Discussione generale
Data: 
Lunedì, 10 Maggio, 2021
Nome: 
Andrea Romano

A.C. 3072

Grazie, Presidente. Qui parliamo di un decreto che, nella prima parte, interviene, nella logica che ci è stata forzatamente imposta dalla pandemia, sul rallentamento che ha riguardato tutti gli iter di autorizzazione, un rallentamento che ha coinvolto, ovviamente, anche il settore dei trasporti e che, dunque, richiede, come fa questo decreto-legge, la proroga sui servizi di continuità marittima con la Sardegna, la Sicilia e le isole Tremiti. La proroga è giusta, opportuna e necessaria anche per non far ricadere sugli abitanti di queste isole italiane un costo sociale ed economico aggiuntivo, oltre a quello che hanno già patito per l'emergenza COVID. Ma, ovviamente - lo hanno detto in tanti prima di me, il relatore, la collega del MoVimento 5 Stelle -, la parte principale di questo decreto riguarda il tema enorme, complicato, impegnativo delle grandi navi a Venezia o, meglio, il tema della minaccia che le grandi navi rappresentano per Venezia. Un tema su cui la politica italiana ha acceso i riflettori da anni, nella comune consapevolezza che sia indispensabile trovare una soluzione capace di rispondere, al contempo, a due esigenze insopprimibili: da un lato, l'esigenza di salvaguardare una città che, vale la pena ripeterlo, è patrimonio insostituibile dei veneziani, di tutta l'Italia e, ovviamente, dell'umanità, ma, dall'altro lato, c'è un'altra esigenza, che è quella di salvaguardare la portualità veneziana, che è parte insopprimibile della storia e dell'identità della città di Venezia, ma anche dell'intero sistema portuale italiano.

Tale sistema, se fosse privato del polo veneziano o se vedesse quel polo marginalizzato, ricaverebbe danni inaccettabili sotto il profilo del nostro interesse nazionale, della nostra capacità commerciale e anche dei livelli occupazionali dell'area veneziana e della stessa forza complessiva delle nostre infrastrutture. Quindi, sono due esigenze che possono e devono essere affiancate e l'urgenza di rispondere a queste due esigenze muove da un assunto condiviso, lo ripeto, da tutta la politica italiana, ormai da anni: difendere Venezia da un gigantismo navale, che non solo è estraneo alla storia e alla natura di quella città, ma che rappresenta una minaccia mortale, potremmo dire, per la salvaguardia di un ineguagliabile patrimonio culturale e artistico, come quello che Venezia rappresenta. Su questo, lo ripeto, a costo di essere ripetitivo, sulla difesa da questa minaccia, siamo, io credo, tutti d'accordo da molti anni e lo siamo anche senza attendere la riproposizione, per certi versi violenta, che l'emergenza grandi navi ci ripropone attraverso la cronaca periodicamente. Lo ricordava la collega, poco prima di me: è avvenuto nel luglio del 2019 un altro di questi episodi, forse il più grave degli ultimi anni, quando un'enorme nave da crociera, la Costa Deliziosa, rischiò di sbattere contro Riva dei Sette Martiri, sollevando, in modo appropriato e inevitabile, una nuova ondata di indignazione in Italia e anche fuori dall'Italia.

Ecco, rispetto a questo obiettivo condiviso, rispetto anche all'indignazione che progressivamente richiama l'attenzione del mondo sulla minaccia del gigantismo navale, sulla minaccia che il gigantismo navale rappresenta per la storia e per il futuro di Venezia, il decreto che oggi discutiamo compie un passo avanti; un passo avanti, a mio parere, significativo, ossia avviare finalmente la transizione verso una soluzione definitiva, che protegga Venezia da quella minaccia, senza peraltro mettere a repentaglio la forza economica e commerciale del polo portuale veneziano. Ed è, appunto, la soluzione del concorso di idee, quella che è contenuta in questo decreto, ovvero di una gara di progetti per una soluzione definitiva e congrua; e questo avvio di un concorso di idee è esattamente quanto possono e devono fare, in questa fase, il Governo e il Parlamento rispetto ad un percorso che, negli anni scorsi, ha già visto lavorare gli enti locali, l'autorità di sistema portuale, i mondi economici, le associazioni ambientaliste, le università, le competenze più ampie. Tutti soggetti - questi e altri che certamente ho dimenticato - che hanno accumulato in questi anni competenze, progettualità, idee, un patrimonio di soluzioni; un patrimonio di soluzioni possibili, che ora può, e deve, essere messo a sistema, per poi passare finalmente dall'allarme per la minaccia del gigantismo navale alla soluzione, si spera definitiva, per quella minaccia.

Quindi, il percorso del concorso di idee è la strada giusta, per quanto io credo che, legittimamente, possa apparire ad alcuni una soluzione diversa da quella soluzione miracolosa, che forse in tanti si attendono. Perché è una strada giusta? Perché ora si tratta di arrivare finalmente al dunque, aprendo il campo ad una competizione di livello mondiale - perché sarà una competizione di livello mondiale - per la soluzione migliore e, ripeto, definitiva, scegliendo - questo voglio sottolinearlo - una commissione di altissimo profilo, che sappia valutare, in tempi certi e ovviamente auspicabilmente rapidi, quale sia quella soluzione, tra le moltissime ipotesi che certamente arriveranno.

Appare, quindi, questa, la strada giusta per chiudere la stagione dell'indignazione - necessaria ovviamente, ma insufficiente a garantire una soluzione -, avviare la transizione verso la soluzione più efficace e porre le basi perché quella soluzione sia realizzata rapidamente, in via definitiva e attraverso un percorso condiviso, che, ripeto, metta a sistema tutto il lavoro che è stato fatto in questi anni, che è un lavoro straordinariamente prezioso. In questo modo, io credo si potrà superare una volta per tutte la minaccia del gigantismo navale, senza alcun danno per il futuro economico e commerciale di Venezia e del Veneto, ma anche di tutto il nostro Paese. Perché in fondo, poi, la storia di Venezia - e su questo concludo, Presidente - ci insegna, sia nel passato che nel presente, che quanto appare spesso frustrante e talvolta impossibile può essere realizzato con quella caparbietà che istituzioni antiche e, nel nostro caso, contemporanee possono garantire.