Discussione generale
Data: 
Martedì, 12 Luglio, 2022
Nome: 
Stefano Lepri

Vai alla scheda della mozione

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questa mozione è molto importante perché le residenze sanitarie assistenziali stanno vivendo quella che potremmo definire una tempesta perfetta. Si potrebbe dire, guardando la domanda che c'è di cura da parte di tanti anziani non autosufficienti, che le RSA hanno di fronte un grande spazio per rispondere al progressivo invecchiamento della popolazione e anche all'incremento delle patologie con decadimento cognitivo. Eppure, non c'è questo incremento nell'offerta da parte delle RSA e anzi siamo di fronte a una riduzione del numero di persone che ne beneficiano, sia in residenzialità, ma anche in domiciliarità. Peraltro - e questo non è un problema di oggi -, in Italia siamo di fronte ad una disomogenea presenza delle RSA sul territorio nazionale, molto concentrate al Nord - addirittura l'80 per cento se guardiamo quelle rivolte solo ai non autosufficienti e la metà se guardiamo l'intera presenza delle strutture residenziali per anziani -, quindi c'è un grande problema di equilibrio territoriale. La pandemia - come è noto e come già ricordato dai colleghi - ha colpito duramente queste strutture, sia perché purtroppo sono mancate molte persone, solo in parte sostituite, sia perché le prescrizioni necessariamente imposte hanno costretto le strutture a un surplus di obblighi e di costi, solo in parte rimborsati e considerati. In più - possiamo dirlo perché in qualche modo siamo tutti responsabili in quest'Aula -, probabilmente non c'è stata finora l'attenzione che queste strutture meritavano. Ricordo due misure che sono state adottate: il “decreto Rilancio” con 40 milioni e il “decreto Sostegni-bis” con 20: sono però cifre sicuramente inferiori a quelle di molti altri comparti che ne hanno maggiormente beneficiato. Tutto questo si somma ad altri limiti che anche i colleghi hanno segnalato. Non si tratta qui di fare classifiche o valutazioni di parte, ma possiamo dire generalmente, salvo eccezioni, che per la programmazione regionale in molti casi le residenze sanitarie assistenziali sono l'ultimo dei problemi e che ce ne sono molti altri forse più urgenti. Forse gli anziani non hanno voce, fatto sta che, da troppo tempo, gli inserimenti languono, sono sicuramente inferiori al numero delle persone che decedono e c'è anche, da troppo tempo, uno stop agli adeguamenti tariffari, uno stop cronico non legato solo la pandemia: da troppi anni, salvo modesti adeguamenti, le tariffe sono rimaste stabili e la quota sanitaria non è variata. Gli unici aumenti sono stati purtroppo a carico delle famiglie dei beneficiari o dei fruitori del servizio, con uno sbilanciamento anche verso la quota alberghiera rispetto alla quota sanitaria.

Tutto questo ha determinato l'assenza di rinnovi contrattuali, con il risultato che gli operatori delle strutture guadagnano molto meno di quanto guadagnino nelle stesse strutture gestite, ad esempio, direttamente dal Servizio sanitario nazionale o guadagnano molto meno di colleghi con pari ruolo e pari professione impegnati in altri comparti del Servizio sanitario nazionale.

Quindi, c'è un effetto migrazione di queste professionalità, che hanno trovato evidentemente più conveniente, soprattutto di fronte alla grande richiesta determinata dalla pandemia, trasferirsi in altri campi. Il risultato è stato un depauperamento del personale delle strutture residenziali, che oggi fanno una grande fatica a reperire, in modo particolare, le professionalità infermieristiche, ma anche gli operatori sociosanitari.

Aggiungiamoci anche “quota 100”, che ha spinto non poche persone, infermieri in particolare, a beneficiarne e anche la lentezza nella dichiarazione di equipollenza, che il Ministero della Salute riconosce alle professioni che giungono dall'estero e anche dell'iter che, una volta riconosciuta l'equipollenza, consente appunto il trasferimento in Italia di queste figure.

Non dimentichiamo poi, in questa tempesta perfetta, i costi energetici, che sono quasi raddoppiati: solo in un anno il costo delle materie prime è almeno un 10 per cento in più. Tutto questo sta portando ad un grande grido d'allarme, che abbiamo voluto cogliere con questa mozione unitaria, al punto che molte strutture rischiano di chiudere o comunque di imporre, pur di sopravvivere, costi esorbitanti alle famiglie e agli utenti.

Va detto, anche per non esentare completamente le strutture, a onore del vero, che le difficoltà che le strutture residenziali per anziani - e non solo - stanno manifestando sono riconducibili anche talvolta ad un modello non sempre convincente. La scelta della massima dimensione per ottenere economie di scala, pur comprensibile, rischia di determinare una spersonalizzazione dell'offerta o una eccessiva standardizzazione, con il rischio appunto di non considerare l'originalità e la peculiarità di ogni ospite e delle sue esigenze. Non sono molte le realtà che garantiscono soluzioni modulari aperte al territorio, che quindi possono consentire anche una diversificazione delle entrate anche un equilibrio economico.

A questo si aggiungono anche problemi legati alla questione, nel caso del Terzo settore, della applicazione piena della riforma, con l'esigenza, ad esempio, di trasmigrare verso il Registro unico, alla trasformazione delle ONLUS in altre forme giuridiche, alla possibilità - preclusa finora per via delle difficoltà nell'applicazione della riforma fiscale - di adottare la formula dell'impresa sociale, che potrebbe sicuramente, in molti casi, meglio adattarsi a queste realtà. Passiamo alle sfide che vogliamo rappresentare e su cui vogliamo provare ad impegnare tutto il Parlamento e il Governo. Anzitutto, bisogna riportare attenzione e centralità a queste realtà, che sono importanti, che garantiscono a centinaia di migliaia di nostri anziani una protezione, soprattutto a coloro i quali non possono contare su protezioni e reti familiari e che quindi, in qualche modo, scelgono questa soluzione residenziale. Più risorse quindi sulla cronicità e sulla non autosufficienza a domicilio certamente - questa è una grande sfida - ma anche, quando serve, in residenzialità e, quando serve, anche in soluzioni diurne, non essendo queste soluzioni certamente alternative, ma invece complementari.

Le RSA diventino degli hub. È una grande sfida, che sono ben consapevoli di interpretare, ma probabilmente vanno aiutate. Si intende hub del territorio, capaci di garantire una pluralità di offerta, ma di essere anche un punto di riferimento da cui possono partire i servizi, come quelli infermieristici a domicilio, la telemedicina, i servizi di lavanderia, il bagno assistito, il telesoccorso e tante attività importanti, che possano consentire il mantenimento del domicilio, potendo contare su un punto di smistamento e di riferimento.

Si intervenga come Stato, come Governo, per riconoscere maggiormente ristori per il rincaro delle bollette e delle materie prime. È un'emergenza che non può essere trascurata e non si capisce perché questo settore sia meno considerato di altri, se non forse perché non ha abbastanza voce: noi vogliamo dargliela.

Le regioni mettano la questione, non dico tra le priorità, perché mi sembra piuttosto improbabile, ma almeno al pari di molte altre, perché non merita meno attenzioni. Il fatto che le persone che ne beneficiano siano persone che non hanno voce non giustifica la trascuratezza a cui spesso sono destinate. Soprattutto le regioni non trovino scorciatoie. Sappiamo, ad esempio, di ipotesi di utilizzare i fondi europei per poter riconoscere dei voucher, che tra l'altro introdurrebbero dei meccanismi diversi da quelli previsti dai LEA, per finanziare nuovi ingressi. È una soluzione abborracciata, che non ci convince, che, appunto, ci pare una scorciatoia da non praticare. Si trovino risorse vere, quelle della quota sanitaria che è prevista e che va applicata in riferimento ai livelli essenziali di assistenza.

In ultimo, ma non meno importante, si ripensi anche agli standard gestionali e strutturali, magari anche con una regia - lo dico ai rappresentanti del Governo e del Ministero - da parte dello stesso Ministero. Sappiamo bene che la titolarità degli standard è regionale, ma vi può essere un'indicazione importante in coordinamento da parte del Ministero della Salute, perché - lo dico con uno slogan molto semplice - forse serve essere un po' meno attenti ai centimetri della stanza e un po' più attenti alla qualità delle relazioni e al rapporto delle strutture con la loro comunità. Ciò significa un ripensamento complessivo degli standard, che evidentemente non abbiamo il tempo di poter approfondire, ma ci basta consegnare alla discussione questa importante suggestione