Dichiarazione di voto finale
Data: 
Venerdì, 30 Dicembre, 2022
Nome: 
Bruno Tabacci

A.C. 705

Signora Presidente, rappresentanti del Governo, il combinato disposto della legge di bilancio e di questo primo decreto-legge è la carta di identità del Governo e della sua maggioranza parlamentare. Se la manovra di bilancio è stato oggettivamente condizionata dalla ristrettezza dei tempi, l'emanazione del primo decreto-legge è stata caratterizzata dalla fretta di mandare un segnale. La Presidente Meloni lo ha detto esplicitamente oggi in conferenza stampa: abbiamo mandato un segnale, siamo arrivati noi. E intanto, invece di correggere la qualità della legislazione, diamo un segno opposto producendo un provvedimento non sulla spinta dell'urgenza ma su quella di cogliere l'occasione anche la più irragionevole. E così ne esce un provvedimento inutile e dannoso che tra l'altro, a causa della sua improvvisazione, ha subìto una profonda attività emendativa. Mentre avremmo bisogno di una giustizia penale più puntuale, istituiamo una nuova fattispecie di reato che si caratterizza per la sua ambiguità a tal punto da renderla inapplicabile: una vera e propria grida di manzoniana memoria, che prevede pene sproporzionate nella certezza che tanto non ci sarà occasione di infliggerle ad alcuno. E infatti il raduno rave di Modena si è risolto con l'iniziativa prudente e misurata delle autorità modenesi, a cominciare dal prefetto e dal questore. Le dichiarazioni del Ministro Piantedosi, invece, non si sono segnalate, considerata la motivazione che ha dato al decreto, con gli stessi caratteri di prudenza e di misura. La decretazione d'urgenza non può essere piegata alle ragioni di una presunta immagine del Governo o, peggio ancora, di una comunicazione strumentale e fuorviante. Non c'era e non c'è una emergenza rave; mentre c'è ancora purtroppo una emergenza sanitaria che ha costretto oggi il Ministro della salute a riferire in Parlamento sui rischi di importare qualche nuova variante al COVID. E cosa fa il decreto in esame? L'onorevole Donzelli ne ha dato l'interpretazione autentica con un comizio di basso livello, perché di questo si è trattato. Faccia pure la Commissione parlamentare per indagare, magari cominciando dalla Lombardia: c'è molto da approfondire in quel contesto. Cosa fa il decreto? Trova il modo di lanciare un messaggio obliquo ai no-vax con il reintegro in servizio del personale sanitario no-vax, il rinvio delle multe ai non vaccinati, lo stop del green pass nelle RSA e negli ospedali, la inutilità del tampone per uscire dall'isolamento, proprio nel momento in cui dovremmo rilanciare con determinazione la campagna di vaccinazione, specie per i più deboli e per i più fragili. Oggi però il Ministro questa cosa l'ha detta: ha detto che la differenza rispetto alla Cina è che i cinesi non si sono vaccinati o comunque i vaccini che avevano non erano efficienti, mentre noi italiani abbiamo fatto la nostra parte. La campagna di vaccinazione che, nonostante i no-vax, è stata la svolta per il Paese voluta dal Governo Draghi con la nomina del Commissario Figliuolo, che ha cambiato verso alla disastrosa confusione delle contraddittorie gestioni regionali: questo è un altro punto da fissare con grande attenzione. Basta tornare con la memoria a quelle settimane e a quei primi mesi per capire in quale condizione ci siamo trovati. Poco più di un anno fa, soprattutto la Lombardia era affondata nel fallimento della sua campagna per il solo vaccino antinfluenzale. Vediamo di non scherzare con il fuoco, perché il prezzo pagato dal nostro Paese sulla vicenda COVID è stato altissimo. Oggi ho molto apprezzato l'intervento del collega bergamasco Benigni: è stato un prezzo altissimo ma, dopo le incertezze iniziali, si è imboccata la strada giusta con un'ampia adesione della stragrande maggioranza del Paese: vediamo di non inviare ora segnali sbagliati.

E, da ultimo, la questione del regime ostativo, sul quale c'è un richiamo reiterato della Corte costituzionale ma cosa c'entra con lo strumento legislativo utilizzato, che richiede i requisiti della necessità e dell'urgenza?

Nulla, perché se la risposta non è equilibrata (e questa non lo è) richiederà un nuovo intervento della Corte Costituzionale. Sul tema della giustizia sono proprio trent'anni che, chi più chi meno, ha pensato di fare un uso politico della questione giudiziaria. Non vorrei ricordare le stagioni che abbiamo attraversato ma certo l'uso politico ha fatto emergere evidenti contraddizioni, anzi le ha fatte esplodere. È proprio il caso di dire o di ricordare che chi è senza peccato scagli la prima pietra. Abbiamo visto all'opera chi esibiva il cappio: erano grosso modo in quei banchi là, era il cappio della Lega; chi lanciava le monetine davanti al Raphael; chi presidiava il marciapiede davanti alle procure: erano le televisioni di Berlusconi; chi ha cavalcato Mani Pulite vincendo le elezioni e volendo fare Ministri Di Pietro e Davigo piuttosto di Colombo e poi, con l'avviso di Napoli, ha sollevato la questione dell'intreccio tra giustizia e politica. Ma con quale credibilità chi si è fatto carico di impostazioni di questa natura può pensare di fare una riforma della giustizia che sia giusta e che metta al loro posto la funzione della politica rispetto a quella giudiziaria. Ho sentito dire alla Presidente del Consiglio che lei sarebbe garantista nella procedura processuale ma che sarebbe giustizialista nella parte dell'esecuzione della pena. Le evasioni di Milano, all'istituto Beccaria, ci riportano alla condizione carceraria del nostro Paese e al fatto che la pena inflitta ad una persona condannata non può essere sganciata dalla necessità di recuperare quella persona senza attentare alla sua dignità. Lo Stato non può essere guidato dalla vendetta: chi commette reati deve essere perseguito con una giustizia giusta e possibilmente rapida e con l'obiettivo di reintegrarlo nella società. È la Costituzione della nostra Repubblica che ci dovrebbe imprimere nella coscienza questi valori perché c'è chi ha dato il sangue perché arrivasse questa Repubblica e i valori della Costituzione sono segnati nei valori della Resistenza. Il mio maestro Giovanni Marcora era uno di quei giovani che hanno fatto una battaglia decisiva sulle montagne del nord e che hanno dato vita alla Repubblica della Val d'Ossola e, quando sentiamo queste cose, bisognerebbe inchinarsi e, anche quando la Presidente Meloni continua nobilmente a richiamare la figura di Mattei, bisognerebbe ben sapere chi era Mattei: era il capo dei partigiani cristiani, non era uno qualsiasi, era un leader politico di dimensioni strategiche, che aveva quindi una cultura dentro di sé che lo faceva guardare al resto del mondo con una capacità di vedere molto avanti. Ecco teniamo conto di questo quando parliamo di Piano Mattei e parliamo dell'Africa dove sono le radici di questa cultura politica e di questa cultura popolare. C'è molto da fare su questo terreno ma, se non c'è un profondo cambiamento dentro di noi, fatalmente obiettivi politici di parte porteranno riforme sbagliate, mentre la giustizia ha bisogno di ben altro. E da ultimo - ma dà il segno della qualità del Governo - ho letto l'intervista a Il Messaggero dal Ministro Crosetto….

...che nel delicato Ministero che dirige dovrebbe astenersi dal lanciarsi in un'invettiva contro i dirigenti dello Stato, preannunciando interventi con il machete nei confronti di quelli che non hanno capito che la pacchia è finita. Ma dov'è finito il senso dello Stato, chiedo io? Questo modo di intendere il servizio del pubblico funzionario non è certamente in linea con l'articolo 98 della Costituzione: i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Come abbiamo visto nella recente procedura della legge di bilancio, per fortuna che c'è la Ragioneria dello Stato che ha trovato il modo di fare quarantaquattro osservazioni pertinenti al testo varato dalla Commissione. È la legge che fissa la responsabilità di guardare alle coperture e dice chi deve farlo. Perché a chi è ha al Governo dovrebbe dar fastidio che una struttura di questa importanza faccia fino in fondo il suo dovere? Immagino cosa possano aver pensato i generali del nostro esercito che hanno letto l'intervista del loro Ministro. In questi giorni, la Presidente Meloni, ma anche lo stesso Ministro Crosetto, sono andati a visitare le nostre presenze in posizioni delicatissime nello scacchiere internazionale. Lì c'erano i generali, c'erano i responsabili che sono dei servitori dello Stato. Ma cosa avranno pensato leggendo un'intervista di questa natura?

Se poi – concludo – posso dare un consiglio al Governo, è quello di recuperare pienamente il senso dello Stato, perché la rappresentanza è precaria e anche la volatilità del consenso. Cercate di dimostrare che il Governo politico è migliore di qualsiasi altro perché è la qualità politica che esprime che lo certifica, ma se la qualità politica fosse peggiore il Governo che la esprime non potrebbe sottrarsi a questa responsabilità. Con queste motivazioni, esprimo il doveroso voto contrario alla conversione del decreto-legge in esame.