Discussione generale
Data: 
Giovedì, 21 Ottobre, 2021
Nome: 
Walter Verini

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Grazie, Presidente. Perché il Parlamento italiano deve parlare di antifascismo a poco meno di ottant'anni dal 25 aprile 1945? Certo, l'ultimo motivo in ordine di tempo è stato l'attacco alla CGIL, al sindacato, e quindi al lavoro e alla democrazia, proprio come cento anni fa fecero i fascisti. Questo ha suscitato una forte reazione nel Paese. La manifestazione di piazza a San Giovanni è stata una grande risposta nazionale. È stato detto “una manifestazione di parte”: sì, dalla parte della Costituzione.

Un giornalista e scrittore libero e laico, Michele Serra, l'altro giorno si è rivolto alla destra italiana auspicando, anche nel nostro Paese, la nascita e il consolidamento di una destra conservatrice, ma europea e repubblicana. Anche intellettuali del campo della destra - Franco Cardini e Alessandro Campi - sono intervenuti.

Ci chiediamo, in un dibattito parlamentare come questo: non sarebbe l'ora davvero per le forze della destra parlamentare, che certamente non praticano la violenza nella loro azione, di pronunciare parole chiare e definitive sul fascismo? Di fare pienamente i conti con la loro storia? Perché ogni volta che, usando metodi e simbologie tipici del fascismo e del nazismo, certi gruppi estremisti di destra, oltre a volte i limiti dell'eversione, diffondono odio, violenza, antisemitismo e razzismo, omofobia, misoginia, perché ogni volta che accadono queste cose le condanne che ci sono - e che vogliamo credere sincere - sembra siano pronunciate con il freno a mano tirato? Eppure, bisognerebbe mettere alle spalle radicalmente e senza ambiguità queste cose che sono un pericolo per la democrazia, la coesione sociale, la convivenza civile.

Non si possono frequentare manifestazioni elettorali e far salire su certi palchi personaggi e forze che si richiamano e praticano queste cose. In giro per l'Italia - lo sappiamo e lo sapete - ci sono amministrazioni comunali guidate dalla destra che accettano appoggio e sostegno da queste forze antidemocratiche: perché non le si isola e perché non si riesce – lo domandiamo - a portare a conseguenze vere, definitive quei passi che pure, in parte importante, la destra ha saputo compiere? Penso alle parole di un ex leader della destra come Gianfranco Fini allo Yad Vashem quasi vent'anni fa. Il Paese ne avrebbe bisogno. E c'è sempre un “sì ma”, c'è sempre un “ma allora il comunismo”: discutiamone.

Non parlo del PD: nel suo DNA, nel suo simbolo ci sono solo i colori della bandiera italiana e il ramoscello dell'ulivo. Parlo della sinistra storica, cui qualcuno di noi è appartenuto, che da decenni ha fatto i conti con le pagine tragiche della sua storia, anche con le tragedie del comunismo internazionale e dei gulag. Li ha potuti fare perché la sinistra, in Italia, è stata dalla parte di chi ha lottato con il sangue per la libertà di tutti, di chi ha combattuto insieme agli alleati americani.

Ancora, l'Olocausto è una ferita dell'umanità incancellabile, una tragedia senza eguali, un male assoluto. Perché, allora, c'è sempre qualcuno di voi che sente il bisogno di dire “e allora, le foibe?”. Non parlo dei negazionisti, naturalmente. Allora cosa? La sinistra - è vero, lo abbiamo ammesso da tempo - ha impiegato fin troppo tempo nel riconoscere le responsabilità titine, di quella vergogna della storia. Ma noi abbiamo sostenuto senza imbarazzi, con convinzione, l'istituzione della Giornata del Ricordo, grazie al lavoro paziente ma determinato di leader politici della sinistra, come Piero Fassino, Walter Veltroni, Luciano Violante, sapendo che quelle persone meritano rispetto, ricordo e onore. La nostra capogruppo Serracchiani, da parlamentare e poi da presidente della regione, non ha mai mancato di essere a Basovizza il 10 febbraio, ma senza paragonare quella drammatica pagina al male assoluto della Shoah, quasi come si dovesse relativizzare la tragedia dell'Olocausto. Ci sono state anche altre tragedie che hanno dimostrato da che parte è stata e sta la sinistra in Italia. Enrico Berlinguer e Luciano Lama stavano dalla parte della democrazia insieme a Sandro Pertini, Benigno Zaccagnini, Ugo La Malfa, contro le Brigate Rosse che sequestravano Moro, e stavano contro i cattivi maestri. La sinistra - lo ricordava Lele Fiano nel suo intervento introduttivo - stava con Guido Rossa che denunciava i fiancheggiatori dei terroristi in fabbrica. Noi non abbiamo candidato in Parlamento persone che evocano personaggi del Ventennio; ma lasciamo perdere la polemica, non voglio fare polemica. Dico solo che noi con onore - il PD e, prima, la Sinistra - abbiamo portato in Parlamento persone che si chiamano Sabina Rossa, Olga D'Antona, Carole Tarantelli, Giovanni Bachelet: vorrà pur dire qualcosa? E, come è stato ricordato, altre personalità che sulla propria pelle portano le cicatrici ancora aperte delle stragi nere e della strategia della tensione, come Paolo Bolognesi e Alfredo Bazoli. Quella, onorevole Meloni, era la strategia della tensione.

Noi siamo contro tutte le violenze, gli odi, le azioni di circoli estremisti e anarcoinsurrezionalisti, perché chi usa la violenza è un nostro nemico, perché è nemico della democrazia. Per questo non li ospitiamo sui palchi, non ci facciamo gli aperitivi elettorali. La nostra democrazia è solida ma non sottovalutiamo i rischi veri, attuali per il nostro Paese e anche per l'Europa; rischi che si chiamano “neofascismi” e “neonazismi”, che si possono saldare con malesseri sociali, insicurezze, paure: queste vanno ascoltate e capite, ma non ovviamente cavalcate. L'antisemitismo è di oggi, così come l'odio contro i diversi e i veleni razzisti. La strage di Utoya è avvenuta dieci anni fa non ottanta. Quel signore che sparava a Macerata contro le persone di colore lo faceva due anni fa.

Per tornare a quanto successo quindici giorni fa: Fiore e Castellino hanno guidato l'assalto al sindacato proprio quindici giorni fa, non ottant'anni fa; e la matrice - ci permettiamo di ricordarlo a chi aveva dubbi - è stata subito chiarissima; era in tempo reale, quella matrice. Qualcuno in questo dibattito ha fatto un nome, ricordando Paolo Berizzi, ma potremmo citare anche Federico Marconi o il fotografo Paolo Marchetti de L'Espresso: Castellino è stato condannato per l'aggressione nei loro confronti. Paolo Berizzi è l'unico giornalista in Europa sotto scorta perché minacciato dai neonazisti per le sue inchieste sui gruppi di estrema destra sovranista e suprematista e sui loro legami con la criminalità organizzata e le loro reti sovranazionali. Ebbene, lui è minacciato oggi, vive sotto scorta oggi, non ottant'anni fa. Vogliamo esprimergli davvero, nei fatti, solidarietà tutti insieme?

Per questo – concludendo - è importante che il Parlamento alzi la sua voce contro l'odio e la violenza e chieda al Governo lo scioglimento di organizzazioni neofasciste come Forza Nuova. Perché il fascismo ha le sue radici in Italia. In questo Paese hanno provocato orrore, violenza hanno incarcerato gli oppositori, hanno mandato al confino le persone, hanno portato l'Italia alla tragedia della guerra, hanno fatto le leggi razziali. Ecco perché noi siamo molto sensibili. E la nostra Costituzione è antifascista perché nasce proprio da questo. Lo voglio ricordare: tra le altre firme, c'è anche quella di un signore il cui nome era Umberto Terracini.

Ecco perché noi siamo dalla parte dell'antifascismo e dovremmo esserlo tutti, senza ambiguità e facendo davvero fino in fondo i conti. Io voglio chiudere ricordando una cosa che conosciamo penso tutti, ma che credo sia giusto ripetere in un momento come questo: il valore della memoria. La memoria deve essere intera, ma non necessariamente condivisa, perché ci sono i torti e ci sono le ragioni. Ebbene, un grande uomo della sinistra e del sindacato del Novecento, Vittorio Foa, che è stato anni ed anni al confino perché i fascisti ce l'hanno mandato, incontrò in Parlamento un repubblichino, Giorgio Pisanò. Questi gli tese la mano - oh finalmente siamo qui tutti e due -; Vittorio Foa quella mano gliela diede, gliela diede ma gli disse: vedi, caro Pisanò, se tu oggi sei qui in Parlamento e mi dai la mano, è perché hanno vinto quelli della mia parte, quelli della libertà e della democrazia; se avesse vinto la tua parte, io sarei ancora in carcere. Ecco, non dimentichiamo queste cose! Lo dico perché è una storia comune, una storia dalla quale bisogna prendere le distanze. Se l'Italia lo farà in un momento difficile come questo, farà un passo in avanti. C'è un terreno comune, che non è solo del passato, delle nostre radici, ma è anche del futuro e si chiama - come ha ricordato Fiano - Costituzione repubblicana.