Discussione generale
Data: 
Lunedì, 20 Novembre, 2023
Nome: 
Rachele Scarpa

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Grazie, Presidente. Dal 30 novembre al 12 dicembre, si svolgerà la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite contro i cambiamenti climatici, la cosiddetta COP28. Un appuntamento, quello di Dubai che, già dall'inizio, parte avvolto da forti contraddizioni.

Il teatro dei negoziati internazionali saranno gli Emirati Arabi Uniti, uno Stato che non solo è il settimo produttore al mondo di petrolio, ma prevede anche di implementarne la produzione nel prossimo decennio.

Un orientamento, questo, che, non devo certo dirlo io, è evidentemente in contraddizione con uno dei principi più importanti di ciò che sappiamo sui cambiamenti climatici, ossia che la combustione di fonti fossili emette nell'area enormi quantità di anidride carbonica, e sono esse la principale causa del riscaldamento globale. La COP28 è avvolta da contraddizioni anche perché, come denunciava anche The Guardian un mese fa, gli spazi in cui si svolgerà il meeting sono stati allestiti all'insegna dello sfruttamento di centinaia di lavoratori migranti provenienti dalla vicina Africa e dal Sud-Est asiatico, che sono stati costretti a lavorare anche sotto 42 gradi centigradi in cantiere, in condizioni decisamente poco degne.

Forse allora serve che anche qui, in quest'Aula, iniziamo la discussione sulle mozioni di cui parliamo oggi sottolineando come lottare per la difesa dell'ambiente sia un concetto vuoto e pressoché impossibile senza il rispetto dei diritti umani e dei diritti sociali.

Nonostante questo, con la nostra mozione il nostro intento è far sì che questa, seppur contraddittoria, occasione non sia sprecata, perché colleghi, come ben sappiamo, non abbiamo molto tempo e per compiere scelte che vadano nella giusta direzione ne abbiamo ormai sprecato fin troppo.

La COP28 arriva in un anno particolare per il nostro Paese, colpito da temperature mai registrate, da importanti disastri naturali, che hanno provocato miliardi di danni, e da lunghi periodi siccitosi, anch'essi, come vento e grandine, forieri di importanti danni alla produzione, lo sappiamo bene.

Questa sarebbe una COP importante, anche perché si effettuerà una prima valutazione complessiva sul rispetto degli obiettivi dell'Accordo di Parigi, attraverso il processo chiamato Global stocktake (prima di me lo hanno citato anche le colleghe); si tratta di una valutazione che permetterà agli Stati di misurare l'efficacia delle loro politiche adottate finora e di identificare le aree dove è necessario implementare gli sforzi. Quindi, si tratterà, si spera, di una riflessione collettiva sulle promesse mantenute – ahimè, devo anticiparvi che sono poche - e quelle ancora in sospeso, con l'obiettivo comune, seppur complesso, di rimanere al di sotto della critica soglia di 1,5 gradi nell'aumento delle temperature medie globali.

Crediamo che l'Italia dovrà essere chiara e presentarsi con il mandato esplicito di spingere su soluzioni coraggiose su tutti i temi in discussione. Ad esempio, crediamo che debba essere chiara la posizione sulla decarbonizzazione, nonostante la Presidenza degli Emirati Arabi, perché questa si presenta come una sfida urgente e non negoziabile nell'attuale scenario climatico, anche perché attualmente i contributi determinati a livello nazionale sono di gran lunga insufficienti per far sì che il limite di 1,5 gradi venga rispettato nel ventunesimo secolo.

Nel contesto in cui l'ultima relazione dell'Organizzazione meteorologica mondiale prevede livelli record delle temperature globali nei prossimi cinque anni, stimando alta la possibilità che tra il 2023 e i 2027 la temperatura globale media annua in prossimità della superficie superi effettivamente questo aumento di 1,5 gradi, gli Stati sono chiamati a definire i piani nazionali di energia e clima per la cessazione dell'uso di combustibili fossili, per stare in linea con l'Accordo di Parigi. Mi auguro - ed è ciò che chiediamo all'interno della nostra mozione - che ci si muova al più presto in questo senso, per dare all'Italia un piano nazionale che ci porti a raggiungere le zero emissioni entro il 2050.

Un altro tema centrale e indifferibile del negoziato è senz'altro quello dell'adattamento ai cambiamenti climatici, ormai necessario, data l'irreversibilità, nel medio termine, di alcuni processi. È evidente, colleghi, la necessità di azioni e progetti che permettano alle popolazioni e agli Stati di fare fronte agli effetti del cambiamento climatico, soprattutto in quei contesti dove le risorse economiche e le capacità tecniche sono effettivamente limitate.

Il superamento della soglia di 1,5 gradi centigradi avrebbe, infatti, effetti devastanti con perdite e danni che già oggi esulano dalle attuali capacità di adattamento di molte comunità. Alla COP27 si era raggiunto l'accordo storico che ha portato alla costituzione di un fondo dedicato. Alla COP28, dunque, crediamo che bisognerà stendere regole e renderlo operativo secondo i criteri di solidarietà, di co-progettazione, di compartecipazione e rispetto dei diritti umani fondamentali. È imperativo, in quest'ambito, rafforzare gli accordi finanziari per rispondere a questi impatti, coinvolgendo le istituzioni finanziarie internazionali per garantire volumi finanziari adeguati.

Poi c'è un altro tema su cui crediamo che l'Italia possa essere capofila ed è quello della tutela della diversità. L'impoverimento della biodiversità è fortemente interconnesso con la crisi climatica e il nostro è uno dei Paesi con il maggior livello di biodiversità in Europa. Questa però è minacciata ogni giorno - ed è davanti ai nostri occhi - da un tasso di perdita senza precedenti, che è, sì, aggravato dai cambiamenti climatici. Pertanto, la sfida della conservazione e del ripristino degli ecosistemi è essenziale per mantenere la capacità del pianeta di assorbire carbonio e di fornire servizi ecosistemici vitali.

Altro argomento ineludibile - cerco di elencarli tutti: la mozione è molto articolata - per chiunque voglia dire di avere veramente a cuore la questione ambientale è sicuramente la mobilitazione di finanziamenti per il clima.

Colleghi, senza trovare un accordo su chi paga, sarà molto difficile costruire la fiducia comune per alzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni nei piani nazionali che ci è richiesta per il 2025 e sarà difficile determinare i flussi finanziari dopo il 2025, perché - voglio ricordarlo -, dopo questo termine, al momento, non c'è un accordo di finanza per il clima. Quindi, la COP28 dovrà affrontare il tema per tutte e tre le dimensioni dell'accordo di Parigi: la mitigazione, l'adattamento e le perdite di danni. Pare che la COP28 si concentrerà su quest'ultima, ma dovrà anche necessariamente informare il negoziato della COP29 sull'obiettivo finanziario di lungo termine, quello dopo il 2025.

La riforma dell'architettura globale e finanziaria - quindi, le regole, i mandati e le risorse degli istituti finanziari internazionali (penso alle banche multilaterali di sviluppo, agli istituti come CDP e SACE) - e la regolamentazione finanziaria per allineare i flussi finanziari agli obiettivi di Parigi e mobilitare la finanza privata, sono ormai riconosciute, in modo molto esteso, come pilastri per supportare la transizione e la costruzione di resilienza in tutti i Paesi. Prendiamone atto e agiamo di conseguenza anche in sede di COP28.

Non dimentichiamo che è stato lo stesso Consiglio dell'Unione europea a evidenziarlo nelle conclusioni adottate proprio in preparazione a questa COP, in quella che è stata definita ormai come la posizione negoziale dell'Unione europea. Si stabilisce che un'azione ambiziosa per il clima offre per il pianeta, l'economia globale e le persone un'incredibile opportunità. Per il Consiglio europeo garantire una transizione giusta, che non lasci indietro nessuno, verso economie e società sostenibili, resilienti ai cambiamenti climatici e climaticamente neutre è l'orizzonte a cui dobbiamo guardare. Quindi chiedo: siamo in grado di vedere questo orizzonte? Siamo in grado di focalizzarlo? Siamo in grado di camminare insieme verso questa direzione?

In particolare, il Consiglio sottolinea l'importanza di innalzare considerevolmente il livello di ambizione globale per rimanere sotto l'obiettivo dell'1,5 gradi e l'importanza di rendere il settore dell'energia prevalentemente privo di combustibili fossili ben prima del 2050, nonché di adoperarsi a favore di un sistema energetico globale, completamente o prevalentemente decarbonizzato già negli anni trenta di questo secolo. Il Consiglio chiede, inoltre, maggiori sforzi a favore della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento agli stessi e riconosce la necessità di rafforzare i finanziamenti per il clima, per affrontare perdite e danni.

Alla luce di tutta questa discussione, con questa mozione vogliamo chiedere al Governo di impegnarsi sul serio sul tema della lotta ai cambiamenti climatici: ne va di mezzo il futuro di tutti quanti, il futuro della mia generazione che eredita un pianeta già massacrato.

Nella nostra mozione, chiediamo di impegnarvi, in sede di negoziato, a sostenere l'azione climatica in modo ambizioso e trasparente durante il Global stocktake e a presentare, entro giugno 2024, un ambizioso Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, per l'uscita, ordinata e progressiva, dalle fonti fossili, con particolare riferimento alla pianificazione dell'uscita dal gas, prima causa delle emissioni nazionali, e a svolgere, altresì, una valutazione critica dei progressi fatti e quelli ancora da fare, stabilendo nuovi percorsi per rispettare gli impegni presi in vista del prossimo NDC europeo; invitiamo il Governo a sostenere una road map globale per l'uscita ordinata da tutte le fonti fossili, eliminando i sussidi alle fonti fossili e promuovendo, a livello nazionale e internazionale, l'espansione delle energie rinnovabili, delle reti elettriche, dei sistemi di stoccaggio dell'efficienza energetica. Ogni processo di conversione e adeguamento che riguarda i cittadini andrà accompagnato con sostegni e incentivi senza nascondersi dietro alla frottola dell'ideologia green. Smettiamo colleghi di puntare il dito e tacciare di ideologismo ogni manifestazione di fretta e urgenza nella riduzione delle emissioni.

È solo una scusa e ne va di mezzo la nostra salute. Vi chiediamo, inoltre, di sostenere l'obiettivo di triplicare, a livello globale, la capacità di energia rinnovabile installata e di raddoppiare il taglio dei consumi attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché sostenere azioni finalizzate a garantire che i finanziamenti per l'adattamento ai cambiamenti climatici siano equamente redistribuiti, con particolare riguardo, aggiungo, verso i Paesi in via di sviluppo. Spesso, quando si tratta di fare scelte coraggiose, ci si nasconde dietro un dito, dicendo: “Sì, però, non siamo noi alla fine il Paese che inquina di più; sono i Paesi più inquinanti che devono fare il primo passo”. Ovviamente, è lapalissiano e scontato sottolineare, di fronte a questo tipo di obiezione, che l'impegno debba essere globale, ma appunto non possiamo nasconderci dietro a quella che, se lasciata così, da sola, non risulta altro che essere una scusa. L'Occidente inquina da quasi due secoli e continua tuttora a usare una parte di mondo come discarica o come fabbrica, scaricando anche su quei Paesi i costi ambientali. Quindi, intanto, io direi: “Noi facciamo il nostro” e, con la diplomazia e i giusti strumenti, facciamo in modo poi che l'impegno sia globale.

Chiediamo di garantire sollecita operatività del Fondo italiano per il clima secondo l'originale road map presentata alla COP27, che prevede lo stanziamento di 4,2 miliardi di euro, su 5 anni, entro il 2006, in azioni di mitigazione e adattamento, da sviluppare insieme ai Paesi partner secondo le strategie e gli obiettivi delineati dal già insediato Comitato di indirizzo interministeriale ed in vista di una successiva fase di rifinanziamento del fondo (2026-2030) a copertura degli anni rimanenti da qui al 2030.

Chiediamo di prevedere lo stanziamento di un contributo di almeno 100 milioni di dollari quale contributo dello Stato italiano per il nuovo Fondo perdite e danni e sostegno anche ai meccanismi di compensazione per le perdite e i danni legati ai cambiamenti climatici secondo i criteri di solidarietà finanziaria nella risposta all'emergenza e non solo schemi assicurativi o sotto forma di prestiti, ma prevedendo anche azioni finalizzate a garantire che le istituzioni finanziarie internazionali partecipino attivamente all'ideazione di soluzioni per le popolazioni più vulnerabili, nel pieno rispetto sempre dei diritti umani e anche delle popolazioni coinvolte. Chiediamo di sostenere iniziative finalizzate a garantire una risposta concreta alle sfide interconnesse del degrado del suolo, dei cambiamenti climatici e della perdita della biodiversità e, in particolare, iniziative che prevedano politiche di conservazione e la creazione di nuove aree protette, il ripristino degli ecosistemi e la loro protezione sia a livello nazionale sia internazionale, nonché politiche di contrasto alla desertificazione, al degrado del suolo e alla siccità. Chiediamo di prevedere la soppressione, a partire da gennaio 2024, dei finanziamenti pubblici per investimenti su progetti fossili attraverso le garanzie di SACE e di adottare iniziative finalizzate a prevedere un contributo di 600 milioni di dollari al green climate fund e la redistribuzione di almeno il 40 per cento dei diritti speciali di prelievo dell'Italia, dall'attuale 20 per cento, e pari ad un aumento di 4 miliardi di dollari, ai Paesi vulnerabili attraverso la Banca africana di sviluppo.

Colleghi, penso che tutto ciò sarebbe importante e molto significativo, soprattutto visto che, spesso, oltre all'ideologia green, all'impostazione per cui “non siamo noi quelli che inquinano di più”, indulgiamo anche nella scusa dell'“aiutiamoli a casa loro”, e invochiamo e proponiamo piani Mattei, di cui ancora il contenuto è oscuro, per quanto, dagli annunci, sia assolutamente salvifico. Penso che possiamo risparmiarci per una volta di lasciar andare il dibattito in questa direzione poiché fino adesso non ci ha portato da nessuna parte. Un'azione internazionale decisa, per evitare il disastro climatico, è la promessa di dignità più seria che possiamo fare a milioni di persone che vorrebbero avere il diritto, la scelta, oggi spesso negata, di non migrare, di rimanere a casa loro, mentre, invece, oggi, sono costretti spesso a scappare. Sembrano interventi astratti, colleghi, parole distanti, ma non lo sono affatto. Penso che dobbiamo chiederci, in questi tempi in cui è così evidente che l'azione dei singoli è rilevante, in che cosa si esprima questo cosiddetto pragmatismo cui, spesso, ci si appella, quando si discutono problemi di questa portata; pragmatismo che, credo, non possa essere timidezza, temporeggiamento, non possa essere semplificazione o demonizzazione o, talvolta, ipocrisia. Ogni commento, ogni post straziato che facciamo, ogni moto di solidarietà verso le popolazioni e i Paesi colpiti dalla tragedia climatica di turno, dall'evento catastrofico di turno ci portano in questa direzione: pragmatismo. Alla COP28 occorrerà dare valore e peso alla negoziazione internazionale sul clima; spingere nell'ambito della stessa per la responsabilità di tutti i Paesi nel raggiungimento degli obiettivi; manifestare in questa e in ogni altra sede una ferma e inequivocabile volontà, la volontà politica di arrivare a raggiungere - per tutti e dappertutto - la piena giustizia climatica e sociale.