A.C. 2240
Grazie, signora Presidente. Veda è un momento, anche questo, per chiarire posizioni di fondo presenti in questo Parlamento.
Noi riteniamo che una riforma fiscale debba essere al centro della discussione di questo Parlamento ma, in realtà, il Parlamento ne è stato completamente espropriato da questo Governo che, su questo tema che è il principale, ha avocato a sé la discussione con una delega. Questo avviene in un momento in cui la pressione fiscale aumenta e, soprattutto, aumenta l'iniquità e l'ingiustizia fiscale.
Il nostro obiettivo di riforma fiscale è molto chiaro. Noi siamo per l'uguaglianza sociale, per l'equità tra i contribuenti. Noi pensiamo che bisogna rispettare il principio costituzionale della progressività fiscale e riteniamo che questo sia importante per tutte le materie conseguenti, compresa la discussione su questo decreto capitali e la revisione delle sanzioni, come previsto da questo provvedimento. Noi riteniamo che non sia possibile continuare a ignorare che, in questo Paese a proposito di progressività fiscale, il 40 per cento delle imposte pagate risponde a criteri di progressività fiscale e il 60 per cento è fatto da imposte sostitutive e da tassazioni proporzionali, che nulla hanno a che fare con la progressività fiscale. Il risultato è che stiamo vivendo in un Paese dove l'85 per cento dell'IRPEF è pagato dai lavoratori dipendenti e dai pensionati.
Alla luce di questi dati, che senso ha parlare di rottamazioni se non per continuare ad avere un'idea della riforma fiscale come una riforma à la carte, per venire incontro alle diverse corporazioni, continuare a demolire la progressività fiscale e non distinguere e, a fare, parti uguali fra disuguali? Perché se siamo alla quarta rottamazione, come minimo, ci si dovrebbe chiedere, prima di pensare alla quinta, come mai le entrate previste non sono state quelle attese e, come mai, ci sono molti contribuenti che pagano la prima rata e poi si scordano, nuovamente, di onorare gli impegni che hanno preso. Sarebbe importante distinguere tra il contribuente onesto e, veramente, in difficoltà e gli altri ma questo non è nelle intenzioni di questo Governo che, anche con questo decreto capitali, continua a avere una posizione ambigua e non esprimere una chiara posizione strategica, il che corrisponde sempre, a proposito di strategia, all'idea che bisogna cercare di accontentare gli elettorati di parte piuttosto che avventurarsi in una proposta generale di riforma del nostro sistema fiscale e finanziario.
Questo provvedimento propone una proroga a un provvedimento che aveva già avuto una proroga: si direbbe che non siete capaci di rispettare i tempi ma, in realtà, prendete tempo perché, rispetto alla questione dei capitali, forse è molto più importante per voi assistere, con interventi non necessari da parte del Governo, a quanto sta succedendo nel mondo del sistema bancario e dei capitali.Noi sappiamo e vediamo, tutti i giorni, il cosiddetto risiko bancario.
Mentre si attendono le decisioni degli organi di vigilanza interni ed europei, sfugge a questo dibattito, e all'attenzione del Paese, il fatto che gran parte del potere, su queste situazioni, è in capo a fondi internazionali, cioè a soggetti molto diversi dalle società per azioni, la cui governance, spesso opaca, è spesso legata a interessi e umori di chi ha una massa ingente di capitale da impiegare.
Saranno dunque, soprattutto, i grandi fondi internazionali a decidere l'esito finale della partita italiana del credito, con un Governo che non si preoccupa di accelerare i tempi di una riforma del testo unico della finanza e di introdurre regole che rispondano e indichino ai mercati e alle grandi società, con i loro azionisti rilevanti, il rispetto delle regole, chiedendo loro che ci sia un'effettiva trasparenza e regole semplici.
Di questo non vi occupate o, per lo meno, rinviate le decisioni senza indicare qual è la strada che volete percorrere, mentre è sotto gli occhi di tutti l'anomalo, il non è giusto, ruolo di un Governo che è parte, si fa parte in causa, della sfida finanziaria e appoggia una cordata di imprenditori bancari rispetto agli altri e usa, in modo allargato, il golden power, ovvero la facoltà di determinare gli esiti di alcune vicende societarie. Ha ciò testimoniato la prima discussione sul decreto capitali - rispetto alla quale ci siamo astenuti perché riteniamo, importante, non disperdere il lavoro fatto nel precedente mandato e, importantissima, una riforma del mercato dei capitali nel nostro Paese - ma avete voluto introdurre, con l'articolo 12, una norma discutibile, ed enormemente complessa, sulla lista del consiglio di amministrazione.
Sono quindi necessarie, servirebbero, regole meno invadenti con maggiore spazio alle Authority, come Consob e ESMA, ma state, ben lontani, dal percorrere questa strada. Ad oggi le valutazioni ufficiali del Governo che fanno delle operazioni in corso, e come queste possano legarsi all'operazione di riforma del testo unico della finanza non sono, assolutamente, definite, non sono ufficiali da parte di questo Governo. Noi avevamo chiesto di ridurre il periodo, necessario, per arrivare a una riforma del testo unico. Ci avete risposto, non solo, prorogandola ma introducendo un'altra delega in bianco sul tema della riscossione delle sanzioni. È evidente, a questo punto, il nostro non può essere né un voto favorevole, né un voto di astensione ma un voto contrario. Perché continuiamo a chiedere a questo Governo di confrontarsi su questi aspetti, che dovrebbero risultare a tutti particolarmente strategici per il futuro del Paese, dopo 22 mesi che assistiamo, inerti, a un rallentamento, quasi a un fermo totale, della produzione del nostro Paese.
Tenere insieme la riforma del mercato dei capitali, delle sanzioni e della riscossione, il riordino del Testo Unico della Finanza, deve essere compatibile con un obiettivo che dovrebbe essere più generale, e veramente nazionale, ovvero quello della strada di un mercato unico europeo dei capitali. Cosa dalla quale vi tenete ben lontani, proponendo riforme e deleghe in bianco, fuori dai tempi e dal contesto effettivo che sta vivendo il nostro Paese, riproponendo, appunto, rinvii e deleghe in bianco, perché, più che una necessità, per voi è una scelta. Quella di non intervenire per salvaguardare interessi di parte.