Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 15 Marzo, 2023
Nome: 
Federico Gianassi

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Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, ancora una volta in questo primo e breve inizio di legislatura ci troviamo in quest'Aula ad affrontare le tematiche del processo e dell'ordinamento giudiziario e nuovamente affrontiamo queste importantissime tematiche con indirizzi, auspici, obiettivi, buone intenzioni, buone o cattive dipende dai punti di vista, ma che sono state coltivate in quest'Aula e anche fuori da quest'Aula, talvolta anche con messaggi e enunciazioni molto muscolari e roboanti. Eppure, in primo luogo, vorremmo rilevare che, rispetto a questo spazio di dibattito appassionato sugli obiettivi di trasformazione del processo penale e dell'ordinamento giudiziario, che, ripeto, così tanto spesso in pochi mesi è avvenuto in quest'Aula e fuori da quest'Aula, poco è stato fatto in relazione alle azioni concrete assunte dal Governo.

E quel poco che è stato fatto non è coerente con quelle enunciazioni e con quegli obiettivi, che pure noi per ragioni di merito, che poi affronteremo, abbiamo criticato. In effetti rispetto a questo dibattito, quello di poche settimane fa in quest'Aula a seguito delle comunicazioni del Ministro Nordio sullo stato dell'amministrazione della giustizia, o ancora prima, in occasione di alcuni ordini del giorno collegati alla conversione del decreto contro i raduni musicali, gli unici atti che il Governo ha portato sul tema della giustizia sono la creazione di un nuovo reato con più carcere e più intercettazioni contro i raduni musicali, il taglio alle risorse destinate al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria o alle carceri contenuto nella manovra di bilancio, e ancora, solo ieri, un disegno di legge che conferma integralmente il contenuto della riforma Cartabia, salvo chirurgici accorgimenti per limitare disfunzioni preesistenti alla riforma.

Insomma, se non ci smentirà il Governo nelle prossime settimane, ad oggi, rispetto alle tante parole che abbiamo impiegato sui temi della giustizia, sono corrisposti atti che vanno in direzione diversa o poco altro.

E forse non è un caso che non vi siano state iniziative coerenti con il dibattito che è stato affrontato in quest'Aula, perché, quando si dice di voler intervenire con modificazioni normative in materie così delicate per il processo penale, dunque per i diritti del cittadino, occorrerebbe partire dallo stato dell'arte, e cioè che a questa legislatura è stata consegnata una riforma, approvata nella precedente, che trasforma il processo civile e il processo penale ed incide in modo radicale sull'ordinamento giudiziario. Vi è, però, un fenomeno di rimozione politica spesso nella maggioranza, e non solo, rispetto a questo intervento. Non stiamo discutendo di mettere in cantiere riforme rispetto ad un passato, anche lontano, nel quale alcune tematiche non erano state affrontate. Stiamo oggi affrontando l'entrata in vigore di riforme straordinarie e radicali, che rovesciano anche alcuni capisaldi del nostro sistema processuale, sia civilistico che penale, che sono collegate agli impegni assunti in sede europea, alle risorse ingenti del PNRR per trasformare e modernizzare il processo e la giurisdizione in Italia.

E dunque, forse, se ancora non sono intervenute azioni di trasformazione della legislazione in materia di processi e ordinamento giudiziario, è anche perché non si vuole prendere atto, ma si sa che esiste, di una riforma importante e imponente, che meriterebbe l'attenzione e la profusione di ogni sforzo ed energia dei partiti, soprattutto di maggioranza, affinché queste riforme entrate in vigore abbiano piena e immediata attuazione, per ottenere i risultati per i quali esse sono state approvate, in particolare e in primis la riduzione dei tempi del processo, che è una grande esigenza del nostro sistema ed è a garanzia dei diritti dei cittadini, che meritano una giustizia veloce e giusta.

Ma, oltre a questo, ci sono anche evidenti sensibilità diverse nella maggioranza, non possono essere nascoste; si sono riproposte oggi in modo anche più sensibile rispetto a quanto era avvenuto qualche settimana fa, quando, in occasione della presenza in Aula del Ministro Nordio, la maggioranza presentò una mozione unitaria.

Oggi, sì, è arrivata una mozione unitaria, ma in grande ritardo, in sostituzione di tre diverse mozioni presentate dai partiti di maggioranza. Anche lo sforzo di unificazione della maggioranza non scioglie alcuni nodi importanti, un po' per la genericità delle conclusioni del documento di maggioranza, laddove si impegna il Governo a monitorare l'applicazione, per quanto di competenza, dei principi costituzionali - ci mancherebbe altro - oppure a rendere effettivo il principio di non colpevolezza - e certo, siamo d'accordo -, oppure impegnarsi per garantire la ragionevole durata dei processi, certamente.

Sembra un linguaggio meno roboante e muscolare di quello che abbiamo ascoltato spesso in quest'Aula, ma, nei casi in cui anche in questo documento si prendono posizioni, dobbiamo evidenziare che tali posizioni evidentemente tengono solo in parziale conto le differenti sensibilità che ci sono nella maggioranza.

In questo documento c'è scritto che si impegna il Governo a riformare il reato d'abuso d'ufficio. In un diverso documento presentato dal gruppo del Terzo Polo, rispetto al quale mi pare che sia stato dato anche parere favorevole da parte del Governo, mi sembra sia scritto che si propone l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio.

Allora, riformulare e abrogare sono due concetti radicalmente diversi e sono radicalmente diversi e incompatibili così come ha detto il Ministro Nordio, il quale ha affermato, nelle audizioni nelle Commissioni giustizia di Camera e Senato, che l'abuso d'ufficio, a suo dire, non è riformabile perché è un reato evanescente. Un solo intervento è possibile ed è quello dell'abrogazione. Non so se vincerà il Ministro Nordio o se vinceranno quei pezzi della maggioranza che pensano che non vada abrogato, ma io credo e noi crediamo che anche per queste differenze ad oggi la maggioranza e il Governo, oltre a spendere molte parole importanti sui temi della giustizia, ancora non abbiano adottato atti conseguenti.

Ma al di là dell'atteggiamento della maggioranza, noi esprimiamo una contrarietà rispetto all'impostazione che è assunta sui temi della giustizia anche per altre questioni. L'ho detto prima: la rimozione politica delle riforme attuate. Queste sono in campo, sono entrate in vigore e il Governo addirittura, con il voto favorevole del Parlamento, ha anticipato l'entrata in vigore del processo civile da giugno a febbraio (è in vigore da poche settimane). Dunque, occorre mobilitare ogni energia, coinvolgendo i soggetti della giurisdizione con tavoli permanenti per garantire che la riforma del processo entri bene in vigore. Occorre, quindi, impiegare ogni energia non per pensare nuove e diverse riforme ma per far funzionare quelle approvate, così come si è impegnato a fare il Parlamento nella precedente legislatura.

Poi, c'è un metodo che non possiamo condividere. Se vogliamo ottenere un miglioramento del processo e della giurisdizione in Italia, abbiamo bisogno di assumere un metodo non divisivo che, in base al ruolo che si ricopre, indica amici o nemici. Abbiamo, al contrario, bisogno di mobilitare le migliori energie che esistono nel Paese, nel Parlamento e nel Governo, ma soprattutto nei soggetti protagonisti della giurisdizione, nella magistratura, nell'avvocatura e nell'accademia italiana, che possono spendere energie importanti per garantire che non si resti fermi, che non si guardi al passato, ma si cerchi di riformare il processo con uno sguardo proiettato verso il futuro, con uno spirito contemporaneo e non anacronistico.

Inoltre, ci sono questioni di merito. Ancora oggi parliamo di intercettazioni e una delle argomentazioni che viene utilizzata per modificare la normativa esistente sta nella pretesa violazione della normativa esistente. Se una norma è violata deve essere fatta rispettare con un impegno in primis del Ministero, con i poteri e le responsabilità che può assumere.

E, ancora, c'è la separazione delle carriere. Nella riforma Cartabia è consentito un solo passaggio, con quella che è stata chiamata, di fatto, la separazione delle carriere.

Poi, l'obbligatorietà dell'azione penale. Sì la difesa, ma con la possibilità per il Parlamento di indicare i criteri prioritari per evitare, di fatto, una discrezionalità nelle cose.

Insomma, serve attuare le riforme: valorizzare l'ufficio del processo, investire ingenti risorse nel processo e anche in quello telematico, nel carcere e nelle misure alternative. Occorre far partire la giustizia riparativa, vera rivoluzione copernicana del ruolo della vittima nel processo.

Infine, ci sono i sindaci. Non strumentalizziamo i sindaci italiani! Non c'è soltanto il tema della rivisitazione dell'abuso d'ufficio. Scade il 30 giugno la limitazione della responsabilità erariale prevista solo per dolo. Occorre prorogarla e istituzionalizzarla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Serve modificare l'articolo 50 del TUEL per impedire che i sindaci siano sottoposti alla responsabilità omissiva impropria per tutto quello che succede nelle loro città, con una radicale distinzione tra le funzioni politiche e quelle gestionali, che spettano al corpo amministrativo e non ai sindaci.

Serve, inoltre, rivedere quelle storture della legislazione nazionale che trattano i sindaci, le sindache e gli amministratori locali italiani diversamente da come veniamo trattati noi parlamentari e membri del Governo. Basta con le discriminazioni contro i sindaci! Se si vuole intervenire a tutelare questa grande ossatura democratica del nostro Paese c'è bisogno di una rivisitazione ampia e globale. Non si strumentalizzino i sindaci! Noi ci batteremo per tutelarli in ogni sede, qui in Parlamento e fuori da qui.