A.C. 1693-A
Grazie, Presidente. Di cosa stiamo parlando? Di questo: un uomo riceve nel suo ufficio una donna che gli chiedeva un parere in merito a una controversia lavorativa, la fa accomodare sulla sedia, poi si avvicina alla porta della stanza e la chiude a chiave. Si mette alle spalle di lei, inizia a massaggiarle la schiena, baciarle il collo e le orecchie. Quando la donna gli chiede “ma che stai facendo?” e gli chiede di smettere, l'uomo la rassicura: ti sto solo facendo rilassare. E continua, la palpeggia, le tocca il seno e infila le mani nelle mutande.
Il tribunale assolve quest'uomo perché non c'erano state né violenza, né minaccia, così come prescritto dall'articolo 609-bis del codice penale. È intervenuta successivamente la Cassazione, che dice: anche se non c'è scritto nel codice penale, noi dobbiamo stabilire il principio in forza del quale, se non c'è consenso, è violenza. Ecco perché siamo qui, siamo qui per scrivere - e compete a noi, al legislatore - nel codice penale, nell'articolo 609-bis, che, quando c'è violenza e minaccia, è certamente una violenza sessuale.
Ma c'è una violenza sessuale e uno stupro anche quando non c'è consenso, perché la donna, la vittima, ha subito il fenomeno del cosiddetto blocco emotivo, ad esempio, perché per sorpresa o per paura si è bloccata e non è riuscita a reagire. Non c'è stato il consenso, non c'era l'assenso, e dunque c'è la violenza. Ecco il passo che oggi noi stiamo realizzando in quest'Aula. Stiamo arrivando là dove era arrivata la Cassazione, che aveva occupato uno spazio, quello che non aveva occupato il legislatore, per dire più volte, soprattutto negli ultimi anni, che anche senza i requisiti della violenza e della minaccia, in assenza di consenso, sussiste il reato di violenza sessuale.
Arriviamo là dove alcuni anni fa era arrivata la Convenzione di Istanbul, che all'articolo 36 aveva stabilito che lo stupro è un atto sessuale senza consenso, che era già stata ratificata con legge del Parlamento italiano. Arriviamo là dove sono arrivati Paesi europei come il Belgio, la Danimarca, la Svezia, l'Irlanda, la Germania e in queste settimane anche la Francia.
È, dunque, un passo molto importante ed è ottenuto perché vi è chi vi ha lavorato con serietà, con impegno, con passione e con dedizione: la proponente di questa iniziativa legislativa, Laura Boldrini; il gruppo a cui appartengo, il Partito Democratico, con la nostra presidente del gruppo, Chiara Braga, che ha lavorato perché questo provvedimento fosse all'attenzione dei lavori parlamentari e nell'agenda dell'Aula parlamentare.
Ma anche grazie agli altri partiti di opposizione, il MoVimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, che hanno partecipato ai lavori della Commissione e hanno deciso di sostenere, laddove hanno visto che vi era lo spazio di una convergenza, l'iniziativa parlamentare; grazie alla relatrice e collega del mio gruppo, Michela Di Biase, e alla relatrice di Fratelli d'Italia, Carolina Varchi, che hanno lavorato sapientemente, spesso dietro le quinte, per trovare, su un provvedimento difficile e complesso, rispetto al quale, come spesso succede quando si mette mano al codice penale, possono nascere dubbi, incertezze e anche alcune forme di pregiudizio, una convergenza.
Quindi, penso che questo passo importante oggi si realizzi perché il Parlamento, pur nella diversità e divisione delle appartenenze, abbia voluto - non è stato un lavoro semplice - lavorare per raggiungere un obiettivo ritenuto comune. Credo che sia un messaggio anche importante, perché io credo che ciascuno di noi deve rivendicare anche le differenze e su quelle differenze battersi nelle Aule del Parlamento, perché questa è la bellezza della democrazia, senza cercare finti unanimismi che non servono alla buona qualità della politica.
Però è un passo importante e positivo perché, laddove invece possono registrarsi convergenze, è importante che le forze politiche ci lavorino, magari rinunciando a qualcosa, ma per ottenere appunto un risultato comune importante. Devo dire che non è successo spesso in questo Parlamento. È successo talvolta - ed è successo in questo caso - in alcune iniziative, laddove si sono unite le forze parlamentari, ad esempio nel contrasto alla violenza di genere. Io credo che ci sia ancora molto e tanto da fare anche in questo Parlamento. Certamente, questo è un metodo che è stato scarsamente utilizzato in questa legislatura. Io parlo per questa, è l'unica legislatura alla quale io ho partecipato come parlamentare.
In questo caso, pur in discontinuità rispetto a ciò che qui spesso è avvenuto, abbiamo fatto, io credo, un ottimo lavoro. È un risultato importante perché dimostra, e credo che questo fatto ci responsabilizzi, che, laddove c'è una disponibilità a confrontarsi nel merito e anche un impegno a raggiungere un risultato comune, allora quelle patologie che accompagnano la politica, come i pregiudizi o le fake news, hanno più difficoltà di radicamento.
Questo caso e questo iter parlamentare lo dimostrano, perché, quando non era ancora certa la disponibilità del Governo e delle forze di maggioranza a lavorare per trovare un punto di caduta comune, avevamo già letto abbondantemente pregiudizi e fake news, come il fatto che era un'iniziativa della collega Boldrini, e dunque un'iniziativa che meritava di essere contrastata, o che certamente era un'iniziativa illogica e irrazionale, o che Laura Boldrini aveva chiesto che, prima di avere un rapporto sessuale, si andasse dal notaio per sottoscrivere un atto pubblico.
Erano evidenti fake news e noi che stiamo in quest'Aula del Parlamento lo sappiamo, però io ho parlato con persone fuori da quest'Aula, anche persone che certamente non possono essere accusate di avere scarsa qualità di formazione, che avevano pensato che fosse tutto sommato plausibile o verosimile. Quel percorso patologico delle fake news si è poi interrotto, laddove, invece, c'è stata una disponibilità dei partiti della maggioranza a lavorare nel merito. Sono calate, non sono sparite, e ci sono ancora anche in queste ore, se vediamo sui social network, ma sono molto, molto meno efficaci.
Noi non possiamo certo accontentarci di sostenere che laddove c'è una convergenza politica siamo in grado di combattere e prevenire le fake news, perché molto spesso - ed è giusto che sia così - non avremmo convergenze politiche, ma credo che per ciascuno di noi e per le proprie formazioni politiche sia importante riflettere su questo. Laddove c'è una differenza politica, non possiamo consentire che altrove si utilizzi - o essere noi direttamente a farlo, evidentemente - la strada del boicottaggio attraverso la falsità o la menzogna per denigrare l'avversario e, quindi, la proposta che viene messa in campo. Devo dire, appunto, che alcune voci che si erano levate, che parlavano di provvedimento folle, hanno poi detto: tutto sommato non è così folle se c'è una disponibilità di tutti a lavorarci.
Allo stesso tempo, oltre alle fake news anche il pregiudizio, che forse è insito nella natura umana e anche in quella politica. Nelle prime settimane ve ne sono stati molti. Alcuni li hanno posti anche trasparentemente, altri non li hanno posti ma li avevano e magari in conciliaboli non pubblici hanno più volte evidenziato preoccupazioni e pregiudizi.
Il lavoro parlamentare che è stato fatto, con l'impegno di forze politiche anche molto distanti - quello condotto dalle relatrici e dalle leader dei partiti -, ha dimostrato che, attraverso un lavoro parlamentare serio e rigoroso, è stato possibile anche marginalizzare e mettere in un angolo - almeno sino ad oggi, poi vedremo quello che ci rivelerà il dibattito pubblico nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, ma io sono fiducioso - fake news e pregiudizi.
L'altro aspetto io credo molto positivo è che il Parlamento ha svolto la propria funzione, quella di legiferare, e non si è voltato dall'altra parte. Certamente, festeggio questo risultato, perché c'è un accordo tra gruppi politici di maggioranza e opposizione, ma, anche se non vi fosse stato quell'accordo, avrebbe comunque deciso di decidere. Non succede sempre, non succede, ad esempio, sul fine vita medicalmente assistito - quella è una fuga ignominiosa del Parlamento -, così come non succede in altre materie. Laddove non interviene il Parlamento non è che la vita nelle nostre città non si svolga; si svolge ugualmente e, quindi, le decisioni vengono prese da altri, talvolta nel conflitto tra Stato e regioni, altre volte perché la magistratura occupa quello spazio perché nel caso concreto è necessario assumere una decisione. In questo caso un altro aspetto molto positivo è che il Parlamento ha deciso di decidere, assumendosi una responsabilità. Non farà tutti contenti, ma ha deciso di decidere.
È un passo importante ma non decisivo, però, perché non possiamo attribuire alla legge valore salvifico. Quella bella credenza dell'illuminismo è smentita dagli ulteriori secoli di riflessione sul valore del diritto. Il diritto regolamenta fenomeni sociali che esistono nelle città e nelle comunità, non risolve i problemi. È un passo in avanti, ma è un primo passo in avanti rispetto ad altri che noi dovremmo fare, perché laddove c'è una violenza sessuale, uno stupro, si è diffusa una cultura del possesso, del dominio, della violenza di un uomo verso una donna, di un uomo verso un altro essere umano e il sentimento dell'egoismo che si lega a possesso e violenza ha avuto vittoria. Questo non finirà d'incanto domani e per questo noi dovremo continuare a lavorare e a impegnarci.