Dichiarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 17 Settembre, 2025
Nome: 
Ouidad Bakkali

A.C. 1917-B

Grazie, Presidente. In quest'Aula, dove stanno risuonando le nostre voci, una dopo l'altra, se c'è uno spirito che non sta aleggiando è lo spirito delle leggi di Montesquieu, è la base della costruzione dell'idea di democrazia nella separazione dei poteri, principio che ha costruito l'idea di Stato moderno. E non aleggia in questa cosiddetta riforma - perché credo che lo abbiano detto in tanti - e forse è meglio che in questa riforma non si parli di giustizia, non si parli di giustizia al servizio dei cittadini e delle cittadine, tocchiamo certamente il cuore della nostra democrazia, della nostra Costituzione, lo facciamo seppur consapevoli tutti quanti, a partire da chi ha proposto questa riforma, che sarebbe stato sufficiente operare se davvero fosse stato l'obiettivo separare le carriere con una legge ordinaria, invece abbiamo voluto, si è voluto procedere quasi a dare un marchio, una solennità, una svolta epocale attraverso una riforma costituzionale. La separazione, la cosiddetta separazione delle carriere in questa riforma, viene proposta come una riforma di modernità, eppure non vi è nulla né di epocale né di moderno, risuonano i titoli, risuonano le solite narrazioni, i soliti nomi che abbiamo sentito ripetere negli interventi della maggioranza, l'approccio ideologico, l'intento chiaro, dichiarato in tante sedi, di punire, di avere questo approccio di scontro appunto tra poteri e non di equilibrio. Perché appunto, come è stata disegnata questa riforma, rischia di compromettere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, quei poteri, quei principi che sono pilastri del nostro Stato di diritto. 

Il pubblico ministero e la riforma, in questa riforma, lo separa dal giudice ma non lo eleva ad ordine autonomo, resterebbe una sorta di terra di mezzo priva della piena dignità costituzionale che la Carta riconosce oggi all'ordine giudiziario unitario. Se ne indebolisce l'indipendenza esponendolo a pressioni esterne, in particolare interferenze appunto della politica e del potere esecutivo. Il Consiglio superiore della magistratura è organo di autogoverno della magistratura stessa e la riforma vuole scinderlo in due organi distinti - smembramento, come abbiamo detto più volte - e se vi è un apparente rafforzamento di autonomia in realtà è una frammentazione che priva la magistratura della sua unitarietà e, con essa, della forza che deriva dal sentirsi parte di un unico ordine costituzionale. Il nuovo meccanismo prevede che la composizione dei due Consigli non sia elettiva, il sorteggio, il merito nel sorteggio, con una riduzione chiara del ruolo diretto della magistratura nella scelta dei propri organi di autogoverno.

Si prevede di istituire un organo disciplinare separato, limitato ai soli magistrati ordinari. Anche qui si tocca un principio fondamentale: il controllo disciplinare non è neutro, perché incide sull'indipendenza concreta dei magistrati. Chi giudica un magistrato per la sua condotta professionale deve poterlo fare senza vincoli esterni, senza condizionamenti, senza rischi di strumentalizzazioni politiche che, invece, sono ordinari da parte di questo Governo.

Questa riforma quindi non nasce per rafforzare l'equilibrio democratico, nasce per indebolire le garanzie, per scalfire l'autonomia della magistratura e, quindi, di uno dei tre poteri che reggono la nostra la nostra democrazia. E questo è tanto più grave in un Paese come il nostro dove la storia repubblicana ci ha insegnato quanto sia fondamentale avere giudici, pubblici ministeri, liberi da ogni condizionamento, una magistratura che è stata protagonista in pagine decisive della storia di questo Paese, nella lotta al terrorismo, nella lotta alle mafie, nella difesa dei diritti, proprio perché ha potuto esercitare le sue funzioni con indipendenza.

Ogni riforma che mina questa autonomia è una minaccia alla giustizia, alla democrazia, alla capacità di ogni cittadino, al diritto di ogni cittadino di sentirsi tutelato quando entra in un'aula di giustizia. La scelta del Governo di affrontare questo tema attraverso la revisione costituzionale rischia di trasformare la Costituzione - questo lo abbiamo visto - in un campo di battaglia ideologico. La nostra Carta è stata costruita su un equilibrio delicato, frutto di compromessi tra culture politiche diverse, culture liberali che volevano sminare il campo dalle polarizzazioni, quelle culture politiche che hanno saputo integrarsi, che hanno saputo mettere insieme e fare sintesi su visioni del futuro, del futuro della nostra Repubblica, integrando le proprie culture. L'abbiamo già ripetuto. La maggioranza di questo Governo e il partito di maggioranza di questo Governo questa Costituzione non la riconosce, non fa parte di quelle culture politiche che l'hanno costruita e portata avanti nel tempo.

Un collega di maggioranza, questo pomeriggio, si chiedeva quanto sarebbero stati soddisfatti i cittadini rispetto a questa riforma e come avrebbero percepito sulla propria vita quotidiana questa riforma. Io credo, noi crediamo, che non percepiranno assolutamente nulla, nessun tipo di vantaggio e di beneficio, sarà irrilevante questa riforma rispetto a quanto sta succedendo oggi nei tribunali, nelle procure. Abbiamo citato la mobilitazione dei 12.000 precari. I cittadini oggi vogliono una giustizia rapida, una giustizia funzionale, una giustizia degna di fiducia, una giustizia che sappia porre rimedio, anzi un Ministero che sappia porre rimedio a quelle che sono ormai mancanze croniche. Si va dal 17 per cento della pianta organica in deficit a situazioni che sfiorano il 40 per cento: di fatto, quindi, strutture che non riescono a rispondere ai bisogni dei cittadini e delle imprese e, quindi, a dare alle persone procedimenti (banalmente l'apertura degli sportelli al pubblico dentro ai tribunali, perché questo ci stanno dicendo quando stiamo nei nostri territori e visitiamo i tribunali o visitiamo questi luoghi).

Queste sono le emergenze che emergono e che, ovviamente, qui non troviamo nemmeno menzionate, così come crediamo a questo punto anche il fallimento di quanto, nel Piano di ripresa e resilienza, si poteva fare sul tema della giustizia.

Noi crediamo che l'indipendenza della magistratura non sia un privilegio di una casta, ma una garanzia per tutti i cittadini. È ciò che assicura che un processo venga celebrato senza condizionamenti, che un diritto venga tutelato anche contro il potere più forte, che la legge sia davvero uguale per tutti. Per questo diciamo con fermezza che la separazione delle carriere, così come è stata disegnata, non rafforza la giustizia, la indebolisce; non rende più libero il cittadino, lo rende più debole di fronte allo Stato e rende più debole il nostro Stato di diritto. Il Parlamento non può procedere a colpi di maggioranza su una materia tanto delicata. Abbiamo il dovere di difendere questa Costituzione, non di piegarla a interessi contingenti: ecco perché noi continueremo a opporci, anche fuori, nel percorso referendario, a questa riforma.

Vogliamo onorare chi in questa Repubblica, attraverso la sua Costituzione e attraverso quell'equilibrio dei poteri, ha voluto garantire i diritti dei nostri cittadini, perché questa Repubblica l'abbiamo voluta indivisibile, antifascista e giusta. E crediamo che questo potere, questo equilibrio dei poteri, sia alla base della garanzia di cittadinanza per i nostri italiani e italiane.