Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 29 Aprile, 2019
Nome: 
Barbara Pollastrini

A.C. 1585

Grazie signora Presidente, signor Ministro. La relazione di minoranza esposta dall'onorevole Migliore e gli interventi dei colleghi Ceccanti e Ungaro hanno già delineato in modo compiuto il senso delle nostre critiche. Come loro, anch'io sento il dovere di lasciare agli atti di questo dibattito generale un giudizio severo sul merito e il senso della proposta in esame, a cui aggiungo - sono sincera - il grande rammarico per il muro che la maggioranza e il Governo hanno eretto, prima al Senato e poi in Commissione, contro ogni possibilità di reale confronto. Insomma, colleghe e colleghi, parlo di una valutazione d'insieme, perché è vero che il disegno di legge in esame si compone di soli tre articoli e si concentra unicamente sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma è altrettanto vero che questo testo è parte di un combinato di misure comprensive di un referendum propositivo, approvato in prima lettura alla Camera, senza l'accoglimento di garanzie utili all'equilibrio tra la fonte legislativa primaria - il Parlamento - e il riconoscimento della partecipazione diretta, ed è unito alla legge elettorale ad hoc che discuteremo tra poco. In poche parole, io penso che voi agiate con una volontà, nella sostanza, quella di privilegiare lo svuotamento della democrazia parlamentare e rappresentativa. Con il testo in discussione la maggioranza e il Governo operano una cesura, un taglio, senza cura di motivare in profondità le eventuali ragioni, se non il bisogno di occupare social, talk, con l'argomento di avere ridotto i costi e tagliato le poltrone ai politici. Piegate, cioè, la Costituzione a un'azione di propaganda che incentiva la disistima verso gli eletti nelle istituzioni, pensando di raccogliere così una quota di consenso nelle urne. Costruite uno scambio tanto artificioso quanto sconsiderato tra i politici, intesi come dannosi, chiunque essi siano, e gli istituti posti dalla Costituzione a suggello e garanzia del nostro ordinamento democratico.

Ora, a parte che nello scorrere delle cronache più recenti e in quelle di questi mesi l'impressione è che i più incollati alle cariche, alle poltrone e al potere siate proprio voi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ma il punto è che dietro i numeri - attenzione, attenzione! -, non dei politici ma della composizione del Parlamento, vi sono le funzioni, la rappresentanza dei territori, degli italiani all'estero (come ricordava il collega Ungaro), le garanzie di una democrazia fondata su un rigoroso equilibrio di poteri, come per l'elezione del Presidente della Repubblica. Noi, colleghe e colleghi, non siamo - lo voglio sottolineare due volte -, non siamo, non siamo contrari a una riduzione motivata del numero dei parlamentari, né abbiamo rimosso il risultato severo del referendum del 4 dicembre 2016. Con umiltà ci interroghiamo ancora sui limiti e gli errori che noi stessi possiamo aver compiuto nel trattare la materia costituzionale in passato, ma non per questo, colleghe e colleghi, signor Ministro, rinunciamo a innovazioni della seconda parte della Carta, se lo scopo è rafforzare la democrazia, piuttosto acciaccata, qui, nel nostro Paese e in Europa!

Vi sfidiamo, dunque, sul terreno precisamente opposto e vi addebitiamo non già un eccesso di radicalità, bensì un eccesso di banalità. Volete discutere seriamente, Governo e maggioranza, della riduzione del numero dei parlamentari? Siamo pronti a discutere del superamento del Senato, vi faceva riferimento l'onorevole Ceccanti poc'anzi, il che determinerebbe in sé una riduzione più marcata dei parlamentari, ma non con quella cesoia che interviene a casaccio, la nostra proposta vorrebbe dire avere davvero una sola Camera che esprime la fiducia al Governo ed evitare alcune navette di leggi molto condivise, navette che finiscono per ritardare la risposta ai bisogni dei cittadini. Certo, tutto questo con la contestualità di innalzare funzioni e poteri della Conferenza Stato-regioni-città, magari in un ridisegno delle regioni e superandone alcune specialità. E questo nel rilancio di un'autonomia regionale che state rallentando, un'autonomia che si armonizzi, però, con il riconoscimento delle città metropolitane e della funzione dei comuni; un'autonomia e uno spirito federalista, che per nessun motivo - lo voglio ripetere, per nessun motivo - si traducano nella rottura dei vincoli fondanti l'unità del Paese, un Paese mai come oggi diviso, a partire dalle erogazioni di servizi universali, scuola e sanità pubbliche, col traguardo di una qualità eguale per tutti i cittadini, dal Trentino alla Sicilia.

Ieri abbiamo assistito a un'altra tappa del duello infinito tra i Vice Premier, un duello pericoloso per l'Italia, ma, mi sia consentito dire, stucchevole. Ieri quel duello ha avuto come oggetto le province, domani chissà, e intanto tutto finisce nel pantano del rinvio. Rimuovere i problemi non è possibile, non lo faremo noi e noi siamo per un tagliando anche sul tema delle province, ma non certo, come dice la Lega, riportare tutto all'antica maniera, come se intanto nulla fosse accaduto.

Ma vedete, signora Presidente, tutto questo mi riporta ad un tema: il Ministro Fraccaro, che ringrazio per la sua presenza, a partire dalla sua relazione in Commissione I, ha sostenuto la scelta di affrontare le riforme per capitoli. Non abbiamo, come gruppo del Partito Democratico, alzato steccati. Io non avevo una contrarietà a priori. Chiedevamo, però, fin dall'inizio, con grande serietà e spirito collaborativo, in quale cornice quelle riforme? Per quale traguardo di insieme? Per rafforzare o meno la democrazia, la partecipazione, l'autorevolezza delle istituzioni? Ma così non è stato, perché i tasselli che state proponendo producono non un mosaico armonioso, ma un puzzle incoerente e pasticciato.

E allora vorrei dirlo con altre parole: noi non siamo contrari alla potatura degli alberi, ma una buona potatura sa scegliere quali rami tagliare; se invece la potatura si risolve nell'abbattere il tronco, allora molto banalmente la pianta muore. Nella stessa logica voi, con l'andamento piuttosto scombinato delle vostre riforme, non state votando questo o quel ramo malato, voi state segando il tronco della democrazia, che è il patrimonio più alto - e lo sappiamo - che abbiamo ereditato dalle madri e dei padri costituenti. Lo ricordo a tutti noi, proprio a tutti noi, a pochi giorni da quel 25 aprile che segna la data della liberazione dalla dittatura fascista e dal male assoluto del nazismo, spiace doverlo dire in quest'Aula, carica di solennità di quella storia, perché quest'Aula rimane e rimarrà carica di solennità di quella storia, ma siete riusciti a dividervi anche sulla data fondamentale per la vostra stessa libertà di oggi.

Allora la domanda è: per quanto tempo pensate ancora di trascinare questa agonia? Lo dico in particolare alle colleghe e ai colleghi Cinquestelle: per quanto tempo ancora pensate di fare convivere gli appelli doverosi alla memoria e l'attualità dell'antifascismo con chi quei valori denigra e calpesta? Davvero credete che il solo richiamo del potere e un contratto privato bastino a giustificare questa ambiguità? Noi vi chiediamo se almeno sulle istituzioni voi ora - voi ora! - non sentiate il dovere di deporre le armi della propaganda, per affrontare con le forze e le culture presenti in questo Parlamento un confronto più rispettoso e sereno?

Già lo anticipavo, purtroppo in Commissione, e prima al Senato, avete eretto muri innanzi alle opposizioni; la nostra e altri gruppi come LeU non hanno praticato ostruzionismo, una cinquantina di emendamenti, lo voglio dire alle colleghe e colleghi che non erano della Commissione, una cinquantina di emendamenti, ma vi ricordate i 500 mila di Calderoli, ve li ricordate i 500 mila di Calderoli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Perché allora, signor Ministro, e mi rivolgo al presidente della Commissione, quella decisione assurda e grave di dichiarare inammissibili emendamenti di merito, privando il principale gruppo di opposizione anche solo del diritto di esporre e votare, magari per essere bocciate, le proprie proposte di modifica? Persino la proposta di equiparare le due Camere sul voto dei diciottenni, perché?

Se fosse presente, mi rivolgerei direttamente al Presidente della Camera, signora Presidente, a cui avevamo indirizzato una lettera che poteva indurre a una pausa di meditazione; col rispetto dovuto gli rammenterei che il concetto di democrazia diretta non significa “decido direttamente io” o “decidiamo direttamente solo noi” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quel concetto per me esprime un significato diverso e più alto, significato che, nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, noi continueremo a difendere e promuovere.

Signora Presidente, per suo tramite mi rivolgo alla maggioranza e al Governo, signor Ministro, lei che è qui: scegliete, dunque, se stravolgere l'equilibrio costituzionale con una riforma pasticciata oppure se coltivare la via, per quanto adesso sia strettissima, di un passo diverso. Noi siamo ancora, per formazione e cultura, disposti a incamminarci su quel sentiero. Non ci appartiene, non ci è mai appartenuto il sentimento del “tanto peggio, tanto meglio” e tanto meno ci appartiene un sentimento di rivalsa. Diteci se siete in grado di uscire dal guscio delle vostre certezze e dal rito dei vostri tweet. La democrazia è dialogo, capacità di vedere la quota di verità che è nell'altro o nell'altra, è presidio di chi ha più bisogno di diritti umani, è rifiuto di omologazioni, è lontananza da ogni autoritarismo. Noi lo abbiamo appreso da chi è venuto prima di noi, da chi per la democrazia ha sacrificato tutto, da chi ha saputo dialogare nei momenti più duri della storia di questa Repubblica. Se mi è concesso dirlo, curate di non dimenticarvene mai, mai, e tentate di riaprire uno spiraglio, se ci riuscite.