Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 25 Settembre, 2017
Nome: 
Laura Garavini

 

A.C. 1039 ed abbinate

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario Migliore, riscrivere il codice antimafia oggi, così come ci stiamo apprestando a fare con il voto di questa settimana, significa ridare slancio alle leggi contro il crimine organizzato; vuol dire rafforzare la lotta alle mafie e renderla più consona ai tempi moderni.

È da anni che associazioni della società civile, magistrati, forze dell'ordine, attori sociali insistono e chiedono all'unisono alla politica e al Parlamento di approvare in fretta il codice antimafia, perché, lo sappiamo, sono passati ormai trentacinque anni dall'approvazione di quella straordinaria intuizione che fu la “legge Rognoni-La Torre”, con la quale si è introdotto nel codice penale il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e la confisca dei beni e il loro riutilizzo sociale. Ecco che è normale che da più parti, da tempo, si sottolinei l'esigenza di rimettere mano alla legge, di mettere ordine all'intero impianto normativo e di adottare correttivi migliorativi.

Il provvedimento non solo contiene le indicazioni raccolte dalla Commissione antimafia alla luce di una numerosa serie di audizioni svolte nella stessa, ma comprende anche le diverse proposte che erano scaturite dalla legge di iniziativa popolare sottoscritta da migliaia di cittadini, promossa dalle organizzazioni sindacali, da un nutrito numero di associazioni per la legalità e dal mondo cooperativo, e rilanciata, poi, con la campagna “Io riattivo il lavoro”. Ecco che è un provvedimento importante, che va ad aggiungersi agli altri storici interventi per la legalità che abbiamo realizzato in questo Parlamento negli ultimi quattro anni.

Io credo che possiamo essere orgogliosi del fatto che, tra le importanti riforme che realizzeremo, che abbiamo realizzato in questa legislatura, tra qualche giorno potremo metterci finalmente anche il nuovo codice antimafia. Un codice che consente di prevedere maggiore trasparenza nella gestione dei beni confiscati e interventi più organici e migliorativi nelle misure di prevenzione.

Sono tre, a mio avviso, gli aspetti più positivi della legge. Innanzitutto, rafforziamo l'Agenzia nazionale per i beni confiscati, in primis, attraverso la dotazione di nuovo personale, ma anche con tutta una serie di interventi che mirano al miglioramento della gestione dei beni e delle aziende. Perché una gestione efficace e proficua di questi beni non è affatto scontata, anzi, troppo spesso, in un passato anche molto recente, si sono fossilizzate situazioni di grande problematicità, sia nella fase preliminare all'assegnazione sia nella vera e propria gestione degli stessi; soprattutto per quanto riguarda la riconversione delle aziende confiscate alle mafie, troppo spesso, proprio lì, continua a non funzionare il meccanismo.

Ecco che il nuovo codice antimafia può diventare strategico per superare difficoltà, nella misura in cui introduce meccanismi idonei ad una più efficiente gestione degli stessi. Mi piace ricordare alcuni dati: nell'ultima relazione del Governo sono entrati e ci sono allo stato dell'arte ben 139 mila beni iscritti. Un valore straordinario: si calcola che valgano all'incirca 25 miliardi di euro. Un patrimonio importante sia per il valore intrinseco, ma, soprattutto, per quello che potrebbero rappresentare, laddove si riesca a prevederne l'uso sociale attraverso l'affidamento ad enti o associazioni di pubblica utilità. Perché solo poi riusciamo a dimostrare che lo Stato è nelle condizioni di sconfiggere le mafie e di restituire ai legittimi titolari, vale a dire ai cittadini perbene, quei patrimoni sottratti alle mafie, ma - bisogna rilevarlo - dei 139 mila beni confiscati e iscritti, soltanto poco più di 5 mila sono stati riassegnati, cioè neanche il 4 per cento. Dunque, una percentuale irrisoria, troppo bassa: ecco che questa legge va approvata urgentemente, perché può essere determinante proprio per agevolare l'assegnazione dei beni.

Poi si introducono requisiti e regole stringenti per cui gli amministratori giudiziari verranno chiamati ad occuparsi dei beni confiscati. Anche qui, è inutile negarlo, la cronaca degli ultimi anni, purtroppo, ha portato alla luce scandali inquietanti dovuti all'assenza di parametri e di controlli rispetto all'attribuzione a consulenti o amministratori della gestione dei beni confiscati. Si tratta di volumi d'affari di parecchi milioni di euro: a maggior ragione, è ora di fare chiarezza.

Con il nuovo codice antimafia si introduce tutta una serie di requisiti: il limite massimo di tre incarichi per amministratori, si vieta la possibilità che intercorrano rapporti di parentela tra il magistrato assegnatario e chi riceverà incarichi di gestione di beni; insomma, tutta una serie di strumenti davvero importanti. Infine, si modificano le interdittive antimafia e gli accessi ai cantieri: anche questo è uno strumento determinante per evitare i tentativi di infiltrazione nelle grandi opere.

Insomma, una serie di modifiche che erano necessarie da tempo, che è utile adottare al più presto e che, tra l'altro, lo ha ribadito anche il Consiglio superiore della magistratura, sono estremamente opportune, proprio così come votato in una recente delibera in materia molto puntuale.

Io credo, però, che, detto questo, meriti un'attenzione particolare l'articolo 1 del codice, nel quale avevamo previsto, appunto, l'estensione delle misure di confisca preventiva anche ai casi di corruzione. Qui bisogna rilevare che sono emerse reazioni molto divergenti tra autorevoli esponenti della magistratura, del mondo della scienza e degli addetti ai lavori, al punto che alcuni di loro si sono spinti a rilevare come l'approvazione dello stesso, nella formula attuale, potrebbe determinare conseguenze esattamente contrarie a quelle che perseguiamo, cioè un indebolimento della legislazione anticorruzione.

Dopo un'attenta disamina delle motivazioni addotte, personalmente mi sento di condividere l'analisi di chi teme che l'estensione delle misure di prevenzione anche a reati di corruzione potrebbe portare a sconfinare in situazioni di incostituzionalità e anche e soprattutto di incongruenza con convenzioni internazionali, al punto da rischiare di pregiudicare tutto l'impianto normativo in materia di anticorruzione e anche di antimafia. Ecco che ritengo sarebbe nocivo non tenere conto di tali rilievi. Contemporaneamente, però, non possiamo permetterci di fare slittare ulteriormente l'approvazione del codice. È opportuno che questo dettaglio così rilevante non pregiudichi l'approvazione dell'intero provvedimento, perché ha ben ragione il relatore Mattiello a rilevare nella sua relazione che non c'è spazio per emendamenti. Lo sappiamo benissimo: se lo modificassimo, anche solo con un minimo dettaglio, dovremmo rinviarlo al Senato, e questo significherebbe affossare l'intero provvedimento. Al tempo stesso, ritengo sia necessario, una volta votato celermente il provvedimento nella formula uscita dalla Commissione, intervenire a latere, in un provvedimento ulteriore, o comunque in un provvedimento che consenta questa rettifica, procedere con una rettifica mirata, chirurgica, espressamente limitata all'articolo in questione. In questo modo potremmo finalmente dotarci di uno strumento utilissimo nel contrasto al crimine organizzato, una misura richiesta coralmente da anni, ce lo hanno ricordato anche recentemente in un appello tutta una serie di realtà della società civile, le confederazioni sindacali e quant'altro. Un provvedimento che va ad aggiungersi ai significativi risultati antimafia che abbiamo già conseguito negli ultimi quattro anni: introduzione del reato di voto di scambio, reintroduzione del falso in bilancio, introduzione del reato di autoriciclaggio, legge anticorruzione e istituzione dell'Anac, codice degli appalti, ratifica di numerose decisioni quadro e direttive europee, squadre investigative comuni, introduzione dei reati ambientali, accordi di collaborazione bilaterali per il contrasto all'evasione fiscale. Insomma, l'approvazione del codice antimafia dimostra ancora una volta la nostra forte volontà politica di fare della lotta alle mafie una vera priorità dell'azione di Governo per il bene del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).