A.C. 2084
Grazie, Presidente. Oggi discutiamo una questione importante, la regolamentazione di uno strumento fondamentale per le indagini, lo strumento dell'intercettazione. Viene introdotto un limite massimo, di 45 giorni, che è piuttosto rigido. Certo con l'esigenza di garantire, quanto più possibile in senso liberale, i diritti della persona indagata ma, ovviamente, oggi ci troviamo qui a discutere del “come” lo si fa e se sia il modo migliore. E lasci dire, anche a me, che è un peccato farlo oggi, in Aula, in assenza di rappresentanti del Ministero della Giustizia e di chi ha seguito questo provvedimento sin dall'inizio. Attualmente non esiste un limite massimo, predefinito, alla durata delle intercettazioni. La loro durata è, implicitamente, correlata ai tempi massimi delle indagini preliminari, quindi 18-24 mesi. Capite bene che, rispetto a questa durata, il limite rigido di 45 giorni risulta, particolarmente, restrittivo e ed è, comunque, una riduzione importante, un limite importante che si pone a questo strumento. Una delle domande che, ci facciamo noi e che vogliamo restituire all'interno della discussione, è se questa sia una scelta equilibrata rispetto agli altri strumenti investigativi che non subiscono questo tipo di limitazioni. Penso, ad esempio, alle perquisizioni che possono essere effettuate in qualsiasi momento delle indagini. Si va a creare, sostanzialmente, una gerarchia irragionevole tra i mezzi di ricerca di prova e questo, sicuramente, noi lo mettiamo in luce e lo contestiamo. Poi io penso che dobbiamo chiederci quale sia, effettivamente, la conseguenza sull'effettività dell'indagine di questo limite che viene messo. Le intercettazioni - per come ha avuto modo, almeno io, di osservarle da cittadina che segue, normalmente, le indagini o, comunque, che segue le notizie - hanno bisogno di tempo per essere efficaci. Spesso le prime settimane sono impiegate dagli inquirenti per comprendere, appieno, i modelli comunicativi della persona indagata.
Quindi, mi chiedo se non stiamo sacrificando, tagliando e azzoppando, completamente, questo strumento. Anche perché se alla persona indagata dovesse arrivare, anche solo, un sospetto, una notizia del fatto che c'è “solo” un'intercettazione in corso, la consapevolezza di avere un limite così rigido e così difficilmente prorogabile di 45 giorni, penso potrebbe portare, chi sta commettendo un illecito, a fare una pausa di 45 giorni, in ottica prudenziale, per poi semplicemente riprendere le sue attività illecite. Sono tutte questioni che dobbiamo tenere in considerazione. Così come dovremmo tenere in considerazione il confronto con gli altri Paesi europei. Guardiamo alla Francia, dove la durata massima delle intercettazioni è di quattro mesi, con possibilità di rinnovo alle stesse condizioni. Guardiamo alla Germania, dove il limite è di tre mesi che può essere poi, però, prorogato di ulteriori tre mesi, se necessario. Sono entrambi modelli, quello francese e quello tedesco, che, comunque, offrono più flessibilità rispetto alla proposta che stiamo discutendo oggi che introduce invece un limite che, poi, risulta molto complesso superare.
Esiste e possiamo ricercare un modo, equilibrato, per riformare il sistema delle intercettazioni. Mi chiedo se questo sia il modo più adatto e se non stiamo andando, invece, verso un quadro di compromissione, forte, di uno degli strumenti delle indagini.
Se la preoccupazione, davvero, fosse stata la tutela della privacy e dei diritti del cittadino mi chiedo perché non ci sia stato spazio per approfondire le discussioni che noi, già in Commissione, avevamo evidenziato circa gli strumenti che potevamo mettere in campo in questo senso. Mi riferisco, ad esempio, all'idea di rafforzare il controllo sulla rilevanza delle comunicazioni captate; mi riferisco al garantire una gestione, più sicura, dell'archivio delle intercettazioni o a distruggere, tempestivamente, le intercettazioni irrilevanti. Insomma migliorare il sistema anziché indebolirlo. Mi pare - come ci siamo purtroppo abituati in questa in questa sede e nel Parlamento italiano - che lo spazio della discussione e della dialettica si sia, completamente, azzerato e anche laddove c'è una proposta che può andare verso una direzione comune e, quindi, una maggiore tutela della privacy del cittadino nell'ambito, ad esempio, dell'utilizzo delle intercettazioni, invece, ci sia già una strada predefinita che è quella decisa dalla maggioranza e dal Governo. Dove si va avanti dritti senza alcuna possibilità di effettivo confronto e di modifica del merito delle proposte.
In più c'è un punto che io ritengo, particolarmente, grave che sono le mancate eccezioni a questa restrizione che si applica alle intercettazioni. Quali il reato di omicidio, di stalking, di tutto ciò che afferisce al cosiddetto “codice rosso”. Sono reati che restano fuori dalla possibilità di eccedere a questa restrizione che si sta imponendo. Noi, ogni volta, ci riempiamo la bocca di retoriche di protezione delle vittime e di tutela, innanzitutto, di chi subisce in quei caso. E alla luce di questo risulta ipocrita, ma anche poco giustificato, il fatto che questo tipo di reati non rientrino tra quelli su cui si può fare eccezione, in questo senso. Mi chiedo come potremmo spiegare a una vittima di violenza domestica, ad esempio, che non si riesce, non si può perseguire oltre il quarantacinquesimo giorno e approfondire il loro caso perché questo è il limite massimo di tempo, rigidissimo, che si è voluto imporre. Questa rigidità dei criteri per concedere delle proroghe alle intercettazioni rende, quasi, impossibile superare il limite imposto.
Anche se si riuscisse a ottenere una prima proroga, la seconda, a quel punto, sarebbe ancora più difficile perché dovrebbe essere strettamente legata alla scoperta di nuovi elementi specifici. Insomma, diventa sostanzialmente un labirinto burocratico che rischia di trasformarsi in un regalo a chi, invece, poi effettivamente li commette degli illeciti. Voglio concludere anche osservando un'ultima cosa. Noi oggi stiamo discutendo di porre un limite drastico - secondo me ingiustificato - alle intercettazioni regolarmente autorizzate dall'autorità giudiziaria, a fronte di un contesto dove ultimamente molto hanno fatto discutere delle intercettazioni irregolari e abusive: faccio esplicito riferimento al caso Paragon. Non vi sembra un pochino assurdo che, di fronte a un silenzio e una mancata trasparenza - devo dire imbarazzante - da parte del Governo su questo fronte, si vada dritti senza possibilità di mediazione alcuna ad azzoppare quello che invece è uno strumento regolare, che si può poi correttamente utilizzare, limitare e migliorare? Ma questo stiamo facendo: stiamo andando a indebolire lo strumento regolamentato e autorizzato mentre, nel silenzio e nella non chiarezza, giornalisti e attivisti vengono spiati, e non si capisce neanche bene come e chi eventualmente si sia preso questa responsabilità.
Allora, questo lo sottolineiamo come ennesimo atto grave di trascuratezza e di incoerenza, che purtroppo non rende serena questa discussione. Sarebbe stato bello poterne parlare e discutere - con tutto il rispetto ovviamente della Sottosegretaria, che è sempre presente, più di altri, alle nostre discussioni - con i membri e i Sottosegretari del Ministero della Giustizia, che purtroppo pare che siano troppo occupati a contestare delle sentenze con dichiarazioni al limite dell'eversivo, che ben restituiscono la comprensione e il peso che danno alla separazione tra i poteri e alla terzietà della magistratura: fatti, questi, che non possono ovviamente che lasciarci molto preoccupati.