Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, prendiamo ad esempio una penna, oggi ne ho portata una, qui con me, per questo intervento. È un oggetto banale, che utilizziamo tutti i giorni e che tendiamo a dare per scontato. Saper usare una penna ed essere istruiti è un mezzo di emancipazione straordinario; consente di interpretare la realtà e di agire di conseguenza, di esprimere un'opinione, di fare una critica, di sostenere un pensiero, di articolare un progetto politico e di comunicarlo.
La storia del secolo scorso, e purtroppo anche quella del secolo corrente, ci insegnano che la prima cosa che fa un regime, una volta arrivato al potere, è bruciare i libri, distruggere le scuole e manipolare l'istruzione a proprio vantaggio. Nel 2013, davanti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ce lo ricordava Malala Yousafzai quanto una penna possa essere più potente di una spada. Lei, che è stata quasi ammazzata dai talebani, ci ha ricordato come un bambino, un insegnante, un libro e una penna possano effettivamente cambiare il mondo.
Alla fine della seconda guerra mondiale i Governi e i Parlamenti dell'epoca hanno accompagnato la rinascita e la crescita del Paese con un'enorme opera di alfabetizzazione, e ancora oggi l'istruzione consente a tanti di uscire dall'invisibilità. Forse dirò una banalità, colleghi, ma l'istruzione pubblica, così spesso data per scontata, è la colonna portante di una democrazia moderna. L'istruzione garantisce il pluralismo di una democrazia, la conoscenza e la ricerca invece la proiettano nel futuro.
La scuola rappresenta il più grande strumento di emancipazione personale, ma anche un determinante motore di mutamento sociale. Come ogni cosa, però, ha bisogno di cura, di attenzione, altrimenti la colonna crolla. Un'istruzione povera, rarefatta, disomogenea sul territorio e inaccessibile può assottigliare e rendere fragile anche una grande democrazia, ed è nostro compito prioritario evitare che la nostra diventi un cumulo di macerie. Quelle che discutiamo oggi sono delle semplici mozioni, degli atti di indirizzo che discuteremo e voteremo come centinaia di altri atti parlamentari. Vi pregherei, però, di impegnarci a non banalizzare mai la discussione quando si parla di scuola, che vuol dire anche, mi permetto, non accusare di allarmismo un'opposizione che legittimamente incalza su questo tema.
So, onorevoli colleghi, che in quest'Aula siamo tutti consapevoli del fatto che prendersi cura di una democrazia è una cosa lenta, che richiede tempo, risorse e un costante e minuzioso lavoro. Le scelte di questo Governo, come di quelli precedenti e di quelli futuri, non riguarderanno il tempo di discussione e di approvazione di una manovra finanziaria, ma avranno degli effetti che si depositeranno nei decenni. Sta a noi, dunque, prendere quelle scelte immanenti che porteranno poi ad erodere lentamente la nostra democrazia oppure a rafforzarla, anche perché non siamo noi i custodi esclusivi della democrazia, colleghi, lo sono i cittadini.
Il nostro ruolo credo sia quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono a ciascuno di prendersi cura della democrazia. Allora prendiamocene cura e rimuoviamo questi ostacoli, cominciando, ad esempio, dall'affrontare la piaga della dispersione scolastica, che tutti quanti hanno citato nei loro interventi oggi. In Italia la dispersione scolastica registra una delle incidenze più elevate d'Europa, il 12,7 per cento, dopo la Romania e la Spagna. Nonostante i progressi registrati, siamo ancora ben lontani dall'obiettivo stabilito dall'Unione europea del 9 per cento entro il 2030.
L'abbandono scolastico è un fenomeno sociale che provoca danni sul lungo periodo, e supportare le famiglie affinché possano consentire ai figli di crescere umanamente e di istruirsi è una questione di giustizia sociale, ma è anche un investimento per la crescita e lo sviluppo. E non credo, colleghi, che possiamo permetterci di lasciare invariato un dato che cementifica le disuguaglianze e paralizza qualsiasi prospettiva di mobilità sociale. Ce ne prendiamo cura se in istruzione scegliamo di investirci e farlo per davvero.
Come è possibile pensare che l'istruzione possa essere di qualità se la previsione dei sindacati di categoria è che in questo nuovo anno scolastico si inizierà con almeno 200.000 precari e che non verranno coperti tutti i posti vacanti disponibili? Mancherebbero all'appello oltre 50.000 posti, a cui si aggiungono, tra docenti e ATA, circa 150.000 posti in organico di fatto. Inoltre, l'Italia retribuisce il suo personale scolastico con stipendi tra i più bassi d'Europa. Come possiamo prenderci cura della scuola, se chi l'anima ogni giorno è precario e sottopagato?
Nonostante tutto questo, nel percorso di approvazione della legge di bilancio del 2023, tra i primi interventi di questa legislatura, l'Esecutivo ha scelto di tagliare in istruzione. È risultata, infatti, una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, di 13,4 milioni di euro per il 2024 e di 20,2 milioni di euro per il 2025 del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione, prefigurando, altresì, a partire dal 2026, un taglio permanente del medesimo Fondo pari a 18,2 milioni di euro annui. Non mi sembra un taglio modesto e non mi sembra che sia stato adeguatamente compensato.
Mi permetterà di dire, Presidente, che, per quanto mi riguarda, questo non corrisponde a prendersi cura della nostra scuola e, quindi, nemmeno a prendersi cura della nostra democrazia. Ce ne prendiamo cura, se riduciamo gli accorpamenti, che peggiorano la qualità dell'amministrazione scolastica e disperdono ancora di più le opportunità di lavoro, ad esempio, di un Mezzogiorno che già si trova ad affrontare un processo di spopolamento a cui sembra che nessuno voglia porre rimedio.
Ce ne prendiamo cura, di questa democrazia, se non rendiamo l'accesso alla scuola dell'obbligo un salasso. I dati diffusi da Assoutenti riportano le prime stime sul caro-scuola, che costerà tra l'8 e il 10 per cento in più a studente, ma, secondo il Sindacato italiano dei librai e dei cartolibrai, il rialzo medio potrebbe toccare punte del 12 per cento. In particolare per l'acquisto dei libri del primo anno, la spesa per un figlio è di 322 euro per le scuole medie e di 501 euro per le scuole superiori di secondo grado. Una famiglia con due figli a carico può arrivare a dover spendere fino anche a 1.000 euro ad inizio anno scolastico per due figli che iniziano un ciclo di istruzione. Sono dati impressionanti.
L'aumento del costo dei libri scolastici, come riportato dall'analisi dei dati Eurostat, rischia anche di avere degli effetti particolarmente gravi nel contesto della crescente povertà infantile europea. In un contesto socioculturale dove la povertà educativa tocca 1,2 milioni di minori ed il numero di minori di 18 anni che vivono a rischio povertà è aumentato dal 23 per cento al 25 per cento, tra il 2019 e il 2022, il costo per l'istruzione è aumentato due volte in più velocemente dei salari e il prezzo del materiale utile agli studenti è salito del 13 per cento tra gennaio e maggio 2023. Colleghi, noi non stiamo facendo il nostro lavoro se lasciamo che l'istruzione, pietra miliare di una democrazia, diventi inaccessibile. Diciamolo una volta per tutte e facciamolo per davvero nella prossima legge di bilancio: puntiamo seriamente alla piena gratuità dell'istruzione pubblica in Italia. Ce ne prendiamo cura, di questa democrazia, infine, se rendiamo la scuola davvero accessibile e sicura per chiunque, invece, al momento, mancano 117.000 insegnanti di sostegno. Ce ne prenderemmo cura, se aggiornassimo bene i programmi. Più attenzione alla promozione del benessere psicologico e a tutti quei nuovi ambiti di competenza che dobbiamo allenarci a coltivare, in un mondo che evolve in fretta sin dalla più tenera età. Dall'educazione al digitale a quella finanziaria, a quella alimentare ed ambientale: c'è tanto su cui possiamo ragionare, anche insieme, colleghi. E non mi soffermo sull'impatto drastico che avrebbe un vero, completo ed inclusivo programma di educazione all'affettività, alla sessualità e al rispetto e alla conoscenza del proprio corpo e di quello altrui, al consenso, in un Paese dove, ogni 3 giorni, piangiamo sconsolati una vittima di femminicidio. La scuola ha il potere incredibile di livellare le carenze educative e, potenzialmente, supplire ad eventuali mancanze dei contesti di crescita: usiamola per dare forma ad un mondo diverso, magari un po' migliore di questo. Diamo, poi, piena legittimità - e non dimentichiamocelo - anche alla voce degli studenti, perché, spesso, sanno meglio di noi come rendere più inclusiva e migliore la scuola che abitano ogni giorno, e non abbandoniamo il sogno moderno che la scuola sia il perno di mutamento sociale e del livellamento delle disuguaglianze. Votiamo all'unanimità una sintesi tra le mozioni presentate oggi che impegni il Governo ad investire seriamente in istruzione. Quando guardiamo una penna sul nostro banco, ricordiamoci che è lo strumento più importante che abbiamo per svolgere il nostro lavoro che, a mio modesto parere, consiste, soprattutto, nel tutelare la nostra democrazia, consentire il pieno sviluppo della persona e garantire il benessere di ogni cittadino. Ricordiamoci che, se tutti padroneggeranno e si difenderanno con questo strumento, saremo già a metà del lavoro.