Relatore per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 16 Marzo, 2015
Nome: 
Gian Mario Fragomeli

A.C. 2915

Signor Presidente oggi iniziamo la discussione per la conversione del decreto-legge n. 4 del 2015, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU nonché la proroga dei termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale. 
È doveroso premettere che non si tratta di un passaggio normativo dal carattere iniziatico, principalmente per tre motivi: 
in primis perché la materia oggetto del provvedimento non rappresenta una nuova imposta, l'IMU sui terreni agricoli, fin dalla sua prima applicazione, ha interessato anche i terreni che possono essere adibiti all'esercizio delle attività agricole (articolo 2135 c.c.); Diversamente si è sempre trattato di un'applicazione di carattere generale alla quale sono state applicate delle deroghe-esenzioni per alcuni territori (ex circolare 9 del 1993); 
in second'ordine in quanto questo provvedimento chiude la normativa sulla copertura di uno dei più importanti e impegnativi provvedimenti del Governo Renzi, il decreto-legge n. 66 del 2014, più comunemente conosciuto come «gli 80 euro in busta paga», i 640 euro per il periodo maggio-dicembre 2014. In sostanza uno dei maggiori tagli effettuati negli ultimi anni alla contribuzione fiscale dei lavoratori e delle lavoratrici fino a 26 mila euro di reddito, portato poi a regime nel 2015. Ebbene il gettito previsto dall'imposta IMU sui terreni agricoli (euro 350 mln) ha finanziato inizialmente circa 4 euro (dei sopraccitati 80 euro) cioè il 5 per cento, per poi scendere a poco più del 3 per cento.

In ultimo e non certo per l'importanza, questo provvedimento è stato sicuramente conseguente ad un puntuale interventismo parlamentare, sintetizzabile nei seguenti passaggi: 
fin dal mese di luglio 2014, infatti, abbiamo evidenziato con una osservazione al parere del decreto legislativo n. 100 (per intenderci, il primo riguardante l'attuazione della riforma del Catasto) una verifica su questa tipologia di terreni; 
successivamente, con la presentazione (dopo l'emanazione del decreto 28 novembre 2014 attuativo del decreto-legge n. 66) di ben 3 risoluzioni in Commissione Finanze alla Camera, la prima delle quali a firma Pd (finalizzata all'introduzione di franchigie/detrazioni per i contribuenti ed a salvaguardare forme di compensazione per i mancati incassi da parte dei comuni) e, a seguire altre due presentate da Forza Italia e NCD; 
il 22 gennaio 2015, con la trasmissione di una lettera al Presidente Renzi – sottoscritta da ben 106 deputati del Partito democratico – per invitarlo ad un suo pronto intervento prima della scadenza del 26 gennaio, alla quale è seguita il giorno successivo l'approvazione del presente decreto da parte del Consiglio dei Ministri.

Tornando ai contenuti è fondamentale evidenziare che, fin dalla sua prima formulazione, il decreto si è contrassegnato per la sua portata estensiva – nel senso di un aumento dei Comuni esenti (secondo la definizione di Comuni montani) – dall'applicazione dell'IMU sui terreni agricoli. In particolare con le modifiche apportate al Senato, di 4 articoli, l'articolo 1 interviene sui criteri di esenzione dal versamento dell'IMU sui terreni montani e parzialmente montani prorogando ulteriormente, al 10 febbraio 2015, il termine per il versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2014, secondo i nuovi criteri applicativi stabiliti dal medesimo articolo. 

Un decreto che ha rimodulato l'iniziale classificazione dei Comuni esenti (i già richiamati montani) superando la definizione impropriamente legata all'altitudine rilevata presso la sede municipale per tornare ad una classificazione, seppur storicizzata ma connaturata al prevalente carattere montano del territorio comunale. 
Al riguardo merita richiamare brevemente il quadro normativo relativo al regime IMU dei terreni agricoli, rammentando in primo luogo che l'articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992, in materia di ICI, ha previsto l'esenzione per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina (ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 984 del 1977). Per individuare la lista dei terreni esenti il legislatore si è richiamato all'elenco allegato alla circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993. Detta esenzione è stata estesa all'IMU dall'articolo 9, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011. 
Successivamente l'articolo 22, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge n. 66 del 2014 ha demandato ad un decreto del Ministro dell'economia e finanze – da adottarsi entro il 24 settembre 2014 – la revisione dei criteri di esenzione IMU sui terreni agricoli sulla base del criterio dell'altitudine, diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, e disponendo che da tale revisione dovesse derivare l'ottenimento di un maggior gettito annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014. 
Si è contestualmente prevista l'esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile non ricadenti in zone montane o parzialmente montane. 
In attuazione di quanto previsto dall'articolo 22 del decreto-legge n. 66, il decreto ministeriale 28 novembre 2014 ha stabilito l'esenzione IMU per: 
i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), tenendo conto dell'altezza riportata nella colonna Altitudine del centro; 
i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base del medesimo elenco, in possesso dei coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola.

Lo stesso decreto ministeriale prevedeva che il versamento dell'IMU per l'anno 2014 fosse effettuato in un'unica rata entro il 16 dicembre 2014. 
La questione come già anticipato ha costituito oggetto di specifica attenzione da parte della Commissione Finanze, la quale ha approvato in materia, il 18 dicembre 2014. le risoluzioni 8-00094 Fragomeli, 8-00095 Sandra Savino e 8-00096 Pagano, le quali, in sintesi, sollecitavano il Governo a disporre una proroga del pagamento, nonché una revisione dei criteri di esenzione. 
Sulla scorta di tali atti di indirizzo, nonché delle richieste espresse in tal senso da numerosi parlamentari direttamente al Governo e delle sollecitazioni pervenute dalle associazioni di categoria interessate e dall'ANCI, l'Esecutivo è intervenuto una prima volta con il decreto-legge n. 185 del 2014, che, all'articolo 1, ha disposto la proroga al 26 gennaio 2015 del termine – già fissato al 16 dicembre 2014 – per il versamento dell'IMU dovuta per l'anno 2014 sui terreni agricoli situati in zone montane e collinari. Il decreto-legge ha noltre previsto che l'imposta dovuta sia calcolata ad aliquota base, fatta salva l'approvazione di specifiche aliquote per i terreni agricoli da parte degli enti locali, nonché la possibilità per i Comuni di accertare convenzionalmente nel bilancio 2014, a titolo di maggior gettito IMU derivante dalla revisione dei terreni agricoli montani, l'importo dei tagli recati dal decreto ministeriale 28 novembre 2014. La previsione di proroga è stata poi trasposta nell'articolo 1, commi 692-693 e 701, della legge di stabilità 2015. 

Contestualmente, peraltro, sono stati presentati alcuni ricorsi dinanzi al giudice amministrativo avverso il decreto ministeriale 28 novembre 2014. In particolare, il TAR Lazio, adito da alcuni enti locali, ha sospeso l'efficacia del decreto ministeriale 28 novembre 2014 con atto del 22 dicembre 2014, fissando la trattazione collegiale in camera di consiglio per il giorno 22 gennaio 2015. In tale data il TAR ha rinviato la trattazione del merito della controversia al 17 giugno 2015. 
In tale contesto il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge dispone che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'IMU si applica: 
ai sensi della lettera a), ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei Comuni italiani ISTAT (che prevede la suddivisione dei comuni in «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani»); 
ai sensi della lettera a-bis), introdotta durante l'esame al Senato, ai terreni agricoli nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'articolo 25, comma 7, allegato A, della legge n. 448 del 2001; 
ai sensi della lettera b), ai terreni agricoli, nonché a quelli incolti, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco ISTAT.

In sintesi, la nuova disciplina delineata dal decreto-legge, rispetto al decreto ministeriale 28 novembre 2014, richiama, quale riferimento per l'esenzione, non più il riferimento alla quota altimetrica del centro (identificato nella casa comunale), ma la classificazione indicata nell'elenco dei comuni predisposto dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 991 del 1952 sulla base delle indicazioni trasmesse dall'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM); tale elenco, nella colonna R, indica con la lettera T i comuni totalmente montani, con la lettera P i comuni parzialmente montani, e con le lettere NM i comuni non montani.
Inoltre, relativamente ai terreni agricoli ubicati in Comuni parzialmente montani, ai fini dell'esenzione IMU si richiede, oltre al possesso, la conduzione anche in comodato ed in affitto da parte dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali a soggetti della stessa categoria (coltivatori diretti e IAP). 
Il nuovo sistema di esenzione è dunque complessivamente meno restrittivo e ancor più a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, rispetto a quello del decreto ministeriale 28 novembre 2014. 
Segnatamente, sul piano numerico, rispetto al regime di cui al predetto decreto ministeriale 28 novembre 2014: 
per quanto riguarda i Comuni considerati totalmente montani e in cui i terreni agricoli sono completamente esenti, si passa da 1.498 a 3.546 unità; 
per quanto riguarda i Comuni parzialmente esenti il numero ammonta a circa 655 unità.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, dispone inoltre, a decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni di cui all'allegato OA del decreto-legge, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, una detrazione di 200 euro dall'IMU dovuta ai sensi dell'articolo 13, comma 8-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011. Nell'ipotesi in cui nell'allegato, in corrispondenza dell'indicazione del comune, sia riportata l'annotazione parzialmente delimitato (PD), la detrazione spetta unicamente per le zone del territorio comunale che ricadono nel perimetro delle esenzioni ai sensi della citata circolare ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993. 

In sostanza la previsione si riferisce ai terreni (definiti «collina svantaggiata») ubicati in quei comuni che erano in precedenza esenti, in quanto inclusi nella predetta circolare MEF 9/1993 e che, nella classificazione riportata dall'ISTAT, non risultano essere né montani (e dunque esenti), né parzialmente montani (e dunque anch'essi esenti ai sensi del comma 1, lettera b), dell'articolo I). 
Il totale dei comuni elencati nell'Allegato OA è di circa 1624, di cui circa 344 indicati con l'annotazione parzialmente delimitato (PD). 
Il comma 2 estende l'esenzione di cui al comma 1 e la detrazione di cui al comma 1-bis anche al caso di concessione dei terreni interessati in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali. 
Ai sensi del comma 3, i criteri di esenzione di cui ai commi i e 2 si applicano anche all'anno 2014. 
In base al comma 4, per il 2014 l'IMU non è comunque dovuta se i terreni che risultano imponibili ai sensi del nuovo sistema, sono invece esenti in virtù del previgente regime di cui al già citato decreto ministeriale 28 novembre 2014. 
Il secondo periodo mantiene ferma l'esenzione per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non ricadano in zone montane o di collina ai sensi del predetto decreto ministeriale 28 novembre 2014. 11 terzo periodo specifica che per il 2014 sono esenti dall'IMU i terreni agricoli e non coltivati ubicati nei comuni delle isole minori di cui al già citato allegato A della legge n. 448. 
Il comma 5 dispone la proroga al 10 febbraio 2015 del termine per il versamento da parte dei contribuenti dell'imposta dovuta per il 2014. 
In tale ambito al Senato è stata introdotta la previsione secondo cui non sono applicate sanzioni ed interessi nel caso di ritardato versamento dell'imposta complessivamente dovuta per l'anno 2014, qualora il versamento sia effettuato entro il termine del 31 marzo 2015. 
Il comma 5-bis, inserito nel corso dell'esame al Senato, dispone che i contribuenti che hanno effettuato versamenti dell'IMU relativamente ai terreni che risultavano imponibili stilla base del precedente regime e che, per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, sono invece esenti, hanno diritto al rimborso da parte del comune di quanto versato o alla compensazione, qualora il medesimo comune abbia previsto tale facoltà, con proprio regolamento. 
I commi da 7 a 9 disciplinano quindi le variazioni compensative di risorse conseguenti dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione, in base agli importi determinati, per ciascun comune, negli allegati A, B e C, a decorrere dall'anno 2015, nonché per l'anno 2014. 
In particolare, con il comma 7 sono definiti gli importi e le modalità – diverse per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna e per i comuni delle autonomie speciali – attraverso le quali operare le variazioni compensative di risorse per ciascun comune, a decorrere dall'anno 2015. 
Le entità delle variazioni sono indicate, per ciascun comune, nell'allegato A del provvedimento, che, nel suo complesso, indica un maggior gettito per i comuni di 268,65 milioni di euro, inferiore peraltro di 90,85 milioni di euro rispetto al maggior gettito stimato con il precedente sistema (che era pari 359,5 milioni). 
Alle variazioni compensative si procede: 
per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna – per le quali la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato – nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale; per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta secondo le norme dei rispettivi statuti.

I commi 8 e 9 definiscono gli importi e le modalità di compensazione delle variazioni di risorse relative all'anno 2014, per i singoli comuni, conseguenti dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione. 
In dettaglio, ai sensi del comma 8 per il 2014, le variazioni sono quelle indicate, per ciascun comune, nella misura di cui all'Allegato B del decreto-legge che evidenzia, complessivamente, un gettito per i comuni, con il nuovo regime di esenzione, pari a circa 230,69 milioni di euro. 
Il medesimo comma 9 autorizza inoltre i comuni interessati dai rimborsi a rettificare sulla base degli importi indicati nel medesimo allegato C, gli accertamenti a titolo di fondo di solidarietà comunale e di gettito IMU previsti nel bilancio 2014. 
Nel corso dell'esame al Senato è stato introdotto il comma 9-bis, il quale prevede l'attribuzione ai comuni di un contributo pari a 15,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, al fine di assicurare ai comuni stessi il ristoro del minor gettito dell'IMU derivante per essi dall'applicazione della detrazione introdotta dal comma 1-bis, di cui 15,35 milioni in favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, e 0,15 milioni in favore delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta. 
La norma specifica che il contributo è ripartito con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base di una metodologia, da adottarsi sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali. 
L'articolo 1-bis, inserito nel corso dell'esame al Senato, differisce dal 31 dicembre 2014 al 15 dicembre 2015 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti fiscali, contributivi e assicurativi obbligatori per i datori di lavoro privati e per i lavoratori autonomi operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. 
Tale sospensione era stata originariamente disposta dall'articolo 23, comma 44, del decreto-legge n. 98 del 2011 e successivamente prorogata da numerosi provvedimenti. Da ultimo, il decreto-legge n. 192 del 2014, all'articolo 10, comma 8, ha differito tale termine al 31 dicembre 2014. 
La norma demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di definire le modalità e i termini per effettuare gli adempimenti tributari diversi dai versamenti. 
Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge, il nuovo comma 1-bis dell'articolo 1, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga di tre mesi il termine per l'esercizio della delega in materia fiscale prevista dalla legge n. 23 del 2014. 
La norma, riprendendo sostanzialmente il contenuto delle identiche proposte di legge C. 2729 Capezzone e C. 2772 Causi, di cui la Commissione Finanze della Camera ha avviato l'esame il 15 gennaio 2015, modifica l'articolo 1, comma 1, alinea, della citata legge delega, ampliando innanzitutto, alla lettera a), da dodici a quindici mesi (anziché venti come proposto nelle citate proposte di legge) il termine complessivo per l'esercizio della delega, che verrebbe quindi a cadere il 26 giugno 2015 in luogo del 31 marzo 2015, senza intervenire sul termine per l'esercizio della delega all'adozione di disposizioni integrative e correttive, né sui termini per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari. 
La lettera b) del comma 1-bis introduce nel citato articolo 1 della legge n. 23 un nuovo comma 7-bis, il quale prevede che, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare cada negli ultimi trenta giorni precedenti il termine finale di scadenza della delega, ovvero successivamente a tale termine, operi una proroga automatica di novanta giorni del predetto termine di delega. 
In merito si ricorda che la procedura per l'emanazione dei decreti legislativi attuativi prevede attualmente che le Commissioni parlamentari competenti hanno 30 giorni (prorogabili di altri 20) per l'espressione del parere, trascorsi i quali il provvedimento può essere comunque adottato. Si prevede altresì una procedura rafforzata, analoga a quella prevista per i decreti attuativi della legge sul federalismo fiscale: qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, il Governo è tenuto a trasmettere nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modifiche. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro dieci giorni, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati. Il Governo, nei 18 mesi successivi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto attuativo, può adottare eventuali decreti correttivi e integrativi. 

In tale contesto, per ragioni di coordinamento, la lettera c) del comma 1-bis sopprime il terzo periodo del comma 5 dello stesso articolo 1, il quale attualmente prevede un limitato meccanismo di slittamento del termine di delega solo nel caso in cui le Commissioni competenti chiedano una proroga di venti giorni del termine per l'espressione del loro parere. 
L'articolo 2 reca la copertura finanziaria del decreto-legge. 
In particolare a tal fine il comma 1 abroga alcune agevolazioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive – IRAP, in precedenza applicabili ai produttori agricoli. 
In dettaglio, la lettera a) del comma 1 abroga, a decorrere dal 24 gennaio 2015 (dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), i commi 13 e 14 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2014. 
Si tratta di norme che hanno disposto, per i produttori agricoli rientranti nell'ambito di applicazione dell'IRAP, alcune deduzioni dalla base imponibile del medesimo tributo relative al costo del lavoro. 
In particolare, gli abrogati commi 13 e 14 avevano esteso alcune deduzioni IRAP per lavoro dipendente (disciplinate dall'articolo 11, comma 1, lettera a), numeri 2), 3) e 4) del decreto legislativo n. 446 del 1997), nella misura del 50 per cento degli importi ivi previsti, a: 
produttori agricoli soggetti ad IRAP, ovvero ai produttori agricoli titolari di reddito agrario, tranne quelli con volume d'affari annuo non superiore a 7.000 euro che si avvalgono del regime speciale IVA per i produttori agricoli, sempre che non abbiano rinunciato all'esonero da tale regime; 
società agricole.

Le predette deduzioni si sarebbero applicate in relazione ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di durata di almeno tre anni e con almeno 150 giornate lavorate all'anno. 
Le deduzioni abrogate erano pari a: 
1) 3.750 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo di imposta, aumentate a 6.750 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; 
2) fino a 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente impiegato nel periodo d'imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise. Puglia. Sardegna e Sicilia, aumentate a 10.500 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; tale deduzione, alternativa a quella di cui al numero 1), può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione delle regole europee sugli aiuti de minimis;
3) il 50 per cento dei contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori assunti con il contratto a tempo determinato.

La disposizione si sarebbe applicata – previa autorizzazione della Commissione UE – a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, senza tuttavia incidere sull'acconto dovuto per il medesimo periodo d'imposta.  La lettera b) abroga alcune disposizioni della legge di stabilità 2015, in particolare: 

l'ultimo periodo dell'articolo 11, comma 4-octies, del decreto legislativo n. 446 del 1997 (introdotto dall'articolo 1, comma 20, della richiamata legge di stabilità 2015), la quale consentiva ai produttori agricoli soggetti a IRAP, nonché alle società agricole, di usufruire dell'integrale deducibilità dell'IRAP relativa al costo del lavoro non solo per i dipendenti a tempo indeterminato, ma anche per ciascun lavoratore agricolo dipendente a tempo determinato impiegato nel periodo d'imposta, purché avesse lavorato almeno 150 giornate e con contratto almeno triennale; 
il comma 25 della richiamata legge n. 190 del 2015, che subordinava l'applicazione della suddetta agevolazione al settore agricolo all'autorizzazione della Commissione Europea (a cura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali).

Il comma 2 dell'articolo 2 indica analiticamente la copertura finanziaria della maggior parte degli oneri derivanti dall'articolo 1 del provvedimento, valutati, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, in 225,8 milioni di euro per l'anno 2015 ed in 96 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, a cui si fa fronte: 
quanto a 45,2 milioni di euro per l'anno 2015 e a 31,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, mediante corrispondente utilizzo delle risorse derivanti dalle abrogazioni in materia di IRAP per i produttori agricoli disposte al comma 1; 
quanto a 126,6 milioni di euro per l'anno 2015, 47,9 milioni di euro per l'anno 2016 e a 53.1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE); 
quanto a 3 milioni di euro per l'anno 2015, a 11,2 milioni di euro per l'anno 2016 e a 6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, mediante una corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; 
quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2015 e a 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2016, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, utilizzando in parte l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia; 
quanto a 4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, attraverso il parziale utilizzo dell'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per 2 milioni di euro, dell'accantonamento relativo al Ministero della salute per 1 milione di euro e dell'accantonamento relativo al Ministero della giustizia per 1 milione di euro; 
quanto a 45 milioni di euro per l'anno 2015, mediante il versamento all'entrata delle risorse disponibili sul fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, istituito con le risorse derivanti dalla procedura di riaccertamento dei residui passivi del bilancio dello Stato.

Il comma 2-bis reca invece la copertura finanziaria degli oneri derivanti specificamente dal comma 1-bis dell'articolo 1, introdotto dal Senato, pari a 15,5 milioni di euro annui a partire dall'anno 2015, a cui si fa fronte mediante riduzione del fondo speciale di parte corrente, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze. 
L'articolo 3 regola l'entrata in vigore del decreto-legge. Nel caso in cui questo decreto dovesse decadere si tornerebbe alla precedente normativa più restrittiva riguardo alle esenzioni più che duplicando la platea dei contribuenti. Questi ultimi sarebbero poi tutti oltre il termine di pagamento per l'annualità 2014 – nel senso che verrebbe meno anche la sostanziale/implicita proroga del pagamento al 31 marzo 2015 – dovendo pagare anche interessi e sanzioni.