Discussione generale
Data: 
Lunedì, 9 Maggio, 2022
Nome: 
Andrea Casu

A.C. 2298-A

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, la proposta di legge d'iniziativa parlamentare n. 2298-A, presentata dal vicepresidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, onorevole Paolo Siani ed altri, in data 11 dicembre 2019, affronta un tema cruciale: il rapporto tra detenute madri e figli minori. Tema cruciale perché non solo è vero che la condizione carceraria ci offre sempre lo specchio nel quale possiamo valutare la qualità di una democrazia, ma non dobbiamo mai dimenticare che è nella privazione di diritti fondamentali a bambine e bambini innocenti che cogliamo la misura della presenza o dell'assenza di civiltà di un popolo.

Nessun bambino, nessuna bambina merita di crescere in carcere: lo ha ricordato a tutte e a tutti noi la scrittrice Lara Cardella in apertura di un recente numero de l'Espresso del 25 marzo dedicato proprio a questo argomento. Ogni bambino o bambina dietro le sbarre è l'innocente per cui lottiamo in altre battaglie molto più comode, dove il bianco e il nero sono ben distinti, soltanto non può far sentire la sua voce.

Questa proposta di legge offre uno strumento giuridico per dimostrare che il Parlamento vuole lottare per tutti gli innocenti, compiendo un passo concreto nella direzione indicata anche dalla Ministra della Giustizia Marta Cartabia il 18 febbraio, proprio nel corso di un'audizione alla Commissione infanzia. Mai più bambini in carcere, un'urgenza non più rinviabile. E lo fa rovesciando la prospettiva, mettendo sempre al centro dei procedimenti e delle procedure i diritti dei minori.

Voglio ringraziare il collega Paolo Siani per il coraggio e la determinazione con cui ha portato avanti negli ultimi tre anni l'impegno che ci ha portato qui, al fianco del capogruppo in Commissione giustizia Alfredo Bazoli e tutto il gruppo del Partito Democratico; e, insieme a loro, il mio ringraziamento a Walter Verini per il puntuale intervento che ha aperto la seduta e per il grande lavoro che sta compiendo per portare a compimento questo percorso.

Andiamo ad analizzare alcuni passaggi del provvedimento. L'articolo 1 introduce alcune modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. Si rende assoluto il divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere per la donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente; un divieto che vale anche per i padri, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. In questo modo, il nostro ordinamento assume come principio un divieto che oggi può venir meno, a fronte di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

A tal fine, all'articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale sono apportate alcune modificazioni. La nuova formulazione è diretta a escludere sempre la custodia cautelare in carcere, prevedendo, in assenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, l'obbligo di disporre o mantenere la custodia cautelare esclusivamente presso un istituto a custodia attenuata per le detenute madri (ICAM).

Inoltre, quando l'imputato sia unico genitore di persona affetta da disabilità grave con lui convivente ovvero nei casi in cui l'altro genitore sia assolutamente impossibilitato a dare assistenza al figlio e non vi siano parenti entro il quarto grado di accertata idoneità, la custodia cautelare in carcere è consentita solo se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Il comma 2 abroga l'articolo 285-bis del codice di procedura penale inserito nel codice dalla predetta legge e il comma 3 va a modificare l'articolo 293 del codice di procedura penale e stabilisce le modalità esecutive delle misure cautelari, aggiungendo due nuovi commi. Si pone l'obbligo per gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria incaricati di eseguire la misura cautelare, ove rilevino la sussistenza di una delle ipotesi di cui all'articolo 275, comma 4, di darne atto nel verbale di cui al comma 1-ter del presente articolo, nel verbale di arresto, unitamente ad ogni indicazione volontariamente fornita dalla persona sottoposta alla misura in ordine alla loro eventuale sussistenza. In questo caso, il verbale dovrà essere trasmesso al giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo prima dell'ingresso della persona sottoposta alla misura nell'istituto di pena. Inoltre, si prevede, nei casi predetti, che il giudice disponga la sostituzione della misura cautelare con altra meno grave o la sua esecuzione con modalità meno gravose anche prima dell'ingresso della persona sottoposta alla misura nell'istituto di pena.

Il comma 4 agisce sull'articolo 656 del codice di procedura penale che disciplina l'esecuzione delle condanne definitive, aggiungendovi il nuovo comma 4-quinquies che prescrive che, ove emergano circostanze di fatto che potrebbero determinare il differimento obbligatorio della pena, ai sensi dell'articolo 146 del codice penale, il pubblico ministero debba informare immediatamente il magistrato di sorveglianza il quale, verificata la sussistenza dei presupposti, procede nelle forme di cui al comma 2 dell'articolo 684 del codice di procedura penale.

Tale comma consente al magistrato di sorveglianza sia la possibilità di ordinare il differimento dell'esecuzione, quando vi sia fondato motivo di ritenere che sussistano i presupposti perché il tribunale disponga il rinvio, sia la liberazione del detenuto, qualora la protrazione della detenzione possa cagionare grave pregiudizio al condannato. Il provvedimento conserva effetto fino alla decisione del tribunale al quale il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti.

L'articolo 2 introduce modifiche al codice penale sulla disciplina dei casi di differimento obbligatorio e facoltativo della pena nei confronti delle condannate madri; modifica il codice penale con riguardo al rinvio obbligatorio della pena, consentendo l'estensione dell'istituto in caso di prole di età inferiore ad un anno anche al condannato padre e aggiungendo il rinvio obbligatorio quando il figlio abbia meno di tre anni e sia affetto da disabilità grave. Al primo comma, n. 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “o ad anni tre, qualora portatore di disabilità avente connotazione di gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se deve avere luogo nei confronti di padre della medesima prole, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi siano parenti entro il quarto grado di accertata idoneità”. Al secondo comma, le seguenti parole: “se la madre è dichiarata decaduta” sono sostituite dalle seguenti: “se il condannato è dichiarato decaduto”.

Infine, viene esteso l'istituto in caso di prole di età inferiore ai tre anni anche al padre. In questo modo, si integra il primo comma, al quale vengono aggiunte le parole di riferimento al padre: “ovvero di padre della medesima prole, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi siano parenti entro il quarto grado di accertata idoneità”.

L'articolo 3 opera sulla legge n. 354 del 1975 che disciplina l'istituto della detenzione domiciliare, escludendo la detenzione domiciliare solo nei casi in cui sussiste il concreto pericolo della commissione di ulteriori delitti e, in questo caso, l'alternativa non sarà il carcere ma l'istituto a custodia attenuata (ICAM).

Sulla detenzione domiciliare speciale che, attualmente, consente la detenzione domiciliare alla madre di prole di età inferiore ad anni dieci (o al padre in assenza della madre) quando non sussiste il concreto pericolo di commissione di altri delitti e il condannato abbia già scontato un terzo della pena ovvero quindici anni in caso di ergastolo. In caso di concreto pericolo e di ulteriori delitti la riforma esclude il carcere, prevedendo per il condannato l'istituto a custodia attenuata.

Infine, con l'articolo 4 si integra la possibilità di convenzioni tra il Ministero della Giustizia e gli enti locali in ordine all'individuazione di case famiglia protette, con la possibilità per i comuni di utilizzare i fondi disponibili al fine di attuare la riconversione e la destinazione in via prioritaria degli immobili di proprietà comunale.

Come ultimamente sottolineato dal relatore Verini, si tratta di un'innovazione di fondamentale importanza che consente di offrire strumenti più forti in un aspetto decisivo che è quello legato all'individuazione dei luoghi dove poi applicare le norme che abbiamo descritto. Nel giorno di Natale di quest'anno - il mio primo Natale da parlamentare - ho fatto visita alla casa circondariale di Roma Rebibbia femminile che oggi accoglie 335 detenute, a fronte di 250 posti regolamentari e 25 posti non disponibili, dati che ho verificato questa mattina sul sito del Ministero della Giustizia. Ho visitato il reparto “Camerotti” e reparto “Cellulare”, la cucina dove erano in corso i preparativi per il pranzo del giorno di festa; ho parlato con le detenute e con la Polizia penitenziaria delle attività che si svolgono nella struttura, di quanto sia stato difficile portare avanti la vita carceraria con la sospensione dei colloqui visivi con i familiari e con le altre misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Ad un certo punto ho chiesto di visitare il nido. In quel momento ho pensato ai dolorosissimi eventi che si sono consumati negli ultimi anni nella mia città, in quei luoghi, al dramma della ragazza che, a settembre, ha partorito in cella senza un'ostetrica, all'immane tragedia che si è consumata nel 2018, quando una mamma ha gettato dalle scale e ucciso i suoi due piccolissimi figli. Siamo arrivati di fronte all'ingresso e abbiamo trovato la porta chiusa. In quel momento, al suo interno non c'erano bambini, non c'erano mamme, c'era solo il murales, dedicato a Leda Colombini che penso sia giusto e doveroso ricordare, come ha fatto il relatore Walter Verini anche oggi in quest'Aula per la vita di impegno spesa per tutte le detenute madri, per i loro figli e le loro figlie. Ho provato una forte, grande e bella emozione nel pensare che quel nido fosse vuoto. Questa emozione dovrebbe essere la regola, perché un carcere non può essere un nido e mai nessun bambino o bambina dovrebbe vivere e crescere dietro le sbarre.

Dell'appello che Luigi Manconi ha rivolto il 7 maggio alla Ministra Cartabia, attraverso le pagine de il Riformista, per chiedere un intervento immediato per raggiungere l'obiettivo di zero bambini in carcere - un appello importante che condividiamo -, apprendo un dato drammatico: il numero di bambini reclusi a Rebibbia è tornato a crescere. Sono 20 al 30 aprile 2022.

Tutti noi ricordiamo la prima parola che abbiamo pronunciato o, meglio, lo sappiamo, perché per tutta la vita ci viene ricordata dalle persone care. Per molti dei bambini costretti a vivere i primi mesi e anni delle loro vite nelle carceri, la prima parola che si impara a dire è solo: “apri”, e non è rivolta ai propri genitori. Loro si rivolgono alle persone chiamate al gravoso compito di chiuderli in cella insieme alla madre, ma, in realtà, stanno parlando a noi, perché sono le nostre attuali leggi a costringerli in questa reclusione. Approvando la “legge Siani” non sarà più così, perché ogni bambino potrà crescere in una casa famiglia o in un ICAM, mai più in una cella. Anche per questa ragione il provvedimento che discutiamo oggi è sicuramente un passo avanti importante, necessario, irrinunciabile e, soprattutto, non più rinviabile.