Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 4 Novembre, 2021
Nome: 
Antonio Viscomi

Grazie, Presidente. Vorrei sottolineare fin da subito con molta chiarezza che non vi può essere lavoro reso in modalità smart se e quando l'organizzazione non sia essa stessa conformata secondo modalità smart. L'evidenza di questa correlazione tra prestazione e organizzazione è del tutto intuitiva, ma oggi mi pare opportuno ribadirla perché essa definisce la cornice che consente di ragionare sui temi della mozione senza cedere alle suggestioni di un dibattito che sembra assumere a volte toni quasi referendari, e questo per via di un'impropria contrapposizione tra dimensioni diverse, individuale-collettivo, prestazione-organizzazione, diritto-potere, utenti-lavoratori, addirittura passato-futuro, che invocano semmai una più ragionata complementarietà e un più attento bilanciamento, tenendo conto dei diversi livelli di maturità organizzativa e tecnologica delle pubbliche amministrazioni, ma anche delle ricadute che le modalità tecniche della prestazione di lavoro hanno sulla stessa organizzazione della vita sociale, sia sul piano individuale che su quello collettivo.

Siamo tutti convinti che sia necessario superare l'approccio emergenziale che ha conformato le condizioni d'uso del cosiddetto smart working come strumento di contenimento dei rischi pandemici; tuttavia, per farlo in modo adeguato, abbiamo bisogno ora di un approccio che ci aiuti ad integrare l'impatto organizzativo delle innovazioni su almeno tre diversi livelli. Il primo sui processi di produzione di beni e servizi amministrativi, perché abbiamo bisogno di superare definitivamente il taylorismo da scrivania che ha accompagnato una parcellizzazione procedimentale e cartacea dell'attività amministrativa. Il secondo sui servizi erogati ai cittadini, consapevoli che la capacità di innovazione di una smart city si misura di fatto sulla capacità di erogare servizi digitali amichevoli.

Ed infine sulla modalità di erogazione della prestazione lavorativa. Mi pare vi sia ormai una sostanziale convergenza sul fatto che la nuova normalità lavorativa sarà segnata da modalità ibride, sicché anche le regole andranno ridisegnate, almeno per quanto riguarda tempi, spazi, luoghi di erogazione della prestazione lavorativa, esercizio delle prerogative manageriali, protezione della salute e della sicurezza, senza dimenticare il necessario adattamento delle stesse forme di esercizio dell'attività sindacale che una lunga storia ha fin qui configurato come presenza attiva nel luogo di lavoro. Le pubbliche amministrazioni hanno conosciuto e implementato un lavoro agile dell'emergenza; ora, invece, è necessario ragionare di un lavoro agile per la ripartenza, ma ciò è possibile fare solo dissolvendo quel taylorismo procedurale che ancora presiede, appesantendola, l'attività dell'amministrazione, sia nei rapporti con i cittadini sia nella stessa divisione interna del lavoro.

L'innovazione tecnologica consente oggi di fare ciò che negli anni passati non è stato possibile portare a compimento. Non si tratta, signor Presidente, di sostituire un computer alla macchina da scrivere e neppure la casa con l'ufficio, non siamo di fronte ad una mera trasformazione dei mezzi di produzione. Viviamo, semmai, il tempo del già e non ancora di una transizione, di una grande transizione che nella sua complessità tecnologica chiede di essere disegnata e ancor più governata in una prospettiva che assicuri comunque l'implementazione dei valori costituzionali che costituiscono le ragioni d'essere dell'attività delle pubbliche amministrazioni.

Che sia questa l'esigenza riformatrice fondamentale, senza la quale qualunque intervento rischia di risultare una intenzione lodevole, ma dalla dubbia efficacia è dimostrato dalla storia stratificata delle regole che, nel corso degli ultimi 20 anni, hanno legittimato lo svolgimento della prestazione di lavoro al di fuori dell'ufficio mediante l'utilizzo delle tecnologie disponibili. Nonostante ciò, la sperimentazione emergenziale del lavoro da remoto ne ha evidenziato le potenzialità in termini di innovazione di sistema; abbiamo appreso come il lavoro svolto non in presenza sia in grado di condensare ragionevolmente esigenze tra loro differenti: la valorizzazione e responsabilizzazione delle risorse umane, la razionalizzazione dell'uso delle risorse, la riduzione dei costi ambientali della mobilità, la conciliazione dei tempi, la promozione della trasformazione e lo sviluppo delle conoscenze digitali, la valorizzazione del patrimonio immobiliare, e così via, ma di quel lavoro ne abbiamo conosciuto anche i limiti; quando manchi, ad esempio, un adeguato supporto tecnologico, capace di assicurare stabilità e sicurezza dei dati e delle informazioni veicolate digitalmente, che certo non possono essere affidata a scelte estemporanee e neppure ad iniziative autonome e domestiche di chi lavora da remoto, o quando sia assente un sufficiente livello di maturità organizzativa, che consenta all'amministrazione interessata di mantenere livelli adeguati di produttività e al personale interessato di evitare i rischi di isolamento sociale e professionale che, in alcuni casi, possono derivare dal lavoro remoto; per non parlare, poi, delle aree più marginali, laddove l'isolamento sociale rischia di sommarsi all'isolamento digitale, con intuibili conseguenze.

Insomma è certo vero che lo smart working, che potrebbe costituire un profondo elemento di innovazione dell'amministrazione, purché sostenuto da un sistemico mutamento organizzativo dell'evoluzione tecnologica dei sistemi informativi del settore pubblico - sono parole del piano triennale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione -, ma è altrettanto vero che il lavoro agile, nella sua declinazione da remoto, si pone al centro di un complesso sistema di relazioni, organizzative, economiche e sociali che operano dentro e fuori dal contesto amministrativo e che devono essere tutte ricondotte ad unità armonica, nella prospettiva prioritaria del miglioramento quali-quantitativo dei servizi al cittadino - basti pensare all'impatto sociale del lavoro da remoto -, potendo esse incidere in modo opposto sui sistemi economici locali, sia quando si guardi agli esercizi di prossimità dei centri storici delle grandi città sia quando si pensi alla rinascita digitale dei borghi storici dispersi nel territorio. E, in questo contesto, signor Presidente, appare del tutto evidente il limite di un approccio meramente regolativo, focalizzato sull'assetto tradizionale di diritti e doveri propri del solo contratto di lavoro, un approccio - sia chiaro – necessario, soprattutto per stabilire i limiti di una prestazione di lavoro tendenzialmente onnivora, per la inusuale sovrapposizione che le nuove tecnologie creano tra spazi e tempi privati e pubblici, ma appare, per converso, ancora più evidente l'esigenza di rafforzare una prospettiva orientata all'organizzazione, idonea in quanto tale a riportare il lavoro al agire all'interno di una logica di condivisione negoziale tra le parti sociali e a proiettarlo nella prospettiva del miglioramento effettivo dei servizi al cittadino e del benessere organizzativo dei dipendenti, sulla scia di quanto esplicitamente stabilito nel protocollo di marzo su coesione sociale e innovazione nella PA. Per queste ragioni, approccio organizzativo e dialogo sociale sono le chiavi per definire un modello di smart working idoneo per il next normal pass pandemico del lavoro, anche nelle pubbliche amministrazioni.

Per questo, organizzazione e contrattazione sono le dimensioni che la mozione, con il voto favorevole del Partito Democratico, consegna all'attenzione del Governo, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio tra le molte opportunità e i non minori rischi che accompagnano alle nuove tecnologie, sia nella sfera professionale che in quella sociale, tuttavia - e concludo, signor Presidente - organizzazione e contrattazione rischiano di restare parole vuote, se non accompagnate da un significativo investimento nell'assetto tecnologico e da una radicale revisione di quello procedurale, il che vuol dire, in altri termini, per non rendere vuote quelle parole, che abbiamo il dovere di dare sollecita e compiuta attuazione alle previsioni del PNRR, per costruire un'amministrazione che sappia fare, che faccia e che faccia fare; il contesto, signor Presidente, questa volta è più importante del testo, il contesto organizzativo è più importante del testo regolativo. Questa è la vera sfida che, ancora una volta, abbiamo davanti, ma questa volta, signor Presidente, non possiamo permetterci di perderla.