Discussione generale
Data: 
Lunedì, 16 Giugno, 2025
Nome: 
Sara Ferrrai

Scheda della Mozione

Grazie, Presidente. La mozione che vado ad illustrare, presentata dal Partito Democratico, ha lo scopo di proporre al Governo una strategia per investire sulla conoscenza, come leva di sviluppo e competitività del nostro Paese, trasformando quella che, in questo momento contingente, può essere un'occasione di arricchimento del nostro capitale umano, anche attraverso il disinvestimento che gli Stati Uniti stanno facendo rispetto ai loro ricercatori e ai loro scienziati. Ma l'attrattività del nostro Paese si costruisce se, in primis, quello che andiamo a proporre è un mondo della ricerca e della conoscenza che ha una sua forza, un suo riconoscimento o un suo investimento chiaro. Cosa che oggi purtroppo non è; non è quella la direzione nella quale sta andando il nostro Governo.

Oggi, la spesa pubblica in ricerca in Italia è tra le più basse rispetto alle grandi economie in termini sia assoluti che relativi al PIL e il divario rispetto a Stati Uniti e Germania, già sostanzioso 40 anni fa, è oggi più ampio che mai.

Riguardo al ruolo di pubblico e privato, in tutti i Paesi analizzati, il peso del settore pubblico si è ridotto rispetto alla componente privata, rappresentata dagli investimenti delle imprese. In Italia, la spesa pubblica è stimata allo 0,5 per cento del PIL nel 2024, con un aumento solo dello 0,1 per cento previsto dal Governo nei prossimi 5 anni, contro il 2,1 per cento della Francia, il 2,2 per cento della Spagna, il 2,6 per cento della Germania e il 4,8 per cento della Danimarca. Eppure, la spesa pubblica è uno strumento di competitività ed è il pubblico che deve farsi carico di aumentare la possibilità che il nostro Paese faccia passi avanti in innovazione, in proiezione verso il futuro, in protagonismo nei mercati internazionali e lo si fa attraverso la conoscenza.

Eppure, il Governo sta strizzando l'occhio alle università telematiche private che sono oggi la principale università italiana per iscritti, facilitandone in qualche modo la vita. Mentre contemporaneamente azzoppa l'università e la ricerca pubblica, perché riduce i finanziamenti - il Fondo di finanziamento ordinario delle università - andando sì, oggi, a sommare una serie di Fondi di origine diversa, così come anche il PNRR, ma che sono evidentemente vincolati ad obiettivi ben precisi. Mentre le università hanno bisogno di stabilità, di interventi, di sostegno strutturale con i quali possono garantirsi la propria libertà di scelta.

Lo stesso turnover, che oggi voi vincolate evidentemente a una certa percentuale, in realtà è maggiore di quella percentuale di fatto, perché la riduzione dei finanziamenti, oggi, non consente a molte università di sostituire nemmeno per la cifra che voi autorizzate i pensionamenti. Secondo i dati più recenti, il nostro Paese ha una quantità di precariato che è superiore agli altri Paesi e, pur avendo il PNRR reso disponibili risorse importanti per il settore, ha, però, creato esclusivamente rapporti a tempo determinato, con un incremento esponenziale del precariato. I tagli, ormai, purtroppo, noti inflitti dall'Esecutivo, indurranno gli atenei a non confermare almeno i due terzi dei più di 30.000 lavoratori precari tra professori a contratto, assegnisti, borsisti e ricercatori. Intanto, solo negli ultimi sei mesi, si stima che siano terminati ben 1.500 rapporti di lavoro a tempo determinato.

Tutto ciò discende dal fatto che, nelle ultime leggi di bilancio del Governo, è stato ridotto il Fondo di finanziamento ordinario, dicevo, delle università di ben 500 milioni di euro nel 2024 e di 700 milioni, previsti nel triennio 2025-2027. Il Governo avrebbe, inoltre, introdotto l'adeguamento Istat degli stipendi per i docenti universitari, senza fornire, però, stanziamenti aggiuntivi, appunto, al Fondo di finanziamento ordinario.

Ai tagli si aggiunge, in seguito all'approvazione della legge n. 207 del 2024, ancora, dicevamo, il blocco del turnover che, appunto, è al 25 per cento ma, nei fatti, poi, nelle università prive di soldi quella percentuale si abbassa ulteriormente. I primi provvedimenti dell'Amministrazione Trump, con conseguenze dirette nell'ambito scientifico ed accademico, hanno posto l'attenzione sull'importanza di rafforzare in ambito europeo l'autonomia della formazione universitaria e della ricerca, che si garantisce però - l'ho detto poco fa - rendendo strutturale e certo il Fondo di finanziamento ordinario.

Ci sono, oggi, giovani ricercatori, giovani studenti italiani - lo so per via diretta - che stanno rinunciando a borse di studio, a master che hanno vinto negli Stati Uniti perché, oggi, andare a studiare in quel Paese è diventato pericoloso. E, allora, noi dobbiamo valorizzare la loro permanenza sul nostro territorio e, in questo contesto, l'Europa è intervenuta varando la strategia europea per le startup e le scaleup al fine di rendere l'Europa un luogo ideale per avviare e far crescere imprese globali basate sulla tecnologia.

La strategia, in linea con la più ampia iniziativa “scegli l'Europa per la scienza” lanciata dalla Presidente von der Leyen, si concentra in primo luogo sulla componente scientifica che promuove un approccio europeo unificato per attrarre e trattenere i talenti, rafforzando, in tal modo, la competitività dell'Europa.

Veniamo però al punto fondamentale: è assolutamente necessario che l'Esecutivo compia un'importante inversione di tendenza delle politiche dei tagli e del precariato, per avviare iniziative strategiche di settore e investimenti, e garantire continuità e centralità anche alla ricerca di base perché è sulla ricerca di base che poi si va ad innestare il trasferimento tecnologico.

Questa sfida si intreccia, però, con una contraddizione evidente, con una sorta di ipocrisia, perché, se da un lato si sta ragionando su come attrarre talenti dall'estero, dall'altro non si riesce a valorizzare il capitale umano già presente. Insomma, le misure adottate dal Governo con le riduzioni dei fondi agli enti pubblici di ricerca e i mancati investimenti nei giovani e nei ricercatori rischiano di vanificare qualsiasi sforzo di attrazione esterna, perché non si può attrarre talento se prima non si valorizza quello che già esiste.

E quindi, l'attrattività dei ricercatori dall'estero, se ben gestita, può rappresentare una straordinaria occasione di crescita e apertura, ma deve conciliarsi, appunto, con una riforma profonda del sistema nazionale, a partire da un piano straordinario di assunzioni per superare il precariato cronico che colpisce migliaia di ricercatori italiani e da un incremento stabile e significativo, appunto, degli investimenti in ricerca pubblica di base.

Se l'indirizzo della maggioranza verso una riduzione versus Italia ha probabilmente il non detto delle proiezioni statistiche sulla riduzione della natalità nel nostro Paese, noi siamo convinti che si debba fare e si possa fare molto di più in termini di intervento sull'aumento della natalità, con i servizi per la genitorialità, la condivisione dei compiti di cura, che vanno anche a superare la precarietà, l'ingente oggi precarietà delle lavoratrici, tra cui - con l'occasione, preciso - la precarietà delle ricercatrici che è decisamente molto superiore a quella dei colleghi maschi.

Ma l'obiettivo non può essere quello di ridurre finanziamento perché tanto la natalità ci dice che ci saranno meno giovani. Noi dobbiamo, proprio per questo, investire maggiormente per aumentare la percentuale di laureati nel nostro Paese, proprio perché su quelli si basa la nostra competitività.

Ed ecco, allora, che questa mozione propone al Governo delle azioni concrete: quelle di adottare iniziative per finanziare un piano di reclutamento straordinario di ricercatori, ferme restando le peculiarità dei diversi sistemi e in ogni caso l'esigenza di non ostacolare ricambio generazionale; la necessità di programmare un piano di rilancio ed espansione del sistema universitario che abbia l'obiettivo di recuperare il terreno perduto; un programma di reclutamento - dicevamo - strutturale; iniziative, anche fiscali, per favorire il rientro dei cervelli e consentire a tale personale qualificato di esprimere, anche in Italia, il proprio talento; e, infine, adottare iniziative volte a predisporre un piano strategico per l'attrattività dei ricercatori stranieri di alta qualificazione, assicurando condizioni adeguate per lo sviluppo della loro attività scientifica in Italia, in sinergia con le università e gli enti di ricerca pubblici, e promuovendo, in parallelo, un piano strutturale di investimenti pubblici nella ricerca di base, anche attraverso il rifinanziamento ordinario del Fondo per la scienza e la tecnologia, e a garantire risorse pluriennali per il sistema della ricerca, quella pubblica.