Illustrazione
Data: 
Lunedì, 25 Marzo, 2019
Nome: 
Luigi Marattin

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Presidente, con tutto il rispetto per il sottosegretario presente, è però un po' inusuale, credo, esporre i contenuti di una mozione in materia di politica economica senza un sottosegretario competente per materia, intendo ovviamente presente. In ogni caso ci dirà, se lo riterrà, sottosegretario Tofalo, la sua opinione a nome del Governo, o qui o in altra sede.

Guardate, il motivo per cui abbiamo ritenuto opportuno creare un'occasione affinché questo Parlamento possa discutere della situazione economica è un elementare principio di valutazione dei risultati.

Spesso la politica, al di fuori di queste aule, è vista in maniera strana, perché sembra essere l'unica o una delle poche dimensioni dell'attività umana dove i risultati non contano in fondo, dove contano altre cose, dove conta l'immagine, dove contano le relazioni, dove qualsiasi risultato può essere offuscato da considerazioni vaghe di altra natura.

Credo che sia per questo che spesso fra i nostri concittadini e la politica, intesa in realtà come la più nobile delle attività umana, come di governo della cosa pubblica, goda da qualche decennio ormai di cattiva reputazione. Ebbene, noi non ci siamo rassegnati a tutto questo, e intendiamo, anche con questa mozione, ma in generale nella nostra attività parlamentare e politica, gettare un faro sui risultati di politica economica ottenuti finora da questo Governo. Il lasso temporale non è lunghissimo, ma non è più neanche tanto breve, perché stiamo parlando, dall'insediamento del Governo Conte, dal 1° giugno 2018, ormai di circa 9 mesi di attività politica di presenza del Governo Conte, quindi di possibilità di espletare i propri intendimenti di politica economica e evidentemente di valutarne i risultati.

Lo abbiamo cercato di fare in maniera seria, lo cercheremo di fare discutendo questa mozione in maniera seria, abbastanza asettica, pur essendo noi ovviamente un gruppo politico, un gruppo parlamentare, ma cercando di gettare un fascio di luce sui dati concreti. I dati concreti sono questi e, ripeto, questo è l'unico criterio con cui si giudica un Governo. Non è dal mese scorso che è successo: l'unico criterio con cui si giudica se un Governo sta facendo male o bene è che cosa succede da quando il Governo è in carica, da quando il Governo ha giurato fino ad adesso, avendo accortezza di non avere un lasso temporale troppo breve. Come è evoluta la situazione, in questo caso della nostra economia? Ebbene, dal giuramento del Governo Conte, che è avvenuto il 1° giugno 2018, ad oggi, l'economia italiana, dopo 14 trimestri di crescita continua è finita in recessione: abbiamo perso due decimali di PIL (uno nel terzo trimestre 2018 e un altro nel quarto trimestre 2018) e siamo entrati in quella che viene definita una recessione, vale a dire due trimestri consecutivi di arretramento del reddito prodotto. E contrariamente a quello che si dice - veniva detto in parte anche prima, nella discussione su un provvedimento precedente - siamo l'unico Paese in Europa a essere entrati in recessione. Non siamo l'unico in rallentamento, esiste un rallentamento generalizzato, è vero, ma il nostro al momento è l'unico Paese in Europa e nel mondo occidentale a essere finito in recessione. Dal 1° giugno 2018, dal giuramento del Governo Conte, abbiamo raggiunto il punto più basso degli ultimi anni dell'indice di fiducia delle imprese, passato da un valore di 105,2, precedente al giuramento del Governo, a un valore di 98,3, che è l'ultimo dato disponibile, quello di febbraio 2019. È ovviamente un dato ISTAT. Perché è rilevante la fiducia delle imprese? Perché non troverete nessun economista, nessuna scuola teorica o nessuna verifica empirica che vi neghi che la fiducia delle imprese sia un fattore fondamentale nel determinare e il livello di investimenti e, di conseguenza, il livello del prodotto interno lordo di un Paese. Nello stesso periodo temporale, dal giuramento del Governo Conte a fine febbraio 2019, ultimo dato disponibile, abbiamo uno stesso fenomeno di inversione dell'indice di fiducia delle famiglie, passato da 116,2, dell'estate scorsa, a 112,4, del febbraio 2019. Quindi, sia la fiducia delle imprese che la fiducia delle famiglie sono calate in maniera considerevole, e quella delle imprese ha raggiunto il punto più basso degli ultimi anni. La produzione industriale, che è un indicatore forte, che anticipa il ciclo economico in un'economia profondamente manifatturiera come la nostra, che anticipa anche i dati del PIL, rispetto al mese precedente il giuramento del Governo Conte è scesa di 15 punti. L'indice, più correttamente, è sceso dal 114,4 al 99,8: 15 punti in meno sulla produzione industriale. Il mercato del lavoro - e qui l'argomento più attraente ovviamente anche per i non addetti ai lavori, perché si parla di quante persone lavorano o non lavorano - è l'argomento su cui girano il maggior numero di fake news, ma basta aprire il sito dell'ISTAT (tutti questi che cito sono dati ISTAT, tranne uno di Banca d'Italia, che sarà il prossimo) per verificare che dal giorno dell'insediamento del Governo Conte, 1° giugno 2018, all'ultimo dato disponibile, che in questo caso è il 31 gennaio 2019, in questo Paese si sono persi 91 mila posti di lavoro. E dal giuramento del Governo Conte ad oggi si sono persi, in particolare, 53 mila posti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, quelli che dovevano essere incentivati ed accresciuti con alcune misure di politica economica, quale ad esempio il cosiddetto “decreto dignità”, che questo Parlamento ha approvato l'estate scorsa. Dal giuramento del Governo Conte ad oggi, in questo Paese ci sono 32 mila precari in più, laddove per precari intendo persone con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato, esattamente quella tipologia di contratti che invece dovevano essere ridotti. Su questo, per fare chiarezza con chi ci sta ascoltando, se qualcuno ci sta ascoltando. La confusione si crea perché spesso si prende un intervallo di tempo più breve e si dice: rispetto a dicembre, a gennaio sono aumentati… rispetto a febbraio… Ripeto, dal nostro punto di vista, serietà impone che ci sia un solo criterio per giudicare l'operato di un Governo: da prima che arrivavi tu ad adesso, cosa è cambiato? E l'unico modo per rispondere a questa domanda è guardare il mercato del lavoro il 1° giugno 2018, quando il Governo Conte giurava, e guardarlo adesso. E se si usa questo criterio, che è l'unico che una persona normale per giudicare l'operato di chicchessia utilizzerebbe, questi sono i dati - di nuovo -, fonte ISTAT.

La fonte Banca d'Italia, invece, per un altro dato che noi riteniamo drammatico, indica gli investimenti di portafoglio dei residenti all'estero nei confronti di attività finanziarie italiane, in poche parole quante persone all'estero comprano i nostri strumenti finanziari emessi in Italia (azioni, obbligazioni, titoli del debito pubblico). Ebbene, da maggio 2018 a novembre 2018 - qui il dato è più breve, ma questo è l'ultimo dato disponibile dal Bollettino di Banca d'Italia - noi abbiamo un deflusso di investimenti di portafoglio di soggetti esteri nel nostro Paese pari a 109,4 miliardi. Cioè, dall'insediamento del Governo Conte fino all'ultimo dato disponibile, fine novembre, ci sono state dismissioni di attività finanziarie domestiche italiane pari a 109,4 miliardi, di questi 88,1 sono relativi a titoli del debito pubblico, quindi vi è stata una fuga di 88,1 miliardi dal debito pubblico italiano. Anche grazie a questo, o meglio anche per colpa di questo - qui abbiamo delle dichiarazioni francamente incredibili, della settimana scorsa, del Ministro Salvini -, un elementare occhiata ai dati ci dimostra che, rispetto ai giorni precedenti l'inizio delle trattative per la formazione dell'attuale Governo, lo spread è circa raddoppiato. Parlavano di un livello di spread fra i 120 e i 130 punti base, nei giorni precedenti l'avvio delle trattative per la formazione del Governo, rispetto a uno spread di stamattina pari a 246 o 247 punti base, per lo meno l'ultima volta che l'ho guardato. Stiamo parlando appunto di un livello di spread circa raddoppiato, e questo si è tramutato in 1,6 miliardi di maggiori interessi pagati finora, nel 2018 sui nostri titoli di Stato. Questa settimana ci saranno importanti aste del debito pubblico, per circa 15 miliardi, vedremo come andranno, perché, qualora registrino un incremento di spesa per interessi, significherebbe che questo aumento dello spread sta costando agli italiani ulteriori miliardi di euro. Tutto questo ci mostra questo deteriorarsi della situazione economica basato su questi dati, che in un Paese normale non sono oggetto di discussione; sono semmai oggetto di interpretazione, ma non di discussione, invece noi sentiamo ripetere da nove mesi che ISTAT falsifica i dati, Bankitalia si candidi alle elezioni, che al Fondo monetario internazionale sono affamatori di popolo. Sentiamo affermazioni del genere pronunciate al massimo livello di questo Governo, che oggettivamente preoccupano anche sulla qualità del dibattito della nostra democrazia.

In ogni caso, questi dati ci portano a considerare del tutto irrealistica la stima di crescita del PIL che questo Governo ha fatto con la legge di bilancio 2019: una stima di crescita all'1 per cento del PIL reale nel 2019 che la Commissione europea ha già abbassato, come previsione, allo 0,2 per cento, l'ha ridotta di 5 volte, e Fitch, l'ultima agenzia di rating che si è espressa sul nostro debito sovrano, l'ha abbassata di dieci volte, perché secondo l'agenzia di rating Fitch la crescita nel 2019 non sarà dell'1 per cento, sarà dello 0,1 per cento. Ora, con questo giochino della virgola già ci avete provato a fregare gli italiani, il 2,4 o il 2,04, quindi, chiariamoci: 1 per cento non è 0,1 per cento, è di dieci volte la differenza fra queste due misure. E questo, ovviamente, ha dei riflessi sulla finanza pubblica del 2019 e degli anni seguenti; se cresciamo dieci volte in meno rispetto a quanto previsto, rispetto ai pilastri dell'architettura della finanza pubblica del 2019, questo crea un problema molto rilevante in corso d'opera.

Ci viene detto: non vi preoccupate, perché i provvedimenti della legge di bilancio 2019 risolveranno la situazione. Nella legge di bilancio 2019, ormai lo stiamo ripetendo da un po', citando anche qui dei dati ufficiali, gli investimenti e i contributi agli investimenti pubblici nel 2019 si riducono di un miliardo e 63 milioni rispetto al 2018. Non si è mai visto un Paese che esca da una fase recessiva, diminuendo gli investimenti pubblici. Nella legge di bilancio 2019 la pressione fiscale in questo Paese, dopo cinque anni di discesa, risale di quattro decimi di punto. Non si è mai visto un Paese che esca da una recessione o non entri in una recessione, alzando la pressione fiscale.

La legge di bilancio 2019, fondamentalmente, si basa su due grandi provvedimenti, uno l'abbiamo approvato qualche giorno fa, anzi, entrambi, li abbiamo approvati qualche giorno fa all'interno di un unico atto normativo, il cosiddetto decretone: reddito di cittadinanza e quota 100. Questa mattina colui che ha, dal punto di vista tecnico, per lo meno, ideato la misura cosiddetta quota 100, vale a dire Alberto Brambilla - ex consigliere economico non so se di Palazzo Chigi o del Ministero del lavoro, comunque dell'Esecutivo, poi allontanato evidentemente per queste opinioni -, ci dice, sul Corriere della Sera, che la misura cosiddetta quota 100, oltre a costare sensibilmente di più di quello che viene previsto, lui stima circa 30 o 33 miliardi, lo ripeto, 30 0 33 miliardi nel corso del triennio, provocherà un ricambio, un'immissione di giovani nel mercato del lavoro pari al 10 per cento; vale a dire, ogni 10 prepensionati, uno, un giovane viene inserito nel mercato del lavoro. Per mesi ci avevate raccontato che ogni dieci pensionati ne sarebbero entrati 30 di ragazzi nel mondo del lavoro; oggi, quello che vi ha scritto quella misura ci dice, sul Corriere della Sera, che su dieci prepensionati sessantaduenni, probabilmente, ci sarà un solo ingresso nel mercato del lavoro.

A tutto questo si aggiunge qualche significativa preoccupazione sul peggioramento del clima internazionale, perché questi dati che vi ho citato sono così stando le cose; stando così le cose, questi sono i dati; io sono qui a dirvi che c'è qualche preoccupazione che le cose in realtà non stiano così a livello internazionale, ma possano sensibilmente peggiorare. Stamattina per curiosità guardavo da quanto tempo l'area OCSE, l'aerea OECD, i Paesi più industrializzati del mondo occidentale, i G7 e i G20, non sono in recessione; ebbene, non sono in recessione dal primo trimestre del 2009, sono dieci anni che l'area OECD, l'area G7, l'area G20 non vanno in recessione. È uno dei cicli di espansione più lunghi della storia. L'area euro, l'Unione europea e la Germania, invece, non sono in recessione dal terzo trimestre 2013, sono sei anni, circa sei anni. Anche questo è uno dei cicli di espansione più lunghi della storia. Allora, la mia domanda è: se noi siamo messi così, con queste aree che ancora tirano, quando non tireranno più, visto che stanno tirando da un sacco di tempo, che cosa succederà alla nostra economia?

Abbiamo visto recentemente un calo drastico della produzione industriale in Germania, molto superiore alle attese; se la Germania stoppa in modo così brusco la produzione industriale trascina con sé le parti più produttive del Paese, vale a dire il Nord e il Nord-Est del nostro Paese, che sono intimamente legate al ciclo produttivo tedesco. È successa, il 22 marzo, venerdì, una cosa che negli Stati Uniti non succedeva dal 2007, vale a dire da qualche mese prima del fallimento di Lehman Brothers e che succede solo prima delle recessioni, è un fenomeno noto come inversione della curva dei rendimenti, vuol dire che un'obbligazione americana a tre mesi, lo ripeto, a tre mesi, rende più di un'obbligazione americana a dieci anni, cioè rende più prestare i soldi al Governo americano a tre mesi, di quanto non renda prestarglieli a dieci anni; ciò significa che il mercato sconta da “molto probabile” a “estremamente probabile” una recessione nei prossimi mesi. Questo aspetto è successo soltanto prima delle grandi recessioni.

Ci sono elementi di incertezza nei Paesi in via di sviluppo, non vi voglio annoiare su questo. Ci sono due grandi elementi geopolitico-economici che danno incertezza sul futuro, vale a dire l'esito dei negoziati commerciali fra Stati Uniti e Cina, molto minaccioso, come effetto, e, soprattutto, scendendo di dimensione, ma rimanendo comunque su una dimensione molto elevata, il pericolo della Brexit che rischia, da qui a qualche settimana, di avere dei fortissimi contraccolpi sulle nostre esportazioni, essendo il Regno Unito un mercato importante per la nostra economia.

Quindi, se siamo già messi così senza che tutto questo accada, qualora il ciclo economico dovesse peggiorare, e gli elementi che vi ho citato lo danno per molto probabile, che cosa succederà alla nostra economia? Noi affronteremo il 2019, data la diminuzione della crescita economica, con un deficit-PIL che non sarà inferiore al 2,5 per cento. Se questo Governo deciderà di evitare l'aumento dell'IVA, 23,3 miliardi di aumento IVA, ricorrendo al deficit, perché non trova altre vie, cioè non trova modo di tagliare spese per 23 miliardi, inizieremo il 2020 con un rapporto deficit-PIL del 4 per cento. Un rapporto deficit-PIL del 4 per cento significa un rapporto debito-PIL rapidamente in viaggio verso il 140 per cento del PIL. Cominciano a essere numeri non troppo dissimili da quelli che aveva la Grecia quando è finita a gambe all'aria e noi affronteremo una probabile recessione internazionale con questi numeri, vale a dire con nessuna munizione, con nessuno spazio fiscale per poter veramente stimolare l'economia, perché, di nuovo, non c'è nessun economista che vi neghi che in recessione la politica fiscale vada usata, ma la politica fiscale non la puoi usare quando hai dei margini così ristretti, perché te li sei mangiati sostanzialmente tutti, prima.

Allora, con queste premesse, noi con questa mozione chiediamo al Governo, innanzitutto, di chiarire, nel Documento di economia e finanza che deve approvare entro il 10 aprile, come sta lo stato dei nostri conti pubblici che è significativamente diverso da quello di dicembre per i motivi che ho provato a dire. Chiediamo, poi, al Governo come intenda rispettare gli impegni con la Commissione europea che davano numeri di finanza pubblica sostanzialmente diversi da questi e, visto che, lo ripeto, questa settimana ci presentiamo a chiedere 15 miliardi in prestito, come facciamo ogni mese, fino alla fine dell'anno, come intenda evitare contraccolpi sui mercati finanziari per quanto concerne il costo del nostro debito, presentandoci noi con questi numeri. Infine, chiediamo al Governo - anche se leggiamo sui giornali, perché solo questo ci è consentito fare, che vengono approvati decreti sblocca cantieri, decreti crescita e così via, aspetteremo che il Governo li presenti in Parlamento - di chiarire quali provvedimenti di politica economica intenda adottare ora e nel prossimo futuro per evitare quello che, sulla base di questi dati, sembra essere un periodo molto fosco per la nostra economia.