Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 25 Gennaio, 2021
Nome: 
Paolo Siani

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretaria, grazie molte. Abbiamo parlato altre volte in quest'Aula di cure palliative e anche in XII Commissione abbiamo parlato di questo tema; abbiamo svolto anche, in epoca pre-COVID, un'indagine conoscitiva molto dettagliata sul tema complesso delle cure palliative. Purtroppo, come è stato evidenziato anche nell'indagine conoscitiva, è un tema marginale nel nostro Paese, benché il nostro Paese abbia una legge molto avanzata sulle cure palliative, e ci sono - e questo è evidente ed era evidente già prima del COVID - molte e troppe differenze, differenze insopportabili tra le varie regioni del nostro Paese. Il COVID, evidentemente, ha evidenziato tutte le criticità anche su questo tema. Sono cresciuti un disagio e una difficoltà particolarmente sgradevoli, perché gli ospedali, nella necessità di garantire e gestire l'emergenza, si sono trovati costretti a dover dimettere il maggior numero di ammalati, anche gli ammalati inguaribili, per cui è necessariamente aumentata l'assistenza domiciliare per questi ammalati inguaribili con tutte le sue criticità, perché, lì dove c'è un sistema funzionante, i malati sono stati assistiti ugualmente bene a casa ma, dove questo non c'è, sono stati abbandonati a se stessi e ai loro familiari. Ecco, assistenza domiciliare è una parola chiave in questo momento nel nostro Paese - non solo le cure palliative - perché è qui che si svolgerà e che cambierà il nostro sistema di assistenza sanitaria sul territorio.

La risposta di un Paese ad un evento catastrofico come la pandemia che stiamo vivendo da SARS-COVID-19 dovrebbe essere orientata in due modi: da un lato, ovviamente, salvare quante più vite umane è possibile; ma, dall'altro, anche minimizzare la sofferenza di coloro che potrebbero non sopravvivere.

E, quindi, andrebbe valorizzato, proprio in questi momenti di crisi, il ruolo che svolgono le cure palliative. Ma così è stato? Così questo Paese ha affrontato questa epidemia, anche pensando agli ammalati inguaribili? Purtroppo devo dire di no, non nel modo che avremmo voluto, anche se devo dirvi che, se da un lato il COVID ha messo in evidenza tutte le criticità del nostro sistema, dall'altro, ha anche sviluppato nuove forme di assistenza, dovute più alla buona volontà degli operatori, che a un sistema integrato. Per esempio, sono stati abilitati degli smartphone aziendali da affidare alla famiglia per effettuare una videochiamata dal letto del paziente, sono stati utilizzati gli spazi esterni per permettere meglio di comunicare con gli operatori, è stato attivato, anche se in pochi casi - andrebbe fatto di più -, un sostegno psicologico per i familiari e si è dedicato più tempo anche all'ascolto e alla relazione. Ma va fatto di più, va fatto meglio, va fatto in modo uniforme in tutto il Paese, ma soprattutto in modo strutturato. È terminato, per esempio, il ruolo del volontariato, che ha smesso di fare la sua funzione lì dove era impegnato, anche negli ospedali, per cui quello che il COVID ha manifestato è che andrebbe recuperata questa deficienza, questa mancanza e bisognerebbe inserire la figura del medico delle cure palliative nelle unità di crisi regionali: costa poco ed è una figura, secondo noi, importante. L'Italia ha una legge – l'ho detto all'inizio del mio intervento -, la n. 38 del 2010, molto avanzata sulle cure palliative, una delle migliori leggi in Europa, però la nostra indagine conoscitiva ha mostrato deficienze nella sua applicazione, in vari strati, in vari gradi e in varie complessità, e sono criticità che sono emerse tutte, proprio tutte, durante l'epidemia. Ma voglio ora dirvi, in questi pochi minuti che mi rimangono, che c'è una criticità particolare nell'ambito delle cure palliative, che è quella dei pazienti pediatrici con bisogni speciali. Guardate che i bambini che hanno bisogno di cure palliative nel loro ultimo anno di vita si stima che siano, in Italia, 1.600, ma i bambini in cure palliative, che hanno bisogno cioè di assistenza palliativa sono circa 35 mila, e va detto che le cure palliative pediatriche non debbono essere interpretate esclusivamente come cure di fine vita, ma anche come cure da somministrare a un malato che sia inguaribile e complesso - ne abbiamo discusso poco tempo fa in quest'Aula per la SLA - e la complessità della cura è presente anche nei bambini, specie in quelli non oncologici, che hanno lungo tempo di vita davanti a loro, e dovrebbe essere assicurata nel modo migliore. Ma spesso l'assistenza pediatrica a questi bambini viene ritenuta un settore minimale e viene affidata a un piccolo spazio nell'ambito delle cure per gli adulti. Invece, non è così: il bambino ha una sua specificità e quindi è necessario che abbia personale specializzato e formato in modo adeguato, e non medici dell'adulto che si occupano anche e un po' di bambini. Ora, esiste un'esperienza italiana molto significativa, che è l'Hospice di Padova, che la professoressa Benini, che dirige con grande maestria, grande ardore e grande impegno - definisce un ospedale liquido, che segue ogni giorno 160 bambini gravemente ammalati presso il loro domicilio. Il centro coordina, supporta e supervisiona la rete dei servizi territoriali, cioè il pediatra di famiglia e il distretto, quando prendono in carico un bambino con malattia inguaribile - prendono in carico il bambino e la sua famiglia -, si occupa dell'assistenza globale per questi bambini ammalati, e non soltanto della terapia per farli stare meglio e l'équipe multiprofessionale del centro valuta e assiste i sintomi fisici, i bisogni psicologici, i bisogni sociali del bambino, sia a domicilio che quando è nell'hospice, in ospedale o fuori dalla sua regione. Esiste, quindi, un'esperienza in Italia significativa e funzionante; non bisogna inventarsi altre cose, basta guardare quello che c'è di buono nel nostro Paese. È necessaria però - e nella mozione è fatto chiaramente riferimento a questo - una formazione specifica, che sia dedicata alla preparazione di chi si occupa di questi bambini e che ci sia - questo è stato fatto nella legge di bilancio scorsa - una introduzione nelle scuole di specialità pediatriche di temi specifici per le cure palliative. È necessario che ci sia una telemedicina con strumenti adatti all'età pediatrica, c'è bisogno di avere più risorse economiche, più formazione, più personale, più supporto psicologico, più supporto tradizionale, più telemedicina.

Una ricerca realizzata in questi ultimi mesi da associazioni pediatriche e da famiglie, con 1.200 interviste a famiglie con bambini fragili, perché dipendenti da una fonte di supporto del nostro Sistema sanitario nazionale, ha evidenziato che nel 76 per cento delle risposte veniva segnalato, in questi mesi, un forte aumento dello stress familiare. È evidente questo perché è evidente che chi era già seguito a domicilio per COVID non ha cambiato molto nella sua vita, ma dove il sistema domiciliare è poco attrezzato e poco funzionante c'è una paura in più, e cioè che si possa ammalare qualcuno che in questa organizzazione ha un ruolo nella cura e nell'assistenza per il proprio bambino, cioè c'è la paura della morte, non solo la morte del paziente inguaribile o difficilmente curabile, ma dalla morte di chi si occupa di quel paziente. “Chi si prenderà cura del mio bambino? Chi lo cullerà?”; si sono chiesti queste mamme e questi papà in questi mesi, ed è la stessa paura dei ragazzi dipendenti dalle macchine, dove c'è una dipendenza assoluta dal genitore o dal caregiver, c'è il timore drammatico - e ho concluso - di perdere chi lo gestisce, di perdere chi lo fa vivere, per cui, accanto alla paura della propria morte, si è aggiunta pure la paura della morte di chi lo deve assistere. Ma un altro timore di queste famiglie è quello di pensare che siano proprio i loro ragazzi le persone per le quali non vale la pena di combattere o di allocare risorse; è la paura più grande, quella di non contare molto, di non contare a sufficienza, di avere meno diritti e meno possibilità di aiuto e di vita. Noi vogliamo dire loro, in quest'Aula, che i loro diritti saranno sempre rispettati e garantiti e che offrire e attuare cure palliative per alleviare la sofferenza anche ai malati di COVID, nonostante la complessità, è una buona pratica clinica, un dovere etico, deontologico e giuridico.