Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 11 Febbraio, 2025
Nome: 
Vinicio Peluffo

Scheda della mozione

Grazie, Presidente, rappresentante del Governo, colleghi deputati, il gruppo del Partito Democratico ha depositato ormai diverse settimane fa la mozione in materia di politiche industriali. Ne aveva chiesto la calendarizzazione perché siamo convinti che il Parlamento italiano debba occuparsi dell'urgenza che riguarda il nostro tessuto economico e produttivo. Arriviamo da 23 mesi consecutivi di calo della produzione industriale con un bilancio in rosso che solo nel 2024 è di 4 punti percentuali, una contrazione delle esportazioni vicina al punto percentuale e il riflesso sul mondo del lavoro di questa tendenza è particolarmente preoccupante: sarebbero, secondo i dati di Confindustria, 120.000 i lavoratori a rischio e la cassa integrazione ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50 per cento.

C'è una specifica crisi italiana in un'Europa e in un mondo in profonda trasformazione. Rischiamo di essere il vaso di coccio all'interno di una riorganizzazione dell'economia globale che investe le catene del valore, i flussi di investimento e lo stesso commercio internazionale. Sotto la spinta del cambiamento climatico, di fattori geopolitici, degli effetti lunghi della pandemia le politiche pubbliche sono chiamate a dare una risposta adeguata con l'obiettivo di promuovere, oltre che l'innovazione e la crescita dei sistemi economici, anche la coesione, la sostenibilità e la resistenza agli shock. La sfida consiste nel favorire la doppia transizione, digitale ed ecologica, nel diversificare e proteggere le catene di fornitura, in particolare quelle della tecnologia avanzata, cercando di preservare i benefici dell'integrazione dei mercati particolarmente rilevanti per un'economia, come quella italiana, dove l'export ha un peso significativo.

E di fronte agli scenari di imposizione di dazi e di guerre commerciali evocati dalle parole di Trump, l'Italia e l'Europa hanno tutto da perdere. Le politiche industriali di cui abbiamo bisogno devono essere strettamente connesse alla doppia transizione, favorire la creazione di lavoro di qualità stabile e qualificato, cercando una nuova complementarietà tra intervento pubblico e iniziativa privata. Abbiamo bisogno di cambiare marcia in Italia e a livello europeo: non basta più limitarsi a dettare regole e tempi, ma è necessario costruire una vera politica industriale comune. La dimensione europea è la condizione minima per sostenere un'industria in grado di competere nella nuova globalizzazione dominata dai giganti americani e cinesi. Va rafforzata con decisione una politica di investimenti comuni europei avviata con il Next Generation EU che oggi va resa strutturale per porre le basi di una politica industriale europea che accompagni l'innovazione, la transizione ecologica e digitale, con almeno 800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui da finanziare anche attraverso un nuovo debito comune.

Del resto, come europei, ci confrontiamo con gli investimenti negli Stati Uniti attraverso il programma Inflation Reduction Act e in Cina attraverso le strategie made in China ampiamente sovvenzionati con ingenti risorse statali. Finora la risposta europea, in assenza di adeguati spazi di bilancio della Commissione, è stata affidata ad un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato, che però hanno accentuato gli squilibri tra i diversi Paesi e penalizzato un Paese come l'Italia che ha spazi fiscali molto limitati. È evidente che questo schema non regge più. È tutta l'Europa ad avere bisogno di strumenti nuovi e di risorse aggiuntive. Ne ha bisogno la Germania, ne ha bisogno, a maggior ragione, l'Italia. La vocazione manifatturiera del nostro Paese è un patrimonio da difendere e sostenere. Non ci sarà alcuna stagione di sviluppo se l'Italia si arrenderà alla perdita di competitività dell'industria. Gli interessi della manifattura italiana si fanno sostenendo l'obiettivo di una politica industriale europea adeguatamente finanziata e con politiche nazionali coerenti.

Le ultime politiche industriali nel nostro Paese, degne di rilievo, sono state promosse dal centrosinistra, prima con Industria 2015 e poi con Industria 4.0. Questo Governo è insediato da due anni, viaggia verso la metà della legislatura e non ha ancora prodotto nulla. Il Ministro Urso ha sottoposto a consultazione un Libro Verde, che diventerà un Libro Bianco, per raccogliere idee. Sì, forse poteva essere utile all'inizio della legislatura, adesso è il momento di agire, di prendere provvedimenti, ma di certo non quelli che avete compiuto finora. La legge di bilancio che avete appena approvato ha drasticamente tagliato non solo il Fondo automotive, ma tutte le risorse del MIMIT che erano destinate alle politiche industriali, che scenderanno da 5,8 miliardi nel 2024, a 3,9 nel 2025, per crollare a 1,2 nel 2027, con una riduzione dell'80 per cento. Il Piano Transizione 5.0, che era tanto atteso dalle imprese, ha subìto rallentamenti e vincoli burocratici che hanno reso complicatissimo accedere agli incentivi. Ad oggi, il quadro resta desolante, con il portale del GSE ad indicare 280 milioni di risorse prenotate e 5,9 miliardi ancora disponibili, per un utilizzo dei crediti d'imposta inferiore al 5 per cento, e la scadenza rimane fissata al 31 dicembre di quest'anno.

Presidente, poi, i costi delle energie rimangono il problema principale per il nostro sistema economico, con un prezzo dell'energia elettrica all'ingrosso - l'ha ricordato il Ministro Pichetto Frattin in quest'Aula - con un dato medio, nel 2024, di 108 euro al megawattora, che è significativamente superiore rispetto agli altri Paesi europei. Tra l'altro, si sono già raggiunti picchi di 150 euro ed è arrivato il grido d'allarme delle imprese, che rischiano costi aggiuntivi di 10 miliardi di euro su base annua, che significa mettere fuori mercato interi settori produttivi. E ad oggi, il Governo non ha ancora alcuna proposta per ridurre il costo della bolletta energetica per le imprese e per le famiglie.

Nella nostra mozione indichiamo quattro principali versanti di intervento per una nuova politica industriale italiana. Li richiamo e rimando - per questioni di tempo - al testo per le proposte specifiche. Il primo, Presidente, riguarda la governance delle politiche industriali, attraverso la creazione di un Ministero per lo Sviluppo sostenibile, di un forum permanente per le politiche industriali, con la trasformazione di Invitalia in un soggetto attuatore delle politiche industriali e con la creazione di un'agenzia che coordini le partecipazioni pubbliche.

Il secondo versante riguarda gli incentivi pubblici, che vanno riorganizzati secondo criteri di selettività e condizionalità ambientali e sociali, con un orizzonte temporale almeno decennale e grande attenzione alla riduzione dei divari territoriali, a partire da quello tra il Nord e il Sud del nostro Paese.

Il terzo versante riguarda il ruolo dello Stato nell'economia, perché è evidente che bisogna affermare la necessità di una nuova complementarietà tra intervento pubblico e iniziativa privata, ma soprattutto, Presidente, perché nel nuovo contesto economico internazionale non basta un aggiustamento spontaneo delle sole forze del mercato, così come sono del tutto inadeguate politiche di carattere protezionistico.

Il quarto versante - e mi avvio a concludere - riguarda le risorse da mettere in campo a livello nazionale, quelle pubbliche innanzitutto, indirizzando verso le nuove politiche industriali le risorse liberate dalla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi e dalla riorganizzazione degli incentivi per le imprese.

In conclusione, Presidente, noi siamo convinti che il nostro Paese possa, e che questo Governo debba fare, molto di più nell'ambito delle politiche industriali, adottando una visione di lungo periodo per affrontare la doppia transizione in maniera seria, perché questo è l'unico modo per fare gli interessi del nostro Paese e per sostenere la manifattura e il rilancio dell'economia.