Discussione sulle linee generali - Relatore
Data: 
Lunedì, 19 Giugno, 2017
Nome: 
Davide Mattiello

A.C. 3891

 

Grazie, Presidente. La proposta di legge n. 3891, che l'Aula inizia ad esaminare, è già stata approvata, come lei richiamava, dal Senato, con ampio consenso, l'8 giugno di un anno fa. L'intenzione che manifesto a nome della maggioranza è quella di approvare senza modifiche il testo che ci è arrivato dal Senato, in modo da chiudere l'iter parlamentare e permettere la promulgazione di queste norme, che, come argomenterò tra poco, rappresentano un passo avanti dello Stato nella tutela di un bene repubblicano fondamentale: la libertà del processo attraverso cui si forma la volontà pubblica; in altre parole, l'essenza stessa della democrazia.

Con questa medesima intenzione abbiamo affrontato l'esame in Commissione giustizia. Questa proposta di legge è figlia del lavoro svolto dalla Commissione di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali presieduta dalla senatrice Lo Moro, istituita dal Senato il 3 ottobre 2013 e che ha terminato i suoi lavori il 26 febbraio 2015 con una relazione votata all'unanimità; una proposta di legge fortemente voluta dalle due associazioni che in Italia più si incaricano di rappresentare le istanze degli amministratori locali, ANCI e Avviso pubblico. Infatti, se oggi siamo qui a discutere di questa proposta, è perché il Parlamento si è fatto carico di una situazione grave, che soprattutto in alcune aree del nostro Paese costituisce una vera e propria emergenza: sindaci, assessori, consiglieri comunali, agenti di polizia municipale minacciati, colpiti nella persona o nel patrimonio nel tentativo di piegarli a fare cosa non deve essere fatto o per ritorsione rabbiosa verso ciò che è stato fatto. Avviso pubblico stima circa 500 atti del genere in un anno, facendo conto ovviamente soltanto sui dati legati alle denunce, quindi ai fatti emersi.

Perché i comuni? Perché sono l'articolazione dello Stato con cui i cittadini entrano più direttamente in contatto e, soprattutto nei centri medio-piccoli, sono la faccia dello Stato sulla quale si addensano aspettative di ogni tipo, più o meno legittime. Infatti a porre in essere minacce e violenze, oltre alla criminalità più o meno organizzata e di stampo mafioso, c'è anche un'altra tipologia di soggetti, che non va giustificata, ma che va analizzata di per sé: cittadini esasperati dalla frustrazione e dalla paura per il futuro, cittadini che arrivano purtroppo a trasformare in violenza il disagio quando curva diventando disperazione. Per questo, se è senz'altro importante che lo Stato con questa legge alzi scudi più robusti attorno ai comuni, lo è altrettanto il ricordarci quanto siano fondamentali interventi di natura sociale che alimentino la coesione e promuovano l'emancipazione dal bisogno; mentre alziamo gli scudi, insomma, dovremmo anche rafforzare le braccia dei comuni attraverso una disponibilità maggiore di risorse economiche da spendere con rigore e trasparenza.

La proposta di legge in discussione opera due scelte di fondo su cui vorrei attirare l'attenzione dell'Aula, prima di passare ad una puntuale disamina degli articoli. La prima: chi colpisce un sindaco, un assessore, un consigliere colpisce la democrazia. Avrebbe infatti potuto il legislatore prendere in considerazione le fattispecie base che normalmente integrano gli attacchi, cioè la minaccia, le lesioni, la violenza privata, il danneggiamento, l'ingiuria, la diffamazione, gli atti persecutori fino all'estorsione, e costruirci sopra un'aggravante, qualora questi attacchi fossero rivolti agli amministratori locali; oppure avrebbe potuto intervenire sull'articolo 336 del codice penale, che sanziona proprio la minaccia e la violenza contro il pubblico ufficiale. E invece ha preferito lavorare sull'articolo 338 del codice penale: scelta benedetta, perché è la fattispecie che meglio individua il bene giuridico offeso, che più qualifica la condotta, che è la libertà con la quale deve potersi formare la decisione della pubblica amministrazione, intesa in ogni sua manifestazione; libertà - sia detto per inciso ma con fermezza - che equivale a piena responsabilità: chi si assume un ruolo pubblico non deve essere indebitamente condizionato, proprio perché deve - e ribadisco, deve - poter rispondere di quello che fa e di quello che non fa senza alcun alibi. L'articolo 338 sanziona con una pena compresa tra 1 e 7 anni chi usando minaccia o violenza provi a impedire, o anche soltanto a turbare temporaneamente l'esercizio della funzione di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una sua rappresentanza: un range edittale che permette la procedibilità d'ufficio, le misure cautelari e le intercettazioni in fase di indagine.

La seconda scelta di fondo è stata quella di modificare l'articolo 338 per tutti i soggetti cui l'articolo 338 si riferisce, non soltanto per gli amministratori locali. Aderisco convintamente anche a questa seconda scelta, perché è un buon legislatore quello che, spronato ad intervenire da un'emergenza contingente, rifletta pacatamente per offrire non soltanto una risposta puntuale all'emergenza considerata, ma una risposta di sistema che tenga conto della storia e si sforzi di proiettarsi con lungimiranza nel futuro. Ecco che allora lo scudo che noi rafforziamo, lo rafforziamo per tutta la platea dei soggetti considerata nell'articolo 338: corpi politici, quindi il legislatore regionale e nazionale, e corpi giudiziari. Altra scelta benedetta, perché non è meno importante ovviamente la libertà della formazione della volontà del legislatore o del giudice. Evoco su questo soltanto due episodi contemporanei: a Palermo il più importante processo in corso di dibattimento, che esplora l'ipotizzato rapporto scellerato tra Cosa Nostra e pezzi di Stato nel periodo stragista, il cosiddetto processo trattativa, è costruito sull'articolo 338 del codice penale. A Torino soltanto una settimana fa è stato sventato un attentato dinamitardo in tribunale, verosimilmente collegato all'apertura del dibattimento del processo cosiddetto Scripta manent, che vede imputati soggetti riconducibili all'area anarco-informale.

Invero, c'è un quarto corpo che viene giustamente tutelato nel complesso dell'articolato, soprattutto con riferimento a quanto previsto dall'articolo 5; un quarto corpo che non è espressamente richiamato dall'articolo 338: il corpo elettorale. Bene fa la proposta di legge in esame a includere anche l'articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960 sull'elezione dei consigli comunali, che per analogia rimanda all'articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 sulle elezioni delle Camere. Fa bene, perché la minaccia o la violenza possono anche essere indirizzati contro il corpo elettorale nel momento in cui si forma la più fondamentale di tutte le volontà repubblicane, quella attraverso la quale si seleziona la rappresentanza democratica. La situazione che si sta vivendo a Trapani offre da questo punto di vista preoccupanti spunti di riflessione.

Vengo infine a ripercorrere le principali novità del testo. Con l'articolo 1 aggiungiamo all'articolo 338 le parole “ai singoli componenti”: quindi non soltanto il corpo nel suo complesso o la sua rappresentanza, in modo da chiarire definitivamente che chi tocca uno tocca tutti, tocca lo Stato. Con l'articolo 2 rendiamo obbligatorio l'arresto in flagranza. Con l'articolo 3 definiamo un'aggravante ad effetto speciale, che scatta quando le condotte intimidatorie abbiano una valenza ritorsiva rispetto alle decisioni assunte. Con l'articolo 4 estendiamo la causa di non punibilità di cui all'articolo 393-bis anche all'aggravante di cui sopra, qualora l'atto assunto sia figlio di un abuso di potere. Con l'articolo 5 estendiamo la punibilità prevista a tutela del corpo elettorale anche a chi usi minaccia o violenza sul candidato, o su chi decida di spendersi a sostegno del candidato: pertanto ritengo positiva la scelta fatta nell'usare il termine “altri”, e non il termine “candidato”. Con l'articolo 6 definiamo le modalità con le quali il Ministero dell'interno debba procedere nel far funzionare l'Osservatorio sugli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, già varato nel luglio 2015.

Ecco, Presidente e colleghi: una proposta di legge utile e illuminata, che idealmente è dedicata in particolare a quegli amministratori locali che hanno pagato con la vita la propria dedizione alla Repubblica. Fatemene ricordare uno per tutti: il sindaco di Pagani, Marcello Torre, ucciso per ordine di Cutolo l'11 dicembre 1980. E anche a quelli che non sono stati uccisi, ma mortificati quando hanno scelto la legalità anziché l'accomodamento: come accadde all'indimenticato sindaco di Torino, Diego Novelli, quando nel 1983 decise di denunciare la corruzione all'interno del comune anziché cercare criminogeni aggiustamenti politici. L'Italia spesso in affanno sul cammino della credibilità istituzionale deve molto a tutti loro.