A.C. 1521-A
Grazie, Presidente. Saluto il Sottosegretario. Non ritornerò nel dettaglio delle norme che sono state già illustrate dal relatore, però voglio condividere comunque alcune considerazioni su di voi rispetto al testo nella sua interezza e nella sua complessità.
In primo luogo, non possiamo fare a meno di evidenziare purtroppo la scarsa organicità e coerenza dei temi che sono oggetto del testo nel suo insieme. Si passa dalla valorizzazione dei beni culturali alla circolazione del patrimonio in Italia e all'estero, inserendo ora norme autonome e ora andando a modificare nel dettaglio inserendo nuovi articoli anche all'interno del Codice dei beni culturali. Sembrerebbe quasi - se mi si consente in quest'Aula il termine - una sorta di “minestrone” di norme di contenuto eterogeneo che appunto incidono poi sul Codice dei beni culturali. E qui non posso fare a meno di individuare un ulteriore aspetto.
Si interviene - e questa non è la prima norma che lo fa - sul Codice dei beni culturali con misure spot e con singole modifiche. Un aggiustamento di qui, un inserimento appunto di là: il più delle volte, tra l'altro, effettuato per rispondere a singole sollecitazioni o ad interessi individuali, mentre magari, forse, sarebbe opportuno e necessario avere una visione anche più ampia ed intervenire magari nel Codice nella sua interezza e nel suo complesso con un intervento discusso anche nel Paese vista l'importanza e la delicatezza, tra l'altro, dei temi trattati. Invece, si continua appunto a procedere per spot in modo a volte - devo dire - molto sconsiderato come è avvenuto poche settimane fa al Senato con l'approvazione della revisione dei poteri delle sovrintendenze in materia di autorizzazione paesaggistica: un provvedimento, che è stato richiamato anche dai colleghi in Senato, molto grave che purtroppo è passato nella concomitanza della pausa estiva quasi sotto silenzio, ma che va a compromettere in modo molto significativo e ad incidere in particolare proprio su quella che è l'azione di tutela del paesaggio e su quelli che sono i poteri delle sovrintendenze proprio in materia, aprendo la strada ad un allentamento pericoloso delle norme ad oggi vigenti. Ma c'è un altro elemento che voglio sottolineare in quest'Aula e vengo proprio a quel titolo “Italia in scena” che è riportato anche nel testo della legge.
Devo dire che avevamo già presentato un emendamento soppressivo di quella denominazione “Italia in scena” proprio perché sembrava in realtà molto poco coerente come titolo, poiché rimanda quasi più allo spettacolo dal vivo e alle rappresentazioni teatrali rispetto a quello che è un tema di valorizzazione dei beni culturali e di sussidiarietà orizzontale. Quel titolo così pomposo - devo dire - ci aveva lasciato abbastanza perplessi fino all'epifania di questa mattina - non so se avete letto la rassegna stampa - proprio perché quel nome, “Italia in scena”, è anche l'omonimo titolo di un libro del presidente, nonché relatore della Commissione, Federico Mollicone, dedicato al lavoro legislativo e all'esperienza politica da lui fatta sia nella scorsa legislatura che nella sua avventura politica. Cito anche quanto indicato appunto nella nota di presentazione del libro con introduzione dell'attuale Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che traccia il percorso trentennale con Federico Mollicone e le diverse organizzazioni studentesche e politiche ed è corredata da un saggio di Nazzareno Mollicone che è padre dell'autore e politologo. Ho citato la presentazione del libro.
Colleghi, ci tengo a precisare una cosa: nessuno nega ad ognuno di noi la possibilità di scrivere ovviamente un libro che racconta la propria esperienza e la propria militanza politica. Ci mancherebbe! Spetta poi agli elettori giudicarlo nel merito, non a me, però questa celebrazione di sé io non saprei davvero come definirla se contenuta - permettetemi - all'interno di un testo di legge, legandosi tra l'altro a tematiche totalmente incongrue. Inopportuna? Un uso privato dello strumento normativo? Una abbastanza risibile modalità di autocelebrazione del proprio ego? Lascio agli altri l'ardua sentenza, però chiederei e suggerirei - mi permetto di fare questo suggerimento ai colleghi di maggioranza - magari di cambiare quel titolo, proprio perché c'entra davvero poco un piano strategico denominato “Italia in scena” con un tema importante - e qui vengo a un altro aspetto - come quello relativo, con riflessioni anche importanti che rischiano nella polemica politica di essere lasciate in secondo piano e che riguardano appunto anche gli spunti che poi nel corso delle audizioni nei mesi scorsi sono emersi.
Il tema è importante e interessante anche per noi del Partito Democratico. È il tema che riguarda appunto l'attuazione della sussidiarietà orizzontale e il coinvolgimento di soggetti privati nelle forme di gestione dei beni culturali. Se andiamo all'etimologia della parola, valorizzare un bene vuol dire attribuire valore ovviamente ad esso. Un valore appunto è un'idea di valore importante e significativa che va realizzata con modalità compatibili ovviamente con la tutela e in modo tale da non pregiudicare l'interesse generale e imprescindibile di tutela di quel bene. Se ne occupa il Codice dei beni culturali e se ne occupa anche il Codice degli appalti che disciplina, ad esempio, l'esternalizzazione ovvero il ricorso al privato per consentire il recupero, il restauro, la manutenzione e la gestione del bene. È molto interessante la riflessione intorno al tema della sussidiarietà, proprio perché esso coinvolge associazioni e privati e soprattutto va ad intervenire e a ricreare quelle forme di civismo solidale che, ad esempio, si esprimono attraverso i patti di collaborazione con le istituzioni che danno forza e che danno senso e corpo alla sussidiarietà orizzontale.
Del resto, è un principio che richiama lo stesso Codice del Terzo settore che individua proprio gli interventi di tutela e valorizzazione del paesaggio tra i campi in cui può esplicarsi l'azione e l'operato proprio dei soggetti del Terzo settore, proprio in nome di una convergenza di interessi - un interesse è un dare valore a quei beni - aggregando risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione in comune di servizi e interventi proprio per la realizzazione dell'interesse generale. Non a caso l'articolo 1 di questa proposta di legge richiama la Convenzione di Faro che, con la sua definizione di comunità di patrimonio, dà il senso proprio di quell'insieme di persone che attribuiscono valore al patrimonio e intendono poi trasmettere.
Allora, se voglio evidenziare anche un merito di questa proposta di legge, è quello di aver introdotto e di aver portato alla discussione in quest'Aula un tema sicuramente attuale e sicuramente significativo, consentendo anche all'Aula di riflettere intorno ai concetti di sussidiarietà e di partecipazione, tenendo peraltro conto anche di quelle piccole e grandi esperienze, che si realizzano in tante parti del nostro territorio, di gestione e valorizzazione dei beni culturali. Si tratta di quelle esperienze a cui nella XVII legislatura la Commissione cultura della Camera aveva dedicato addirittura un'indagine conoscitiva sulle buone prassi culturali che aveva coinvolto e chiamato ad intervenire nella Commissione i soggetti che operano quotidianamente a sostegno della cultura nel nostro Paese.
Da quelle esperienze c'è davvero molto da imparare, proprio perché non si limitano ad una semplice esternalizzazione dei servizi, ma si riconducono ad una dimensione pluralista del patrimonio culturale e al progressivo peraltro emergere della centralità della funzione di valorizzazione che è intesa appunto come quell'insieme di attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurarne le migliori condizioni di fruizione proprio attraverso il coinvolgimento anche degli enti del Terzo settore. È per questo che in Commissione ci siamo astenuti, proprio perché questo è un tema che riteniamo significativo ed importante. Ma non possiamo fare a meno di evidenziare anche alcuni “ma” rispetto al contenuto di questo provvedimento: non solo la disorganicità del testo, a cui facevo riferimento prima, ma anche la mancanza di chiarezza su come si concilierà l'albo. Noi riteniamo che sarebbe più opportuno chiamarlo elenco, anziché albo, perché l'albo giuridicamente ha una funzione appunto diversa. Come si concilierà poi con le regole degli appalti pubblici?
Come si avrà modo di includere nella strategia di valorizzazione anche i beni minori, che possono essere magari economicamente meno appetibili - mi si passi il termine - rispetto ai grandi contenitori culturali? Poi il finanziamento e le risorse che andranno a sostegno del Piano strategico per la valorizzazione e la necessità di un coinvolgimento anche fattivo nella sua definizione dei soggetti del terzo settore, imprese culturali e creative, che operano al suo interno; la necessità anche di ampliare e rendere più chiaro e preciso l'ambito delle iniziative di valorizzazione del bene, non limitandosi soltanto a rievocazioni storiche o a spettacoli teatrali.
Insomma, ci sono degli elementi da chiarire e mi auguro che il dibattito nell'Aula consentirà di approfondirli, ferma restando la necessità imprescindibile, che voglio ricordare anche qui, di tutelare lavorativamente ed economicamente chi in quelle realtà si trova poi a lavorare, spendendo le proprie competenze e le proprie energie, appunto, nelle azioni di valorizzazione e gestione dei beni culturali. Ecco, questa proposta finalmente ci dà allora la possibilità di discutere di cultura in quest'Aula, cosa che purtroppo quest'Aula fa molto, molto poco. Non l'ha mai fatto nel corso del Ministero dell'allora Ministro Sangiuliano; lo ha fatto all'inizio di quest'anno con il Piano Olivetti del Ministro Giuli; nel mezzo molto, molto poco.
Ecco, nel mezzo voglio citare alcuni dati: la flessione del due per cento nei primi nove mesi dell'anno del mercato del libro, nell'assenza pressoché totale di interventi correttivi e di misure a sostegno della filiera, che è sparita, sostituita da altro: 18 app, con l'effetto positivo e importante che ha avuto sul settore editoriale e non solo. È uscito solo pochi giorni fa, lungamente atteso e con grave ritardo, il bando per l'assegnazione dei 30 milioni previsti nel Piano Olivetti di gennaio a sostegno delle biblioteche e dell'editoria di prossimità. Fondi, appunto, che arrivano con grave ritardo, che si estendono anche all'acquisto dei libri digitali - e quella doveva essere nella intenzione una misura che andava a sostegno, invece, delle librerie di prossimità, e quindi non tanto dell'editoria in formato digitale - e addirittura con l'ulteriore condizione che gli acquisti riguardino i libri di autori locali che trattino temi di interesse per la comunità di riferimento della biblioteca: un po' riduttivo rispetto a quello che è un piano di azione complessivo editoriale che dovrebbe coinvolgere le biblioteche del nostro Paese.
Ecco, non voglio ritornare (lo abbiamo fatto spesso) sul ritardo cronico con cui si sta esercitando la delega relativa al codice dello spettacolo, e mi unisco alle parole pronunciate la scorsa settimana in quest'Aula: “abbiamo avuto due settimane dedicate alla cultura” - sembra una grande notizia, purtroppo è un sorriso amaro il mio -, pronunciate dal collega Orfini rispetto alla industria cinematografica nelle discussioni delle mozioni sul cinema, che sono state presentate. Mi unisco a quelle parole ricordando, appunto, come l'azione pasticciata ed ideologica che avete portato avanti in questi mesi ha finito davvero per colpire un intero settore, penalizzando le maestranze. Stiamo parlando di un settore che impiega (o impiegava, purtroppo, dato quanto è avvenuto) circa 180.000 persone tra addetti diretti ed indiretti, affossando il tax credit, penalizzando la produzione indipendente, smantellando, smontando e definanziando l'indennità di discontinuità nel nome di un affannoso tentativo di costruire una ulteriore vostra egemonia culturale, che dovrebbe sostituirsi a quella di sinistra. Ecco, io vi consiglierei davvero di uscire dal tunnel di questa ossessione che si manifesta ad ogni ricorrenza, ad ogni contestata nomina - e non torno in quest'Aula su quanto sta avvenendo a La Fenice di Venezia in queste settimane - realizzata in nome dell'occupazione di posti e di ruoli.
Ecco, colleghi, impiegate più utilmente il vostro tempo, superate l'ansia di una legittimazione che si costruisce nel concreto, con la validità dei contenuti e dei progetti culturali che si è in grado di costruire e di proporre. Perché la cultura, per sua stessa natura, non può e non deve appartenere a nessuno: deve essere libera di esprimere la propria creatività, di criticare il potere e chi lo rappresenta, chiunque esso sia. Archiviate, quindi, gli interventi spot e a costo zero, e magari provate finalmente a disegnare degli interventi e delle prospettive che sostengano davvero la cultura e le istituzioni culturali, e soprattutto quanti in esse lavorano.
Abbiamo un appuntamento immediato per provare a fare questo: la prossima legge di bilancio, che di qui a poco sarà approvata. Ecco, noi lì vi aspetteremo, auspicando che almeno questa volta il Ministero della Cultura non si limiti a fare il passivo spettatore di tagli decisi altrove (nel Ministero dell'Economia, sostanzialmente), ma sia parte attiva e propositiva per il sostegno reale alla filiera della creatività, che costituisce l'ossatura di questo Paese. Pochi proclami e molti fatti, colleghi. E allora me lo auguro davvero, che ci sappiate stupire su questo e che finalmente non ci si limiti solo a dibattiti sparuti in quest'Aula su micromisure relative alla cultura, ma si possa davvero disegnare un piano di sostegno integrale e complessivo a un settore che rappresenta il cardine del nostro Paese.