Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, anche a nome della collega Roggiani intervengo per sottolineare l'importanza di questa mozione che tutte le opposizioni hanno voluto presentare. Sono gli atti parlamentari che ci raccontano inequivocabilmente - ed aggiungerei purtroppo - l'approssimazione e l'inadeguatezza delle scelte del Governo e della destra nei confronti degli enti locali: sono scritte negli atti.
I dati a disposizione ci parlano di tagli, rimodulazioni continue, di spostamenti di risorse verso altri settori. Nel mentre la stagnazione economica del Paese e il caro vita richiederebbero maggiore attenzione verso quegli enti locali che rappresentano il presidio istituzionale più prossimo alle nostre comunità, ai quali il cittadino prioritariamente si rivolge.
L'Istat ci ha comunicato che la crescita del PIL sta rallentando in modo significativo. Il carrello della spesa è aumentato del 3,4 per cento rispetto all'anno scorso, quindi sta riprendendo il fattore inflattivo ed è un dato pesante perché colpisce i beni essenziali. Qualcuno potrebbe obiettare: ma l'Irpef aumenta. Ma questo sta a significare che c'è un carico fiscale sui redditi da lavoro che cresce e, al tempo stesso, cala l'IVA, e questo perché i consumi si contraggono, cioè chi lavora e paga di più e chi consuma riduce la spesa.
Eppure, il nostro Paese deve molto agli enti locali. Penso, in particolare, al ruolo fondamentale che le istituzioni locali, in un rapporto virtuoso e collaborativo con lo Stato, hanno avuto durante la crisi pandemica. Nel biennio 2020-2021 hanno garantito la tenuta sociale e, al tempo stesso, finanziaria del nostro Paese, anche a fronte di difficoltà dovute a nodi strutturali tuttora aperti, a cui aggiungere la successiva crisi energetica, conseguenza di guerre assurde ed ingiustificate di un Paese non autosufficiente e male organizzato su questo campo per affrontare l'altra grande crisi, quella climatica, ancora oggi negata da ampi settori della destra che guardano ancora ai combustibili fossili quale perno di un sistema di sviluppo che ha prodotto guasti e l'accrescersi della diseguaglianza sociale.
Per meglio comprendere, forse, è bene ricordare qualche dato, perché non si può parlare di enti locali senza considerare la loro distribuzione, anche in termini di popolazione residente e di collocazione geografica, partendo però da un assunto che è comune per tutti.
I comuni, infatti, tutti i comuni, quelli più piccoli e quelli più grandi, da soli o in forma associata tra loro, sono fondamentali per l'erogazione dei servizi pubblici essenziali - dalla gestione del territorio all'urbanistica, alla viabilità locale, alla manutenzione, dalla raccolta dei rifiuti ai servizi sociali ed educativi, alla cultura, alla sicurezza locale e via dicendo - e nello svolgere queste funzioni, promuovono la partecipazione civica in assoluta trasparenza e coinvolgendo i cittadini.
Allora il primo quesito discende proprio da questo: può una norma ed ancora più una previsione di risorse statali o, peggio ancora, un taglio riguardare in egual misura tutti i comuni del nostro Paese? Basterebbe solo un po' di buon senso, ancora prima delle competenze - qualità di certo che non appartengono a questo Governo -, per ragionare, differenziando e comprendendo, invece, le complessità dei 7.900 comuni con un'ampia frammentazione territoriale, con realtà molto piccole. Servirebbe dunque una strategia che tenga a riferimento questi dati che non sono solo statistici, ma assumono sostanza, se si ha a cuore lo sviluppo ordinato del Paese, senza creare zone d'ombra e disparità, anche tenendo conto delle macroaree Nord, Centro, Sud e isole, all'interno delle quali esistono già differenziazioni che andrebbero affrontate.Di fronte a tutto questo, ti aspetteresti dal Governo innanzitutto una linea di congiunzione tra i diversi provvedimenti presentati, per garantire unitarietà di intervento. Si assiste, invece, al perpetuarsi di decretazione d'urgenza che, poi, di urgenza non hanno nulla, scollegati tra loro e dalle stesse manovre finanziarie. Per questo abbiamo voluto pensare una mozione parlamentare che, al tempo stesso, è un estremo grido di allarme sul tema degli enti locali oggi in grande difficoltà, ma è anche una grande agenda di lavoro su tante specificità che rappresentano la missione principale dei comuni, per rendere qualitativamente migliore la vita dei cittadini e delle imprese, da quello che vive nel centro storico di Roma a quello che, da eroe, per il coraggio e senza appartenenza, continua a vivere in Val Taleggio nel comune di Monterone, con i suoi 31 abitanti. Non si può disperdere un patrimonio di comunità così diffuso e articolato, assicurando a ciascun cittadino opportunità, servizi, dignità, prospettive.
Con questo spirito, prima della mozione, abbiamo presentato un disegno di legge a prima firma della nostra Segretaria, Elly Schlein, che vorremmo incardinato e discusso il prima possibile, sulle aree interne perché, per quanto ci riguarda, sosteniamo il diritto a restare, combattendo abbandono e spopolamento. Quelle aree non sono periferie dimenticate o da dimenticare, ma sono il cuore vivo del nostro Paese per storia, cultura, bellezza, saperi e produzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). È grave che, nel Piano strategico nazionale per le aree interne, di fatto il Governo certifichi l'abbandono di alcuni territori e comuni dove sembrerebbero compressi i dati economici e demografici. In quel Piano si parla di declino ormai irreversibile e di accompagnamento per le aree con struttura demografica compromessa: più che un piano, sembra una sentenza di morte. Lo sottolineiamo: il problema - che problema non è - non è solo di restanza, ma è la ritornanza ed ecco allora, perché questo avvenga, come diciamo con la nostra proposta di legge, occorrono misure strutturali per rivitalizzare questi territori: benefici fiscali per le imprese, agevolazioni per l'acquisto della prima casa, incentivi per il personale scolastico e sanitario per garantire servizi di qualità, un piano straordinario di investimenti pubblici per infrastrutture e trasporti, mobilità e servizi essenziali.
E i soldi per fare questo? Ci verrà obiettato. Sono ricavabili da un diverso utilizzo del Fondo per il ponte sullo Stretto di Messina, un'opera inutile che sottrae sviluppo, diritti e futuro. La realtà, di contro, si presenta in maniera diversa, basta guardare le ultime due manovre finanziarie: quella del 2024, rispetto al trasporto pubblico locale, non ha previsto nessuna risorsa aggiuntiva, così come per le politiche per la casa, per il Fondo sociale affitti, il Fondo morosità incolpevoli, che rimangono a zero, e per l'agibilità gli stanziamenti si riducono rispetto al 2023. Gli enti territoriali hanno subito tagli per 600 milioni annui e hanno portato per questo ridurre servizi pubblici fondamentali. Quella del 2025 ha previsto anche interventi di riduzione di risorse di fondi per gli investimenti degli enti locali e una riduzione dei contributi per investimenti per la messa in sicurezza degli edifici pubblici del patrimonio comunale. Previste altre riduzioni di spesa, rispetto ai contributi destinati ai comuni, per gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana: 800 milioni di euro complessivi nel periodo 2025-2031 ed è stato previsto altresì il definanziamento del Fondo per la manutenzione delle opere pubbliche per gli enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose. Viene ridotto lo stanziamento previsto dalla legge n. 208 del 2015 per favorire la mobilità ciclistica e, poi, il Fondo nazionale dei trasporti che, se non viene finanziato e potenziato almeno del costo dell'inflazione, produrrà una riduzione seria dei servizi.
E poi i tagli dei diversi decreti: ne segnalo uno sulla viabilità, citando la mia provincia di appartenenza, Modena. Previsto, nel decreto Milleproroghe, per le province, un taglio di 9,39 milioni di euro per la viabilità provinciale: un disastro per il territorio che mette in crisi intere comunità. Complessivamente, con il decreto Milleproroghe hanno tagliato, a livello nazionale, 1,7 miliardi di risorse assegnate a province e città metropolitane, destinate agli investimenti per la messa in sicurezza del territorio e del reticolo viario. Vogliamo parlare della scuola? I dati diffusi da Tutto Scuola sullo stato di sicurezza degli edifici scolastici sono allarmanti: su circa 40.000 scuole statali, 36.000 risultano prive di certificazione obbligatoria e oltre 3.500 istituti ne sono totalmente sprovvisti. Una delle ultime perle è avvenuta in piena estate, con una circolare del Ministero dell'Interno che ha deliberatamente, retroattivamente, modificato i criteri di rimborso delle spese sostenute dai comuni per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, riducendo il rimborso al 35 per cento delle somme anticipate e ponendo a carico degli enti locali il restante 65. Una decisione unilaterale che comporta un rilevante aggravio per i bilanci comunali: per la sola nostra provincia di Modena, 4,8 milioni di euro. Ecco perché c'è bisogno di un cambio di passo e anche di rotta. Il Governo si impegni a salvaguardare la capacità dei comuni di sostenere i bisogni sociali delle comunità, con la tempestiva erogazione integrale delle somme destinate agli enti locali per il 2025, sia a valere sul Fondo solidarietà che sul Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche, assicurando al contempo un sistema di erogazione delle risorse fondato su tempistiche certe, vincolanti e preventivamente comunicate a comuni, province e Città metropolitane. Accanto a questo, serve prevedere un rifinanziamento del Fondo strutturale per l'accoglienza dei minori. Per stanziare ulteriori risorse in favore degli enti locali serve cioè un cambio di passo, per salvare il sistema degli enti locali italiano.