Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, la mozione che oggi discutiamo riguarda un tema che tocca le fondamenta stesse del progetto europeo e della nostra idea di Paese: le politiche di coesione. Una politica che rappresenta da decenni lo strumento più concreto per dare attuazione al principio di solidarietà e per ridurre la disparità fra territorio, favorendo uno sviluppo equilibrato, sostenibile e inclusivo, ma che oggi sta vivendo una vera e propria trasformazione strutturale. I fondi della politica di coesione potranno essere destinati - si sa - anche a nuove finalità, incluse la competitività e la difesa. La Commissione, poi, intende unificarli con altri fondi, tra cui quelli destinati alle politiche agricole, a centralizzarne la gestione attraverso l'introduzione di piani di partenariato nazionali e regionali per gli investimenti e le riforme, sottoposti al suo vaglio al posto dei programmi in capo alle autorità di gestione.
L'obiettivo dichiarato è quello di rendere i fondi più flessibili e coerenti con le nuove priorità europee. Però, è un passaggio che non è solo tecnico, colleghi, è anche profondamente politico. Il rischio è che, in nome della flessibilità e dell'efficienza, rinazionalizzando la politica di coesione si finisca per comprimere il principio di sussidiarietà e indebolire proprio l'approccio territoriale, quello che ha sempre consentito di modellare le strategie sulle esigenze specifiche delle regioni, degli enti locali, soprattutto degli enti più fragili, compromettendo così alla fine anche la legittimità e l'efficacia stessa delle politiche di coesione.
È un rischio che riguarda direttamente l'Italia, dove il tema della coesione coincide prettamente con il divario tra Nord e Sud, tra aree metropolitane e aree interne, dove questa riforma potrebbe tradursi in un'effettiva riduzione delle risorse destinate proprio alle aree più fragili; allarme aggravato dalla diminuzione dei fondi destinati all'agricoltura e dagli effetti dei dazi imposti proprio - udite, udite - dall'amministrazione Trump.
Del resto, il modello che la Commissione propone è lo stesso che Fitto, come Ministro del Governo Meloni, ha adottato nella ridefinizione del Fondo sviluppo e coesione, il principale strumento finanziario nazionale di attuazione delle politiche di coesione, con l'introduzione dei cosiddetti Accordi per la coesione, che ha di fatto fortemente centralizzato la programmazione delle risorse e ha prodotto ritardi, ha bloccato l'avvio di molti interventi urgenti, e questo lo sappiamo bene tutti.
D'altronde, il Governo Meloni si è distinto da subito, dal momento del suo insediamento, come un Governo profondamente anti-meridionalista: ha tagliato 3 miliardi e mezzo di euro dal fondo perequativo infrastrutturale, colpendo ospedali, reti idriche, collegamenti stradali proprio dove erano più necessari; con il disegno di legge sull'autonomia differenziata sta imprimendo al Paese una traiettoria di ulteriore frammentazione che rischia di cristallizzare, e non ridurre, i divari territoriali; così come osteggiando il salario minimo non fa che minare proprio la coesione sociale e territoriale. E poi c'è il tema dolente delle aree interne, per cui il Governo dapprima ha ipotizzato nel piano strategico nazionale una sorta di spopolamento irreversibile, poi correggendo il testo ma senza individuare poi risorse concrete.
A questo si aggiunge l'intenzione, in sede di revisione del PNRR, di utilizzare i fondi di coesione proprio per coprire quei ritardi e quelle mancate attuazioni. Scelta inaccettabile, anche perché sottrarrebbe risorse la cui spesa è stata già programmata per destinarle a non si sa quali altri scopi.
Il Partito Democratico ritiene che la politica di coesione debba restare un pilastro di solidarietà e convergenza come strumento di riduzione delle disuguaglianze economiche, sociali e territoriali.
Chiediamo quindi al Governo di salvaguardare la destinazione territoriale delle risorse, con priorità alle regioni più svantaggiate; di rafforzare le capacità amministrative degli enti locali per la gestione e attuazione dei programmi di coesione; di destinare risorse aggiuntive alle aree interne per contrastare quello spopolamento di cui parlavamo e garantire, fornendo servizi essenziali, il diritto, di tutti e di tutte, a restare nei propri luoghi di provenienza e di non dirottare le risorse della coesione su finalità estranee, come per esempio la Difesa, o per colmare e nascondere proprio quei ritardi del PNRR.