Grazie, Presidente. Ringrazio anche i colleghi e le colleghe per la disponibilità, visto il ritardo del treno. Dunque, illustrare questa mozione mi obbliga in pochi minuti, di fatto, a provare, in quella che è una discussione generale, anche a comporre una cornice storica rispetto a che cos'è questo Memorandum e cosa lo precede nella storia non solo italiana, ma direi europea e mediterranea, di questo Accordo, perché nulla si può cambiare, come diceva il collega che mi ha preceduto, non solo se non si guarda la realtà, ma soprattutto se non si fa quel lavoro di ricomposizione storica.
Oggi siamo nel 2025 e si deve risalire, quantomeno, agli inizi degli anni Duemila, perché ovviamente questo Memorandum arriva come prima firma nel 2017 ma, appunto, non possiamo non fare qualche passo indietro per comprendere perché oggi crediamo che questo Accordo vada interrotto e perché crediamo che sia giunto il momento di renderci conto trasversalmente, in questo Parlamento e in questo Governo, che questo Memorandum porta con sé costi elevatissimi, porta con sé la scarsa trasparenza che in tutte, o nella stragrande parte delle mozioni, abbiamo chiesto di interrompere, facendo in modo che il Parlamento sia protagonista coinvolto e che, appunto, questa trasparenza sia attuata, e che porta con sé la violazione sistematica dei diritti umani, della legge europea e del diritto internazionale che abbiamo in questo momento, come non mai, richiamato a base comune per provare a guardare al futuro.
Con la Libia dobbiamo parlare anche della Turchia, del Niger, della Tunisia, dell'Egitto e di come siamo precipitati in accordi come quello con l'Albania, perché questi sono i guardiani di quella che è stata la politica europea, il pilastro della politica europea sulle migrazioni che, appunto, è il tema dell'esternalizzazione delle frontiere che inizia nel 2015, nel pieno esodo siriano e del flusso sulla rotta del Mediterraneo centrale e che dà il via, appunto, in quell'anno all'Agenda europea sulle migrazioni.
Ricordiamolo: citiamo velocemente il vertice de La Valletta ma, appunto, tornando indietro in quel lavoro di ricomposizione storica cui ci rimanda un grande studioso, come Marc Bloch, lo sviluppo di un fenomeno come l'immigrazione non è possibile chiarirlo senza, appunto, la ricostruzione storica di un fenomeno di questa portata e di questa complessità, per il quale credo che anche i cittadini e le cittadine siano consapevoli che la propaganda, che lo slogan, che la soluzione facile non sia più possibile usarla come via per una politica.
I due decenni scorsi sono i decenni, appunto, del vento di Tampere. Se torniamo agli inizi del '99, sono le politiche dell'Eurodac e della costruzione di Frontex, sono l'avvio dell'Europa come fortezza e del focus che si è dato all'esterno, molto più che all'interno, di come le migrazioni che già abitavano questo continente da oltre trent'anni lo stavano modificando, e come si sarebbe potuto investire, ad esempio, sulle diaspore e sul fattore strutturale delle migrazioni.
Abbiamo, con quest'ottica, in Europa di fatto estromesso il mar Mediterraneo da un'idea di visione e di costruzione del processo di integrazione europea - quindi, la politica euromediterranea, la politica euroafricana - limitandolo, appunto, dal 2015 accordo dopo accordo, esternalizzazione dopo esternalizzazione, a vedere la sponda Sud del Mediterraneo solo come mura, di fatto, di questo processo. Ricordiamo il 2016 con l'accordo UE-Turchia: 6 miliardi di euro per fermare, in quegli anni drammatici, il flusso che arrivava sulla Grecia dalla rotta turca. Il 2017 è l'anno del primo Memorandum, anche se qui il primo che ha attuato, di fatto, accordi con la Libia in questo senso è stato Berlusconi nei primi anni Duemila, capendo che quello sarebbe stato, probabilmente, il futuro delle politiche europee del nostro continente.
E se allora si poteva rendere e concepire governabile un accordo di questo tipo - seppur, appunto, in un territorio dove non esiste statualità, dove l'accordo si fa con milizie, con le autorità di Tripoli -, continuare anno dopo anno, ogni Governo di ogni colore, a rinnovare questo accordo, allora si cade nella perseveranza, nel continuare in maniera perseverante a compiere un errore nonostante i report, nonostante la documentazione di ONG e delle stesse agenzie dell'ONU sulle violenze, sui suicidi, sulle malattie, le torture, gli stupri, il lavoro forzato e le estorsioni che avvengono in quei luoghi, in quei luoghi di detenzione.
Tantissime risorse. In Libia, con questo Governo, abbiamo aperto un altro fronte di accordi, che sono stati gli accordi con la Tunisia, e questi ultimi anni di politiche sulle migrazioni hanno mostrato tutta l'inadeguatezza, la mancanza di prospettiva e di concretezza rispetto alla gestione di questo fenomeno: tre anni dove si è perseverato con la criminalizzazione delle ONG e con la politica dei porti lontani, di fatto, occupandosi solo dell'ultimo miglio.
Nessuno ha mai fermato i flussi. I flussi si sono spostati e con lo spostamento dei flussi si sono spostate le risorse da dare al governante o al dittatore di turno per provare a fermare e a limitare flussi e numero di sbarchi che, come abbiamo visto, vanno in aumento.
Questo Governo ha preso in giro gli italiani con tanta retorica anti-immigrazionista, prendendosela spesso, molto di più, con quella porzione di immigrazione che questo Paese lo sostiene, quindi i lavoratori regolari che già qui risiedono, e così peggiorando le condizioni lavorative, le condizioni per permanere legali. Se da una parte ci si occupa dell'ultimo miglio, se ci si occupa del 5 per cento del fenomeno - perché di questo stiamo parlando, in questo Paese vivono oltre 5 milioni di lavoratori e lavoratrici con le proprie famiglie che qui crescono, lavorano, producono, pagano le tasse - e questo Governo, così come tanta destra europea e globale, si occupa di quella percentuale minima di immigrazione illegale - che, però, viene gestita con il costo altissimo delle violazioni dei diritti, delle morti, dell'incapacità di essere missione civile, ad esempio, nelle rotte -, questa mozione prova a farsi alternativa. Prova a dire: non è più il momento, dopo quasi dieci anni di accordi con i trafficanti libici, dopo quanto è successo nel caso Almasri, dopo esserci resi ricattabili e fragili nei rapporti con chi detiene di fatto il governo dell'esternalizzazione dei confini.
Avere esternalizzato i confini ha infatti significato, per i Paesi europei, per l'Italia, perdita di sovranità, perdita di capacità di governo di questo fenomeno. Il mar Mediterraneo deve essere di nuovo luogo dove la vita...