Grazie, Presidente. Giovedì scorso ci ha lasciato improvvisamente, come fosse un fulmine a ciel sereno, Marco Causi, parlamentare e amministratore della Capitale per tanti anni. Un uomo politico e uno studioso apprezzato non solo dalla sua parte politica, ma anche da moltissimi esponenti di diversi opposti schieramenti politici. La notizia della sua scomparsa è giunta per tutti, ma soprattutto per chi lo ha conosciuto da vicino, come un colpo durissimo. Una morte precoce e ingiusta - ammesso che esistano morti giuste -, perché Marco Causi era ancora giovane e nel pieno delle sue forze e delle sue capacità vitali e intellettuali. Proveniva da una famiglia siciliana impegnata in politica nel Partito Comunista italiano, una famiglia di intellettuali. In particolare la mamma, Marina Marconi, deputata all'Assemblea regionale siciliana e poi assessore a Palermo, la nonna Jole Bovio, sovrintendente della Sicilia occidentale negli anni Settanta e Pirro Marconi, archeologo siciliano. Le sue radici erano quindi profondamente piantate in quella Sicilia progressista, formatasi nello studio, nella cultura, politica, studio e cultura che hanno segnato tutta la vita il percorso politico e la formazione di Causi.
Nato a Roma, si laureò in scienze statistiche fino a diventare ordinario di economia presso l'Università di Roma Tre, dove ancora esercitava l'insegnamento. Ma la sua vita e il timbro di quelle radici lo avevano portato fin da giovanissimo a intrecciare gli studi e l'impegno politico nella Federazione giovanile comunista e poi nel Partito Comunista a Roma, dove presto si affermò come dirigente politico. Un dirigente di quelli che sapeva portare nel dibattito e nel confronto politico e nell'azione concreta tutta la sua esperienza e competenza di studioso della materia economica. Questo rispetto e questa stima riconosciuta insieme alla sua personalità di uomo aperto, capace di ascoltare - tutti lo hanno conosciuto in quest'Aula -, disponibile e affabile nel rapporto con le persone, lo hanno portato a diventare, tra la metà e la fine degli anni Novanta, tra i consiglieri economici più ascoltati del Governo Prodi I, prima presso il Ministero delle Finanze, diretto allora da Vincenzo Visco, e poi presso la Vicepresidenza del Consiglio con Walter Veltroni.
Successivamente, quando il sottoscritto fu chiamato a guidare il Partito Democratico della Sinistra di Roma - così si chiamava all'epoca -, chiesi a Marco di dirigere il Dipartimento economico per dare al partito della capitale un profilo programmatico più forte e più nitido alla vigilia di quel grande Giubileo del 2000, che si prospettava - ed effettivamente fu - come un momento di grandi mutamenti della struttura economica di Roma. Nel 2001 iniziammo, poi, insieme il viaggio decennale nella giunta di Walter Veltroni, eletto sindaco nel 2001: lui come assessore al bilancio, io all'urbanistica, insieme a tanti colleghi, come Walter Verini, che è oggi senatore, ed altri, che ci hanno lasciato e che ricordo con grande emozione, come Maria Coscia, parlamentare presente in quest'Aula per dieci anni, Mariella Gramaglia, Gianni Borgna, Silvio Di Francia, Mario Di Carlo, Liliana Ferraro.
In quegli anni Marco fu protagonista di grandissime riforme nel settore del cosiddetto “gruppo comune delle aziende municipalizzate”, guidandone la transizione nella fase della liberalizzazione e costruendo politiche finanziarie capaci di unire il risanamento ed il rigore con gli investimenti e con la spesa sociale, che toccò allora, a Roma, livelli che non sono mai stati più raggiunti. Poi dal 2008 - vado concludendo, Presidente - iniziammo insieme l'esperienza parlamentare ed anche in quest'Aula egli si impose con le sue qualità umane e politiche e con la sua competenza, diventando in breve, nella posizione di capogruppo dei Democratici alla Commissione finanze, un punto di riferimento nelle materie principe del lavoro di quest'Aula: la costruzione delle leggi finanziarie, delle leggi di stabilità, come all'epoca si chiamavano, dei documenti di economia e finanza. Fu da questa posizione che egli continuò il suo impegno, partecipando in modo attivo e decisivo per l'opposizione alla delega sul federalismo fiscale, che introdusse le prime misure speciali per Roma Capitale, preludio della definizione organica di un nuovo ordinamento, di cui si discute in questi mesi. Contestualmente, proprio negli anni del suo percorso parlamentare, fu chiamato dal sindaco Marino a ricoprire il ruolo di vicesindaco, in quella travagliata fase delle inchieste per mafia capitale, proprio per la sua conoscenza della macchina capitolina e per le sue qualità umane, che lo portavano sempre a smussare i conflitti, andare al merito delle cose, sfuggire alle polemiche astratte e sdrammatizzare con il lavoro.
Ad un certo punto della sua vita, qualche anno fa, decise di non ricandidarsi e di tornare all'insegnamento, che gli mancava; insegnamento, studio, la ricerca in questi anni difficili, che chiamano alle domande fondamentali del rapporto con i giovani.
Ecco, mi consenta, Presidente, nel chiudere questo breve ricordo di Marco Causi, una piccola nota personale. Con Marco, così come con tanti altri che ho qui ricordato e altri ancora, ho lavorato gomito a gomito per vent'anni. Abbiamo condiviso tante battaglie in quegli anni di impegno nella giunta del sindaco Veltroni. Marco era un ragazzo buono. Mi permetto di usare questa espressione nonostante i suoi 68 anni - certo, non pochi, ma neanche tanti - che hanno messo fine alla sua vita. Essere una persona buona vuol dire tante cose: vuol dire amore per la vita, per gli affetti, quelli più diretti, e per le amicizie; vuol dire fiducia nelle persone e passione per il proprio lavoro, come base comportamentale fatta di solidarietà e di rispetto; vuol dire trasparenza di sentimenti, una trasparenza che si vede dagli occhi che sono la cartina al tornasole dell'animo delle persone.
Quando gli anni passano e ci si guarda intorno e dietro diventano troppe le persone care che cadono e che mancano. Credo che ricorderemo e ricorderò sempre il suo sorriso bonario e al tempo stesso intelligente, la sua acutezza di pensiero, la sua concretezza che rifuggiva - come ho detto - la polemica, la sensibilità verso i deboli, che trasferiva nel suo impegno, e poi le braccia, perennemente occupate dalle carte, e l'aspetto sempre indaffarato di chi ha sempre qualcosa da fare.
Questo Parlamento, Roma e il mondo accademico perdono una grande personalità e una grande persona. A Monique Veaute, la sua amata compagna, e al suo Nino va il nostro abbraccio affettuoso e commosso.
Caro Marco, il tempo arriva sempre prima del tempo e disse Abramo Lincoln: alla fine non sono gli anni della nostra vita che contano, ma la vita dei nostri anni. E così, caro Marco, è stato per te. Grazie di averceli regalati anche a noi.