Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 29 Marzo, 2022
Nome: 
Diego Zardini

Presidente, sottosegretaria, colleghe e colleghi, il settore manifatturiero del tessile, moda e accessori, aggregato comprensivo dei settori pellicceria, calzature, concia, occhialeria, oreficeria, argenteria, gioielleria, pelletteria, tessile e abbigliamento, costituisce storicamente uno dei motori dell'industria italiana e dell'economia del Paese ed ha una rilevanza primaria nel sistema economico italiano. Rappresenta, allo stesso tempo, uno degli assi portanti dell'industria del made in Italy nel mondo. Come hanno ricordato i colleghi, parliamo di circa mezzo milione di addetti e oltre 224 mila aziende per un fatturato di 80 miliardi. Il settore si è affacciato al 2019 con numeri da record, reduce, però, da profonde trasformazioni e da una dura battaglia a livello internazionale per quelli che sono stati i processi di globalizzazione, ovverosia, il settore ha pagato l'affacciarsi di nuovi Paesi produttori che prima di diventare mercati di assorbimento dei nostri prodotti sono stati dei competitori. L'Italia ha sofferto, i nostri produttori hanno combattuto, c'è stata una modifica anche di quella che è la base della qualità della produzione nazionale, sia nel campo dei tessuti, sia in quello dei capi confezionati. Al di là della rilevantissima importanza della grande moda, il tessile è sempre stato costituito da produzione di tessuti di qualità e produzione di capi di buongusto. In questo settore molto è stato fatto, soprattutto dal punto di vista dell'innovazione nella produzione e nella qualità dei tessuti. Per quanto riguarda la produzione di questi, molti sono stati i problemi che hanno caratterizzato il tessile italiano, soprattutto la competitività di questi Paesi esteri, che spesso hanno tecniche di lavoro, rispetto di parametri ambientali e di tutela del mondo del lavoro molto diversi dai nostri.

A fianco della produzione, il tema della realizzazione e della vendita dei capi confezionati ha spinto il comparto italiano verso l'alta qualità. Il bilancio settoriale del 2020 si è chiuso con perdite gravi e ben peggiori rispetto a quelle dell'ultima crisi economica del 2008-2009. Gli effetti della crisi pandemica non hanno risparmiato il comparto, che, anzi, risulta tra le industrie manifatturiere più colpite nel nostro Paese. Le misure di contenimento del contagio adottate sia a livello nazionale sia a livello internazionale hanno influito pesantemente sul settore in termini diretti e indiretti. Gli effetti pandemici sono stati accentuati proprio perché l'industria italiana manifatturiera dei menzionati settori occupa un ruolo di primaria importanza nelle filiere internazionali, partecipando attivamente e con posizioni di leadership ai diversi passaggi produttivi, fornendo le catene di approvvigionamento internazionale.

Secondo le stime elaborate dal Centro studi di Confindustria Moda, il fatturato annuo del 2020 è stato in calo nell'ordine del 26 per cento. Considerando che, nel 2019, il fatturato del comparto aveva raggiunto i 98 miliardi di euro, tale variazione si è tradotta in una perdita di oltre 25 miliardi. Sulla base dei dati preconsuntivi esaminati da Confindustria Moda, il tessile, moda e accessorio, chiude il 2021 con un fatturato di circa 92 miliardi di euro, registrando una crescita oltre le attese del settore, con più 22 per cento rispetto al 2020, ma con un meno 6,4, ancora da colmare, rispetto al 2019. Dai risultati dell'ottava indagine dell'associazione di categoria relativo all'impatto del COVID sulle imprese del comparto emerge, inoltre, che i ricavi nel primo trimestre 2022 stavano realizzando un trend di crescita del 14 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021. Purtroppo, però, per più di 7 aziende su 10, l'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia minaccia la ripresa. Le nostre imprese si avvicinavano ai livelli del 2019 e tornavano crescere i posti di lavoro, ma il balzo dei costi, aggravato dalle doverose sanzioni verso la Federazione russa, rischia di essere una grave minaccia, specialmente per le aziende più energivore a monte della filiera e quelle più agganciate alle esportazioni o al turismo. Le previsioni fatte fino a pochi giorni prima dello scoppio della guerra, indicavano il 2022 all'insegna della ripresa economica, con la fascia di lusso che aveva già raggiunto i livelli pre-COVID alla fine del 2021 e i segmenti premium e mass che dovevano tagliare il traguardo nel corso di quest'anno. Il ritorno alla vita sociale, infatti, ha spinto le persone ad acquistare capi ed accessori. A scoraggiare oggi i clienti, però, ci sono i prezzi in aumento, spinti dall'incremento dei costi delle materie prime, dell'energia e della logistica, aumenti che purtroppo, a causa della crisi internazionale conseguente alla situazione di guerra tra Russia e Ucraina, si verificano in presenza di un quadro di ulteriore destabilizzazione in Europa e in Italia dopo i 2 anni della pandemia, con l'aggiunta di questa nuova incognita sull'export e sull'incoming turistico russo e ucraino, soprattutto per quanto riguarda i mesi estivi.

Cruciale è stato anche l'impatto in termini di occupazione, specialmente femminile, e di perdita di competenze ai diversi livelli proprio per la contrazione delle produzioni. Il settore è fortemente impegnato sul lato della sostenibilità, sia di prodotto sia di processo produttivo, con un filo conduttore tra tecnologie abilitanti, sostenibilità ecologica e sociale per attuare processi di transizione ecologica piena e in linea con le sfide economiche e sociali della Commissione europea, caratteristica che, a causa delle negatività economiche e sociali dovute alla pandemia ed ora anche dalla guerra, non ha potuto esprimersi a pieno, limitando gli investimenti e l'offerta complessiva del comparto in tal senso. La crisi del settore della moda ha colpito gravemente anche il commercio al dettaglio, con rilevanti perdite economiche per i negozi di moda. I consumi di prodotti del settore hanno registrato una diminuzione di circa 20 miliardi di euro a seguito delle restrizioni varate per contrastare la pandemia.

Secondo alcuni studi di settore, a causa degli effetti del COVID, tra cui il crollo dello shopping da turismo e il minor reddito disponibile per le famiglie, si rischia la chiusura di 20 mila negozi di moda su 115 mila punti vendita, con una ricaduta sull'occupazione che potrebbe interessare oltre 50 mila addetti.

Va ricordato, inoltre, come in tale settore sia determinante la stagionalità del prodotto venduto. I beni variano e si differenziano a seconda del periodo di vendita e, se non sono venduti nella stessa stagione, sono suscettibili di notevole deprezzamento. Gli effetti negativi sulle rimanenze finali di magazzino sono state, infatti, notevoli, a partire dal cambio di stagione, che è stato penalizzato dal lockdown e dall'assenza dei ricavi, sino ad arrivare all'obsolescenza della merce stagionale. Sarebbe inoltre opportuno, come azione di politica industriale, dare ulteriore seguito a quanto è già stato fatto dal legislatore per quanto riguarda il credito d'imposta pari al 30 per cento del valore delle rimanenze finali di magazzino per l'attività di studio, l'ideazione e la realizzazione delle collezioni da parte delle imprese del settore, attività che, nel bonus campionari, attivato nel 2011, è stata definita come un'attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo.

L'attività di ricerca e di sviluppo richiede, di conseguenza, notevoli risorse e assume una valenza strategica nel determinare il successo dell'impresa. Tale attività andrebbe rafforzata anche attraverso l'utilizzo di programmi di studio e di formazione coordinati a livello nazionale che favoriscano una migliore partecipazione delle imprese del comparto all'interno di tali programmi, in sinergia con la proposta formativa già sviluppata dagli ITS e dai diversi istituti di formazione tecnica superiore e rafforzata predisponendo gli opportuni strumenti agevolativi per favorire l'acquisizione, da parte di tali istituti, di tecnologie, macchinari ed equipaggiamenti provenienti dalle imprese italiane con caratteristiche di innovazione per garantire un potenziamento e un upgrade della formazione tecnico-pratica, allineando l'insegnamento alle necessità delle imprese del settore manifatturiero del tessile, moda e accessorio.

La mozione di maggioranza affronta tutti questi temi, impegnando il Governo, in particolare, ad aiutare il settore a superare la crisi dovuta alla pandemia, prima, e, poi, agli effetti degli aumenti dei costi di produzione e delle sanzioni dovute alla guerra. Tutto questo, puntando ad innovare il comparto, sostenendolo sul piano della liquidità, valorizzandone gli aspetti qualitativi e di sostenibilità ambientale, passando dalla formazione. È per tutte queste ragioni, che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).