Relatore
Data: 
Martedì, 13 Ottobre, 2020
Nome: 
Stefano Ceccanti

A.C. 1511

Grazie, Presidente. Alcune cose le ha dette già la collega Corneli, io richiamo le due ragioni di fondo, anzitutto, per le quali noi procediamo a questa riforma costituzionale e ci auguriamo che essa possa superare i due terzi nei consensi di quest'Aula. La prima ragione è prendere sul serio l'affermazione dell'articolo 1 sulla sovranità popolare. Se noi ci basiamo sulla sovranità popolare possiamo inventarci tante cose, ma non possiamo escludere dalla elezione di un'Assemblea rappresentativa nazionale una parte dei cittadini maggiorenni. Oggi il Senato non è una Camera eletta a suffragio universale perché sette classi di età sono escluse. Questa esclusione non può avere nessuna giustificazione logica e basta da sola a motivare questa riforma. Si possono costruire Camere di tutti i tipi, ma se una Camera è eletta dai cittadini, in qualsiasi democrazia consolidata tutti i cittadini maggiorenni, nessuno escluso, devono poter votare per la Camera; e soprattutto l'età non può essere ragione di esclusione: ci possono essere esclusioni mirate per alcune categorie e per alcune situazioni che si vengono a verificare, ma non certo in base all'età.

La seconda motivazione di fondo - questa è più particolare - è che, finché noi abbiamo due Camere che danno ambedue la fiducia al Governo, è profondamente irrazionale alterare la base rappresentativa e far sì che un elettore su dieci voti solo in una Camera e non nell'altra, perché noi finiamo per produrre, per incentivare un esito diverso.

Allora, da questo punto di vista, noi ci troviamo oggi al terzo passaggio, al quarto passaggio, di un esame attento delle differenze che sono state introdotte o in Costruzione o in altri fonti e che vanno puntualmente verificate rispetto alla loro ragionevolezza. Evidentemente nessuno esclude che vi possano essere delle differenze Camera e Senato e che altre se ne possano aggiungere, ma tutte queste differenze devono passare ad un vaglio di ragionevolezza. Il primo vaglio fu fatto nel 1963 sulla diversa durata - Camera cinque anni e Senato sei - che apparve da subito irrazionale, tant'è che nel 1953, all'atto di votare per la Camera dei deputati, si decise di sciogliere anticipatamente il Senato per fare le elezioni lo stesso giorno, la stessa cosa si fece nel 1958 e poi nel 1963 si provvide, con la revisione costituzionale che stabilì i 630 e i 315 componenti elettivi, a ridurre la durata del Senato a cinque anni, consentendo da allora di svolgere le elezioni lo stesso giorno.

La seconda modifica che è intervenuta togliendo una irragionevolezza è stata quella del Regolamento del Senato che, fino alla scorsa legislatura, prevedeva che gli astenuti nel voto venissero sommati ai contrari. Dopo attenta riflessione, l'Assemblea del Senato cambiò il proprio Regolamento e allineò la disciplina delle astensioni a quella vigente in questo ramo del Parlamento. Le astensioni costituiscono un terzo genere rispetto al “sì” e al “no” e non possono essere equiparate né al “sì”, né al “no”, anche questa è una questione di ragionevolezza e non di logica.

Il terzo passaggio - io lo ricordo a tutti - è la conclusione della sentenza n. 35 del 2017 sulla legge elettorale. Nelle ultime parole di quella sentenza la Corte Costituzionale ha detto che le leggi elettorali non debbono ostacolare la formazione di maggioranze parlamentari omogenee nelle due Camere. Ma se questo lo devono fare le due leggi elettorali, tanto più lo può fare e lo deve fare la Costituzione, perché anche due leggi elettorali del tutto identiche, in presenza di un decimo degli elettori che votano solo per una Camera e l'altra per il “no”, tendono appunto anch'esse a produrre maggioranze parlamentari irragionevolmente disomogenee. Noi pensiamo che questa equiparazione avrebbe potuto coinvolgere anche l'elettorato passivo, perché anche in questo caso si può procedere, si può deliberare una distinzione tra l'elettorato passivo per varie ragioni, ma distinguere l'elettorato passivo in base all'età per le due Camere sembra a noi irragionevole, per cui noi riteniamo giusto pro futuro ragionare anche sull'allineamento degli elettorati passivi. Però, intanto, procediamo in modo più consensuale possibile a questa riforma, che è gerarchicamente molto più importante.