è ben altro da guardare soltanto ad un impegno, che pure c'è ed è familiare.

Il X Atlante dell'infanzia (a rischio) di Save the Children Italia, che è stato consegnato pochi mesi fa, quindi fotografa già la pandemia ancora in corso, ha un titolo evocativo: Il tempo dei bambini. Ed effettivamente, anche se io non sono uno facile agli entusiasmi su questo tema, perché credo si possa e si debba fare sempre di più per l'infanzia a rischio, ma non solo, effettivamente questo sembra essere un periodo storico nel quale, finalmente, sui bambini e sulle bambine si inizia a prestare un po' più di attenzione e, soprattutto, al di là delle parole, si iniziano a stanziare dei fondi, come è avvenuto con il “Conte 2” e con l'attuale Governo Draghi.

Credo sia, quindi, un momento importante, politicamente, che si aggiunge ad una sana cooperazione su questo tema, che va avanti da tempo fra Governo e Parlamento; una cooperazione che ha visto il lavoro congiunto al Family Act, l'approvazione all'unanimità della mozione proposta dal sottoscritto - quindi dal Partito Democratico - sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, l'inserimento di un capitolo “infanzia” nei PNRR consegnato a Bruxelles, il contributo costante di stimolo e di pungolo dell'Intergruppo infanzia, il lavoro costante della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, quando non prende alcune deviazioni un po' medievali ed ideologiche su altri temi. Tutto questo per dire che l'assegno unico, che a noi deve interessare nella sua complessità come intervento, costituisce, sulla base del principio universalistico, un beneficio economico attribuito in maniera progressiva a tutti i nuclei familiari che abbiano dei figli a carico, al fine di favorire la natalità, di sostenere la genitorialità, di promuovere l'occupazione, con un'attenzione particolare a quella femminile. Questa è la complessità degli interventi - più di uno - ai quali il Governo sta lavorando e ha lavorato.

Questo è un passaggio decisivo perché investire sull'infanzia e progettare politiche innovative per l'infanzia significa produrre dei benefici e del benessere che hanno valore e ricadono su tutta la cittadinanza: per i giovani - in uno dei Paesi non solo più anziani ma più attaccati al potere anziano, e non solo in politica - che possono finalmente contare su un sostegno quando decidono di mettere al mondo i propri figli; per i genitori, soprattutto coloro che si trovano in situazioni socioeconomiche più difficili e che hanno così la possibilità di accedere a risorse aggiuntive per provvedere al benessere dei propri figli e alla costruzione, per loro, di adeguate opportunità che non li lascino indietro; per le donne, che grazie all'assegno hanno maggiori opportunità di poter lavorare senza venir tagliate fuori per lo svolgimento esclusivo dei compiti di cura, che portano troppo spesso ad assimilare gravidanza ed esclusione dal mondo del lavoro; con benefici, però, diretti anche - e qui parlo in prima persona - per gli uomini e per i padri, che vedono migliorare la loro possibilità di approccio alla paternità e alla cura, che è responsabilità - quella sì - collettiva.

L'assegno temporaneo in esame è disposto anche con riferimento ai minori a carico, adottati o in affido preadottivo, anche se sugli aspetti più tecnici vado molto veloce in quanto la collega Noja ha già illustrato ampiamente i vari aspetti. L'assegno, inoltre, contribuisce a dare un po' di ossigeno a circa un milione e 200 mila bambini in povertà assoluta. Questo è un dato che, oltre ad indignarci - perché l'indignazione, si sa, ha durata limitata e prevede un'azione molte volte ridotta - deve costituire un monito costante ad avere l'infanzia al centro delle politiche, a mettere sempre l'infanzia al centro delle azioni politiche del Governo, come con il collega Paolo Siani e con l'Intergruppo stiamo provando a fare, sensibilizzando tutti affinché gli interventi sull'infanzia, anche con la collaborazione e l'interlocuzione preziosa con la Ministra, non siano interesse specifico della sola Commissione affari sociali o della sola Commissione cultura, ma siano una lente attraverso la quale leggere in maniera civile, moderna e innovativa il Paese e le politiche per il Paese.

Per questo, con una proposta di legge, abbiamo anche chiesto che il ruolo dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza venga non solo potenziato, ma abbia voce in capitolo nei momenti di elaborazione del DEF e della legge di bilancio, come avviene già in altri Paesi anglosassoni, affinché si possa verificare che quelle politiche decantate sull'infanzia trovino, poi, un punto di messa a terra negli interventi specifici che vengono realizzati dai vari Governi.

L'assegno unico servirà - è stato già detto - anche a contrastare la denatalità. Il numero di figli per donna in età fertile, come ci ricorda il presidente della Società italiana di neonatologia, il dottor Fabio Mosca, è fermo sotto l'1,4. Siamo non solo fanalino di coda in Europa, ma, secondo le previsioni Eurostat, nel 2050 nasceranno appena 375 mila bambini in Italia. Questo vuol dire che stiamo ridisegnando l'idea stessa di famiglia: tre quinti dei bambini non avrà fratelli, cugini, né zii, ma solo genitori, nonni e bisnonni; è una trasformazione tutta verticale nel rapporto fra generazioni, come citato anche dal collega di Forza Italia poco fa.

Sappiamo bene che non servono misure spot, ma occorrono investimenti stabili e certi, ed è necessario aiutare le famiglie in modo costante e sicuro; per questo ho voluto citare nuovamente, in principio di intervento, gli aspetti e i diversi momenti in cui gli ultimi due Governi sono intervenuti sull'infanzia e sull'adolescenza. Dobbiamo dare ancora fiducia e sostegno ai ragazzi, soprattutto giovani, che vogliono mettere al mondo dei figli, senza che siano costretti a scegliere sempre fra carriera e famiglia, senza che vivano nel terrore di non farcela, alimentando precariato ed offerte di lavoro al ribasso che alimentano questo meccanismo perverso, senza che debbano sempre e solo sperare nella buona salute dei nonni per poter avere un aiuto economico o logistico per crescere i figli in maniera sana e dignitosa. L'Italia è l'unico tra i grandi Paesi europei a non avere ancora una misura semplice e universalistica, checché se ne dica, per i figli a carico. È stato compiuto un primo passo, che è un primo passo ed è decisivo. Di grande importanza è anche il premio alla nascita o all'adozione, che consiste in un assegno in un'unica soluzione, pari a 800 euro, spettante al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione. Parlare del settimo mese di gravidanza significa riconoscere l'importanza necessaria ai primi mille giorni di vita, che iniziano già durante la gravidanza, perché la genitorialità si inizia a costruire in quel momento, perché il bambino e la bambina sono portatori di diritti già in quella fase.

È scientificamente dimostrato - ovviamente, non dal sottoscritto, ma dal premio Nobel per l'economia Heckman - che la rendita economica di un investimento nelle varie età della vita produce una curva molto semplice ed esplicita, altrettanto impressionante, ossia: maggiormente precoce è l'investimento, maggiore è il tasso di rendimento economico. Infatti, compensando i rischi biologici e sociali, si ridurranno i costi successivi per la riabilitazione, l'assistenza, gli interventi scolastici speciali e, infine, anche le misure della giustizia. Molti ricercatori hanno dimostrato che l'investimento nei primi anni di vita è tanto più efficace quanto più il livello socioeconomico è basso. In questo modo si inizia anche a contrastare quel vincolo che va, via via, crescendo in maniera sempre più forte fra appartenenza dei bambini e delle bambine alle fasce sociali in difficoltà socioeconomiche e culturali e i bassi rendimenti scolastici. Solo intervenendo sui primi mille giorni si può sperare di sganciare queste due variabili, che sono sempre più interdipendenti e che, purtroppo, crescono insieme.

Va in aggiunta sottolineato che gli investimenti precoci sull'infanzia in determinati contesti territoriali, segnati dal degrado e della pervasività dei fenomeni criminali, non solo incidono ai fini della riduzione delle disuguaglianze, ma rappresentano uno straordinario strumento di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata. Senza bisogno di scomodare dotte citazioni che chiamerebbero in causa il giudice Paolo Borsellino e il magistrato Rocco Chinnici - che sono state, ovviamente, delle vittime della violenza mafiosa e che proprio in questa fase sono state più volte ricordate - è ormai evidente che l'investimento sull'infanzia, in educazione e cultura è uno degli strumenti più potenti che lo Stato ha in mano per contrastare le mafie; ce lo confermano anche i commissari dei comuni sciolti per mafia, all'interno dei quali viene notato come gli investimenti in cultura, in istruzione e in coesione sociale crollino fortemente all'aumentare dell'infiltrazione mafiosa nella gestione degli enti pubblici. Qui è bene ricordare alcuni numeri: sono circa 700 mila, in Italia, i minori che vivono in uno dei 178 comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi vent'anni, che ovviamente si trovano per la maggior parte nelle regioni di nascita delle consorterie mafiose - Campania, Sicilia, Calabria e Puglia - con propaggini sempre più frequenti nel Lazio e nel Nord, con Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta. Crescere in un territorio ad alta densità mafiosa significa dover fare i conti, fin da subito, con un sistema economico, politico e sociale profondamente alterato dalle sue fondamenta e, quindi, offrire un'opportunità a questi bambini e a queste bambine può rappresentare una svolta non solo per loro, ma per l'intero Paese.

Adesso bisognerà, però, lavorare per i servizi, perché ogni bambina e ogni bambino ha diritto a servizi socioeducativi di qualità, a Bolzano come a Trapani. Questo è il punto cruciale che va affrontato immediatamente, perché è importante ma non sufficiente il solo contributo economico, che deve, sempre più chiaramente, essere vincolato ad una spesa effettiva per l'infanzia. Come ha detto proprio in quest'Aula, pochi mesi fa, il Premier Draghi: per rilanciare l'economia non bastano i sussidi, ma bisogna evitare le disuguaglianze investendo sul futuro dei giovani.

Siamo tutti consapevoli che senza servizi, soprattutto, di qualità - su tutti, ovviamente, gli asili nido -, il contributo economico, pure importante, rischia di diventare meno efficace proprio lì dove è più necessario, dove cioè è concentrata la povertà minorile, materiale ed educativa, perché, è proprio nelle aree, ahimè, del Sud del Paese, che i servizi sono quasi del tutto assenti o carenti. Save the Children ci ricorda che il panorama dell'offerta educativa per la prima infanzia è, infatti, frammentato e gravemente lacunoso nelle varie regioni. I bambini presi in carico dai servizi finanziati dai comuni sono 25 su 100 in Emilia Romagna, 2 su 10 in Calabria, solo per fare 2 esempi. Nel decimo Atlante dell'infanzia a rischio si racconta come in Italia il numero di bambini in povertà assoluta e, quindi, senza un'alimentazione adeguata, né una casa, è triplicato in Italia nel 2020, non lontano da casa nostra. Ecco, quindi, vado a chiudere. Con l'approvazione della legge e dell'insieme di interventi sull'infanzia a partire dall'assegno unico, si inizia a dare una risposta a questa crisi, anche perché il reddito di cittadinanza ha dimostrato che proprio con le famiglie con figli fallisce miseramente. Sembra proprio che sia arrivato il tempo dei bambini, voglio essere fiducioso questa volta, non dobbiamo però abbassare la guardia, dobbiamo mettere a regime gli interventi, investire sulla child guarantee, rilanciare la centralità economica e culturale connessa alla cura dell'infanzia, combattere il lavoro minorile, investire nel contrasto della povertà educativa, progettare politiche di interventi davvero a misura di bambino e di bambina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).