discussione generale
Data: 
Martedì, 29 Luglio, 2025
Nome: 
Andrea De Maria

Grazie, Presidente. Presidente, colleghi, come Partito Democratico abbiamo detto da sempre parole chiare sui temi affrontati nelle mozioni che stiamo discutendo oggi. Siamo contrari all'obiettivo di aumentare al 5 per cento la spesa militare. Lo riteniamo un obiettivo sbagliato e irrealistico, una prova di subalternità alla prepotenza dell'amministrazione Trump, una subalternità che, peraltro, si sta riproponendo in queste ore sulla vicenda dei dati. A differenza del nostro Governo, il Presidente spagnolo Sànchez ha saputo dimostrare indipendenza e autorevolezza spiegando che, a condizioni date, aumenterà l'acquisto militare da Paesi extra Unione europea - prima di tutto gli Stati Uniti - mettendo a rischio gli sforzi di costruire una vera difesa comune aumentando, invece, l'interoperabilità delle Forze di difesa europee.

Per quanto riguarda il nostro Paese, uno scostamento di risorse così rilevanti metterà a rischio la stessa tenuta dello stato sociale, rappresenterà il colpo di grazia alla sanità pubblica, al sistema formativo, alle pensioni, alle politiche industriali di sviluppo. È evidente che l'Unione europea, in questo scenario geopolitico, non può più affidarsi ad altri per la propria sicurezza. Ma per noi la strada è quella di costruire una vera politica estera e di difesa comune, un salto in avanti nell'integrazione verso un solo esercito europeo, e non certo la corsa al riarmo di 27 eserciti nazionali privi di coordinamento ed efficacia deterrente.

Per noi la politica di difesa significa garantire la sicurezza del Paese nel rispetto dei valori costituzionali, prima di tutto il ripudio della guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali. Noi siamo orgogliosi dell'impegno delle nostre donne e dei nostri uomini in divisa proprio perché sono protagonisti in missioni di pace, perché lavorano per prevenire e risolvere i conflitti e non per scatenarli. L'Italia deve tornare nel gruppo di testa che guida e fa avanzare l'Europa verso un'unione più integrata, per superare il principio dell'unanimità e dei veti nazionali e sapendo che, finché questi veti non si superano, l'Europa non sarà all'altezza delle sfide che ha di fronte. Noi vogliamo procedere subito a cooperazioni rafforzate con chi è disponibile per un piano di investimenti comuni europei che punti all'autonomia strategica dell'Europa in tutti i suoi aspetti: penso all'autonomia energetica. La subalternità a questa Amministrazione americana non fa l'interesse dell'Europa. Si deve essere amici degli Stati Uniti ma con la schiena dritta, con la capacità di difendere davvero l'Europa e di affermare i valori della democrazia europea contro le derive populistiche.

Fatte queste considerazioni, voglio approfittare dello spazio di dibattito che garantisce una discussione generale per soffermarmi sul tema della proliferazione nucleare. Si tratta di un pericolo drammatico per tutta l'umanità che, però, è poco oggetto di dibattito anche nel nostro Paese. All'equilibrio del terrore si è sostituito il nuovo disordine mondiale e l'arma nucleare sta sempre più diventando un'assicurazione per regimi autoritari e dittature. Non solo, si torna a parlare di utilizzo limitato di bombe atomiche - lo fa Putin in riferimento alla guerra in Ucraina -, mentre Paesi in conflitto con forti tensioni fra loro hanno la bomba atomica.

Pensiamo ai regimi autoritari e dittature. Non solo, si torna a parlare di utilizzo limitato di bombe atomiche: lo fa Putin, in riferimento alla guerra in Ucraina, mentre Paesi in conflitto, con forti tensioni fra loro, hanno la bomba atomica (pensiamo solo ad India e Pakistan). Una logica di riarmo e di puro interesse nazionale incentiva questa pericolosissima corsa alle armi atomiche: è il momento di lanciare l'obiettivo del disarmo nucleare, in una cornice di accordi internazionali.

Nel 2025 ricorre l'ottantesimo anniversario di un evento che ha segnato profondamente la storia dell'umanità: i mondialmente atomici Hiroshima e Nagasaki. In quei giorni dell'agosto 1945, in poche ore, morirono circa 140.000 persone; entro la fine dell'anno, il numero salì a oltre 210.000. È una tragedia ed un monito che non possiamo dimenticare, perché non riguardano solo il passato, ma il nostro presente e il futuro dell'umanità. Il riconoscimento del premio Nobel della pace 2024 alla Confederazione giapponese sopravvissuta alla bomba atomica ha rimesso proprio al centro della coscienza globale la testimonianza dei sopravvissuti. Le loro parole ci ricordano, con grande forza e umanità, che le armi nucleari non devono mai più essere usate.

Eppure dobbiamo constatare, con grande preoccupazione, che oggi i rischi legati all'uso delle armi nucleari - come ho ricordato prima - sono tornati a livelli altissimi, forse più gravi rispetto alla guerra fredda dove, comunque, vi era l'equilibrio fra le due superpotenze. I dati forniti dalla campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari sono allarmanti. Nel solo 2024, gli Stati dotati di armamenti nucleari hanno speso oltre 100 miliardi di dollari: è un incremento dell'11 per cento rispetto all'anno precedente, del 48 per cento rispetto al 2021. Queste cifre non sono solo numeri: ho ricordato prima, quanto le spese di questo genere colpiscono altri settori fondamentali di spesa come le politiche sociali e sanitarie.

L'Italia, nel 1975, ha ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare, assumendo l'impegno solenne a non sviluppare armi nucleari e a contribuire attivamente al disarmo multilaterale. Questo impegno, tuttavia, non si è ancora tradotto nell'adesione al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato nel 2017 da 122 Paesi, con l'obiettivo fondamentale di bandire completamente le armi nucleari. Tale Trattato vieta non solo la produzione, l'uso e il possesso di ordigni nucleari, ma anche ogni forma di collaborazione diretta e indiretta con attività connessa alla deterrenza nucleare. È un trattato che riconosce esplicitamente l'impatto umanitario inaccettabile delle armi nucleari, i cui effetti devastanti non conoscono confini nazionali e si trasmettono per generazioni, minacciando la sopravvivenza stessa dell'umanità e ogni forma di vita sul pianeta. Nel nostro Paese, oltre 120 comuni e due regioni hanno espresso la volontà che l'Italia aderisca a questo Trattato: questo è il segnale evidente di una sensibilità crescente e trasversale nella società che si batte contro le armi nucleari. L'Italia torni a essere protagonista, in tutte le sedi, di una fortissima iniziativa per promuovere il disarmo nucleare.