Grazie, signor Presidente. Ho incontrato l'ultima volta Aldo Tortorella un paio di settimane fa. Era lucidissimo, avevamo avuto una lunga chiacchierata sul mondo e sulla sinistra. Ogni tanto veniva fuori una battuta, mi parlava del paradiso dei comunisti nel quale lui sarebbe finito e aggiungeva sempre: non tutti, però.
Io sono convinto che lui nel paradiso dei comunisti, se ci fosse, ci sarebbe finito, perché da giovanissimo, lui, di una famiglia borghese, nato a Napoli, ma cresciuto a Milano, aveva scelto la lotta partigiana. Era stato a Genova, era stato arrestato, era poi fuggito, in maniera anche molto rocambolesca, travestito da una donna ed era tornato ad unirsi alla Resistenza. Aveva combattuto per la democrazia, per la libertà, per i suoi ideali di una società diversa, migliore. Aveva, poi, nel PCI, sempre avuto una sua specificità, una sua particolarità.
Un intellettuale, uno studioso, ma di battaglia, di combattimento. Aveva diretto l'Unità dal 1970 al 1975, era stato tra i protagonisti del ciclo politico di Enrico Berlinguer ed era stato, poi, sempre impegnato nella costruzione di un rinnovamento profondo della sinistra. Sempre curioso nei confronti delle cose che si muovevano tra le giovani generazioni e nel mondo.
A lui rimarrò sempre legato, mi ha sempre detto: il tema non è dove stai, ma come stai in un posto, con quale rigore politico, morale e intellettuale. Credo che questo sia un lascito per tutti, soprattutto per le generazioni più giovani, a continuare a combattere.
Nell'ultima fase della sua vita - e concludo -, oltre alla fatica intellettuale da direttore di Critica Marxista, nell'Associazione per il rinnovamento della sinistra, aveva passato molto tempo accanto a sua moglie Chiara Valentini, ad accudirla. Chiara Valentini, una grande giornalista, la biografa di Enrico Berlinguer. A lei e a tutti i suoi cari va il più sincero abbraccio, con grande commozione del gruppo del Partito Democratico.