Discussione generale
Data: 
Lunedì, 29 Gennaio, 2024
Nome: 
Vincenzo Amendola

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Grazie Presidente. Care colleghe e cari colleghi, abbiamo presentato una mozione parlamentare a prima firma della segretaria Elly Schlein e del Partito Democratico perché non ci arrendiamo al corso degli eventi che tragicamente da più di cento giorni individuano a Gaza una tragedia che si è allargata nei confini, anche nelle difficoltà, nelle turbolenze ma soprattutto nelle vittime innocenti, a tutto il Medio Oriente.

È la realtà della storia europea che viviamo e non bastano question time o incontri come avvengono in quest'Aula se non alziamo il livello dell'iniziativa politica dell'Italia dentro l'Unione europea per una soluzione a un conflitto che riguarda innanzitutto noi. Riguarda il rapporto tra Europa e Medio Oriente, riguarda una storia antica e tragica che il 7 ottobre ha fatto sì che dinanzi a noi si aprisse un nuovo baratro di violenza, di vittime e di persone che soffrono in maniera drammatica.

Per questo una mozione, per non arrendersi al corso degli eventi, per non assistere, come spesso avviene nella politica estera italiana, dinanzi a una tragedia, senza iniziativa diplomatica, senza proposta, senza forzare quello che è un necessario sviluppo della politica europea che per troppo tempo nel Mediterraneo è stata assente dinanzi alle tragedie. Penso innanzitutto alla Siria, alla guerra civile, a quelli che sono stati i riflessi di conflitti dopo il 2011. Per questo una mozione, perché crediamo che il Parlamento debba avere una voce, speriamo sempre unitaria, ma speriamo anche che sia una voce che dia manforte all'iniziativa diplomatica italiana ed europea in quella terra.

Il 7 ottobre è una data per noi indimenticabile, chiederemo giustizia per quegli atti orrendi, per quell'orrore che ha causato più di 1.200 vittime israeliane, che ha scioccato l'intera comunità internazionale che ancora oggi vede più di 130 persone ostaggio di Hamas, un'organizzazione terroristica che ha perseverato nella continua denuncia della distruzione di Israele, nel non riconoscimento di nessuna prospettiva politica, anche quando questa si aprì, anni fa, negli Accordi famosi di Oslo, siglati da Yitzhak Rabin e Yasser Arafat.

Ma quella data ha aperto dinanzi a noi scene drammatiche di novità e di forza abbastanza orribile e ha ripreso quelle che sono antiche fratture che nel Medio Oriente non sono state mai sanate negli ultimi anni. Dal 9 ottobre l'assedio totale alla striscia di Gaza ha causato migliaia di vittime innocenti, soprattutto bambini che sono ostaggio di un conflitto, che non sono, come abbiamo sempre dichiarato, assimilabili a quelli che sono i protagonisti dell'orrore del 7 ottobre. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo con forza, lo abbiamo chiesto all'inizio, che l'Italia si muovesse nel seno all'Unione europea per evitare che questa tragedia costasse innanzitutto vittime innocenti, a cui si aggiungono giornalisti, agenti delle agenzie umanitarie internazionali, osservatori e quelli che sono i cooperanti che cercano di portare manforte ad una popolazione - più di due milioni di persone - in una striscia di territorio piccola, che sono state costrette a lasciare le case e a muoversi in maniera disperata nel territorio di quella striscia a noi troppo lontana negli ultimi anni.

Per questo abbiamo denunciato anche il rischio di un'escalation che il 7 ottobre e il 9 ottobre sembrava solo un avvertimento per la politica europea, per la politica internazionale mediorientale, ma un'escalation che si sta realizzando nella sua tragedia e coinvolge Paesi come il Libano, nel conflitto antico tra Israele e le milizie di Hezbollah, che coincide anche con una destabilizzazione di un quadro mediorientale nell'asse tra Iran, Siria e Libano, con uno sconquasso diplomatico tra mondo arabo e anche mondo europeo, che il Vertice de Il Cairo di ottobre non ha sanato e una difficoltà politica a individuare le vie d'uscita. C'è stato ieri, in questi giorni, a Parigi un incontro tra vertici dei servizi per negoziare, ma la realtà è ancora di 130 ostaggi israeliani che sono a Gaza, di migliaia di civili palestinesi che anche in queste ore nelle ultime azioni militari dell'esercito israeliano perdono la vita in un conflitto di cui non sono responsabili.

Quello che noi chiediamo con questa mozione è di indicare il ruolo dell'Italia nel quadro delle Nazioni Unite, nel quadro soprattutto dell'Unione Europea, perché abbiamo visto negli ultimi mesi anche una mancanza di capacità di deterrenza diplomatica dell'Unione europea nel ricercare una soluzione politica che ovviamente non giustifichi mai, ma anzi indichi i responsabili della tragedia del 7 ottobre ed indichi anche una via d'uscita a un conflitto che fa delle vittime civili un prezzo troppo alto.

Mi dispiace ricordarlo, nel linguaggio che spesso è usato anche dai vertici del nostro Governo, non ci sono vittime collaterali.

Questo concetto di vittima collaterale, quando si parla di civili inermi, è un qualcosa che nella nostra coscienza non può essere mai accettata. Ciò perché il diritto internazionale è la fonte su cui legittimamente noi chiediamo giustizia per le atrocità del 7 ottobre, per le vittime e per il popolo israeliano, che ha il diritto alla difesa. Ma il diritto internazionale, il diritto internazionale umanitario, non può accettare che un diritto si sottoponga o venga escluso da quelle concezioni che - nella nostra cultura, non solo giuridica, ma anche morale del fare politico europeo - non possiamo che condannare. Per questo, chiediamo un'azione dell'Italia dentro il quadro europeo. Abbiamo assistito per troppi giorni al susseguirsi degli eventi in maniera quasi approssimativa, con dichiarazioni sospese in un'attenzione agli sviluppi. La diplomazia americana si è mossa con molta più forza: il Segretario di Stato, Blinken, ha visitato i territori molte volte. La diplomazia europea non si è mossa con la stessa forza. Questo è quello che chiediamo e per questo chiediamo al nostro Governo, nel quadro europeo, di avere un atteggiamento differente. Vediamo tutti i rischi innanzi a noi. Ho detto dell'escalation di atti che possono determinare anche condizioni differenti e molto più preoccupanti. È di ieri la notizia di un attacco a una base americana in Giordania. Ma si susseguono da giorni, soprattutto nel quadrante del Golfo di Aden, dove c'è una ripercussione delle forze Houthi sul traffico marittimo, quelle che sono delle concause, che, dal 7 ottobre, si sono messe in movimento, molto più forti, e che, ovviamente, rendono, non solo la situazione nella Striscia di Gaza, ma nell'intero Medio Oriente, preoccupanti. Noi chiediamo all'Europa azione. Chiediamo al nostro Paese di non guardare al susseguirsi degli eventi in maniera stanca. Non chiediamo, ovviamente, che questo dibattito sia un elemento di divisione in questo Parlamento, ma deve rafforzare quella che per noi è sempre la soluzione politica a degli eventi drammatici e tragici, che devono avere una via d'uscita. Il susseguirsi degli accadimenti, in queste ore, è abbastanza chiaro e anche preoccupante. La dichiarazione, di ieri, in un convegno, da parte di Ministri e deputati del Likud, con il movimento dei coloni, di rivendicare l'annientamento dell'Autonomia palestinese a Gaza e di rioccupare quello che, invece, il Premier Ariel Sharon liberò anni fa, è un viatico a cui noi guardiamo con molta preoccupazione. E non è un caso che anche il Dipartimento di Stato americano, così come altri Paesi europei, indichino, nel campo del conflitto, anche attori che da tempo si muovono in una direzione contraria a quella che, invece, per noi è la soluzione storica, affermata negli anni, che l'Italia ha sempre sottoscritto: una soluzione pacifica, con due popoli e due Stati. Il campo della pace in Israele e in Palestina, da tempo, ha perso forza. Hanno vinto, in un equilibrio tragico, la destra israeliana e le organizzazioni come Hamas e altre affini, che rivendicano un'assoluta e indifferibile distruzione reciproca. In questo equilibrio tragico, sappiamo bene che, tra Israele e Palestina, la non risoluzione del conflitto è un punto d'innesco, un punto di grande frizione, che muove non solo la storia, la realtà e il futuro di questi due popoli, ma l'intero Medioriente, il rapporto tra Europa e Medio Oriente, il rapporto tra le potenze, che, anche sotto la spinta cinese, addirittura avevano visto un riavvicinamento, quello più importante, tra Arabia Saudita e Iran. Questo mondo ci dice che si ripercuotono vecchi stereotipi e vecchie esperienze. Rinasce l'asse della Resistenza, come veniva chiamato anni fa, e che oggi, tra Iran e forze in Siria e Libano rivendicano una rottura totale di qualsiasi rapporto politico. E anche nel mondo arabo. L'abbiamo visto nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite: la dichiarazione, forte, netta, di condanna degli attacchi israeliani a Gaza, prevarica anche la logica di una riapertura dei rapporti che sia ponderata e moderata. In questo clima, in questa escalation, in queste difficoltà, in queste turbolenze, noi vogliamo riportare l'Europa, la sua postura politica, di diplomazia, di interesse collettivo alla pace.

Perché l'Europa non è una fortezza: è toccata sul fronte est da un'invasione drammatica e tragica di Putin verso l'Ucraina, e la destabilizzazione dell'intero quadro del Medioriente, non solo in Terra Santa, è qualcosa che per noi desta preoccupazione.

Per questo, chiediamo, negli impegni, che l'Europa sia in campo, e sia in campo attivando i canali diplomatici riservati come aperti, con la proclamazione di una conferenza di pace, la quale fu, poi, a fondamento di un processo avviato negli anni Ottanta, e che sia attore e attrice, protagonista politica. Un'Europa che si faccia anche carico di una missione internazionale di interposizione a Gaza, che è una richiesta che questo Parlamento fa dal 2014. Così come, dal 2015, nel quadro di un processo di pace, noi pensiamo che il riconoscimento dello Stato di Palestina sia un elemento di sicurezza e condivisione anche di una prospettiva di pace per lo Stato di Israele. Questo noi chiediamo in questa mozione, che io penso abbia uno spirito unitario. E quindi chiediamo alla maggioranza di ragionare non solo sul testo, ma sulla prospettiva del nostro Paese, in Europa e anche nella tradizione della politica estera italiana.

Noi sappiamo benissimo che, nell'ambito delle Nazioni Unite, questo dibattito sull'Agenzia per i rifugiati palestinesi sia un dibattito molto scivoloso, perché conosciamo la tradizione italiana di sostegno alle agenzie alla cooperazione. Certamente, da parte nostra, non ci sarà alcuna giustificazione per atti individuali e singoli, che devono essere condannati, così come abbiamo condannato con forza gli eventi del 7 ottobre. Ma serve una ragione politica e la ragione politica significa individuare una traiettoria, una bussola, una soluzione, che significa anche ricostruire un quadro multilaterale scomparso da tempo, perché sappiamo che non esiste più il quartetto, non esiste più un ingaggio tra le istituzioni sovranazionali, con attori come la Russia, che addirittura interviene in questo conflitto anche per avere un ruolo a lei negato dopo la tragica invasione russa in Ucraina. Per questo noi vogliamo che tutti i tasselli di questo dibattito non dividano il Parlamento, ma diano forza a un'azione di questo Governo, che, negli ultimi mesi, purtroppo, ha assistito al susseguirsi degli eventi più con la speranza di una conclusione immediata del conflitto, che non con la forza e la capacità della tradizione politica di questo Paese.

Queste sono le ragioni, Presidente - e chiudo e la ringrazio -, per cui abbiamo presentato una mozione, perché questo Parlamento ha il dovere di dire come uscire da una tragedia iniziata il 7 ottobre e, innanzitutto, ha il dovere di difendere vittime civili, che si chiamino ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, che si chiamino palestinesi innocenti o bambini innocenti, che sono vittime di un conflitto che sta determinando orrori e anche tragedie per i prossimi anni.